Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27756 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 27756 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

Data pubblicazione: 11/12/2013

SENTENZA

sul ricorso 5503-2008 proposto da:
BONTEMPI GIUSEPPE BNTGPPP40C25H501W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso
lo studio dell’avvocato CECCONI MAURIZIO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1965

T

contro

LUCARELLI LUCIANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE REGINA MARGHERITA 59, presso lo studio
dell’avvocato DI BIAGIO MARIO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;

1

ve\

- controricorrente nonchè contro

NIFOSI VINCENZA MARIA;
– intimata –

sul ricorso 9260-2008 proposto da:

domiciliata in ROMA, VIA L. CARO 62, presso lo studio
dell’avvocato CICCOTTI SIMONE, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BONTEMPI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso lo studio
dell’avvocato CECCONI MAURIZIO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 831/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 20/02/2007, R.G.N. 10199/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito l’Avvocato MAURIZIO CECCONI;
udito l’Avvocato MARIATERESA POVIA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale assorbito il ricorso

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NIFOSI VINCENZA MARIA NFSVNZ20M67Z352J, elettivamente

3

Svolgimento del processo

Il 4 dicembre 1989 Vincenza Nifosi ha sporto denuncia alla
Procura della Repubblica di Roma contro Giuseppe Bontempi,
assumendo di avere riconosciuto presso l’esercizio commerciale
del medesimo un mobile

secretaire

del 1800 francese, di sua

mentre era affidato per il restauro a Luciano Lucarelli.
Il processo penale per ricettazione che ne è seguito si è
concluso con l’assoluzione del Bontempi per non avere commesso
il fatto, poiché si è accertato tramite CTU che il mobile in
possesso dell’imputato è diverso da quello di proprietà della
Nifosi.
Il Bontempi ha presentato denuncia per calunnia contro la
Nifosi ed il processo si è concluso nel 1995 con l’assoluzione
dell’imputata perché il fatto non costituisce reato.
Con atto di citazione notificato il 22-26 giugno 1996 il
Bontempi ha convenuto in giudizio la Nifosi ed il Lucarelli,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali
e non patrimoniali conseguiti al processo penale ed al
sequestro del bene, addebitando alla Nifosi di avere agito con
dolo ed al Lucarelli di avere alimentato nella signora la
convinzione dell’identità del

secretaire di sua proprietà con

quello rubato.
La Nifosi ha resistito alla domanda, chiedendo in via
riconvenzionale il risarcimento dei danni subiti a seguito
della denuncia per calunnia presentata dal Bontempi, e
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proprietà, che le era stato rubato nel luglio precedente,

proponendo domanda di manleva nei confronti del Lucarelli, per
il caso di soccombenza.
Quest’ultimo

ha

anch’egli

resistito,

negando

ogni

responsabilità.
Con sentenza n. 33686/2002 il Tribunale di Roma ha condannato i

6.760,33, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, ed oltre
alla metà delle spese di lite, per avere cooperato a proporre
una denuncia infondata, ripartendo la responsabilità nei
rapporti interni nella misura di 5/7 a carico della Nifosi e
2/7 a carico del Lucarelli. Ha condannato il Bontempi a pagare
a sua volta alla Nifosi E 1.032,91, oltre rivalutazione e
interessi, in risarcimento dei danni.
Proposto appello principale dalla Nifosi e incidentale dal
Bontempi, con sentenza depositata il 20 febbraio 2007 n. 831,
la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo
grado, ha respinto le domande risarcitorie dell’una e
dell’altra parte, compensando le spese dell’intero giudizio.
Il Bontempi propone due motivi di ricorso per cassazione.
Resistono con separati controricorsi il Lucarelli e la Nifosi,
la quale propone ricorso incidentale condizionato, illustrato
da memoria.
Il Bontempi replica al ricorso incidentale con controricorso.
Motivi della decisione

l.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione
richiamando il principio giurisprudenziale per cui la denuncia
5

convenuti in via solidale a pagare all’attore la somma di C

di un reato perseguibile di ufficio può costituire fonte di
responsabilità per danni solo quando sia calunniosa, poiché
l’attività pubblicistica dell’organo titolare dell’azione
penale si sovrappone all’iniziativa del denunciante, privandola
di efficacia causale. (Ha richiamato a conforto i principi

che la Nifosi ed il Lucarelli abbiano agito con dolo, sul
rilievo che la diversità fra l’oggetto rubato e quello in
possesso del Bontempi non era evidente ed ha potuto essere
accertata solo nel corso del processo penale, a seguito di
apposita perizia.
2.- Con il primo motivo il Bontempi denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, assumendo che il
carattere calunnioso della denuncia presentata dalla Nifosi
risulta dagli accertamenti svolti in sede penale ed in
particolare dalle dichiarazioni rese dalla Nifosi nel corso
dell’interrogatorio reso in quella sede, allorché ha ammesso
che i cassettini già appartenuti al

secretaire

rubato e

rimasti in suo possesso non si adattavano al mobile esposto in
vetrina dal Bontempi; che il CTU ha accertato che detti
cassettini erano di fattura dozzinale, non coerente con il
mobile del Bontempi, fatto di legni più pregiati; che la
motivazione della Corte di appello, per cui la Nifosi era tutta
protesa a recuperare un bene di famiglia, non è logicamente
collegata alla conclusione che la Corte di appello ne ha
tratto, circa il carattere non calunnioso della denuncia.
6

affermati da Cass. n. 3536/2000 e n. 10033/2004). Ha escluso

3.- Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di
inammissibilità del motivo per inadeguatezza del quesito,
sollevata dalla resistente Nifosi. Le proposizioni in cui il
quesito si articola sono sufficientemente chiare nel
sintetizzare non solo il fatto controverso, ma anche le censure

3.1.- Le censure vanno tuttavia respinte nel merito, poiché non
si ravvisa alcuna illogicità od incongruenza nelle ragioni che
la Corte di appello ha posto a base della sua convinzione circa
l’insussistenza del dolo della Nifosi, nel presentare denuncia.
Quanto all’interrogatorio reso dalla denunciante nel processo
penale, lo stesso ricorrente dichiara che l’interrogatorio
risale all’udienza del 5 giugno 1993 (cfr.

Ricorso,

p. 16),

cioè segue di quattro anni la presentazione della denuncia,
avvenuta il 4.12.1989, sicché non risulta che le circostanze
dichiarate dalla denunciante in quella sede le fossero già note
alla data in cui ebbe a presentare la denuncia.
La Corte di appello ha ritenuto accertato il contrario, cioè il
fatto che la prova certa della non coincidenza fra il
secretaire rubato e quello esposto in vetrina dal Bontempi è
stata acquisita solo nel corso del processo penale, a seguito
di apposita perizia.
Il riferimento della Corte di merito alla circostanza che la
Nifosi non ebbe ad agire perché spinta da particolare
animosità non presenta alcun elemento di illogicità o di
incongruenza ma si spiega con il fatto che, mancando la prova
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rivolte alla motivazione.

concreta del dolo, tale atteggiamento soggettivo avrebbe potuto
essere desunto solo da elementi indiziari, quale per l’appunto
un atteggiamento di ostilità preconcetta: circostanza che la
Corte di merito ha escluso, con valutazione discrezionale, non
censurabile in questa sede di legittimità (cfr., fra le tante,

1997, n. 13045; Cass. civ. 15.4.2000, n. 4916; Cass. civ. 14
febbraio 2003, n. 2222; Cass. civ. 25 agosto 2003, n. 12467).
4.- Con il secondo motivo il ricorrente addebita alla Corte di
appello di avere erroneamente ritenuto che, nei reati
perseguibili d’ufficio, l’iniziativa istituzionale del pubblico
ministero rende irrilevante l’efficacia causale della denuncia
presentata dalla parte privata.
Assume che gli art. 40 e 41 cod. pen. attribuiscono rilevanza
causale a tutti gli antecedenti necessari dell’illecito, pur se
non sufficienti da soli a produrlo; che pertanto, ove il
processo si avvii non per iniziativa autonoma del P.M. ma su
denuncia di un privato cittadino, la denuncia è da considerare
antecedente causale dell’illecito, pur se il reato è
perseguibile d’ufficio, in base alla nota teoria della causa
quale

conditio sine qua non

del verificarsi dell’evento

dannoso. Osserva che anche nel presentare denuncia occorre che
il soggetto agisca con prudenza, diligenza e cognizione di
causa, per non arrecare danno ad altri, e che la tesi della
Corte di appello conduce a limitare l’illecito civile da
denuncia infondata alla sua fattispecie dolosa, in contrasto
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Cass. civ. 15 aprile 2004 n. 7201; Cass. civ. S.U. 27 dicembre

con i principi di cui all’art. 2043 cod. civ., per cui
l’illecito civile è sempre perseguibile anche a titolo di
colpa.
5.- Il motivo non è fondato.
Lo

stesso

ricorrente

richiama

il

principio per

cui

qualora vi sia una causa sopravvenuta, che sia stata da sola
sufficiente a produrre l’evento, come peraltro espressamente
dispone l’art. 41, 2 ° comma, cod. pen.
La costante giurisprudenza di questa Corte – seguita anche
dalla sentenza impugnata – rileva per l’appunto che, nei reati
perseguibili d’ufficio, qual è quello ipotizzato a carico del
Bontempi, l’attività pubblicistica dell’organo titolare
dell’azione

penale

si

sovrappone

all’iniziativa

denunciante, togliendole ogni efficacia causale
civ. Sez. l, 18 dicembre 1964 n. 2899;

del

(Cfr. Cass.

Cass. civ. Sez. 3, 24

marzo 2000 n. 3536; 25 maggio 2004 n. 10033;

Idem, 26 gennaio

2010 n. 1542, fra le altre).
Vale a dire, l’obbligo posto a carico del P.M. di esercitare
l’azione penale assorbe l’attività del denunziante, se costui
non abbia agito con dolo; cioè non sia incorso nel delitto di
calunnia o di simulazione di reato.
Né appare in termini il rilievo del ricorrente, secondo cui ciò
comporterebbe una deroga al principio generale in tema di
illecito civile, secondo cui i comportamenti dannosi sono
sempre rilevanti anche a titolo di colpa.
9

l’equivalenza degli antecedenti causali subisce eccezione

In primo luogo, nella specie è stato escluso il nesso causale
fra l’impulso dato al processo penale dalla denuncia ed il
verificarsi dei danni lamentati, e l’interruzione del nesso
causale preclude in radice l’indagine sull’elemento soggettivo.
In secondo luogo il fatto che normalmente l’illecito civile sia

escludere che talune figure di illecito possano essere
perseguibili solo in caso di dolo, ove ricorrano peculiari
ragioni in tal senso.
Ciò avviene per la calunnia, ove l’irrilevanza della colpa agli
effetti del risarcimento dei danni si spiega con lo scopo
dell’ordinamento di evitare che siano poste remore alla
disponibilità dei cittadini a collaborare con l’autorità
giudiziaria, tramite la denuncia dei comportamenti criminosi,
remore che potrebbero derivare dal timore di incorrere in
conseguenze di carattere risarcitorio, nel caso di errore nella
valutazione dei fatti.
Pertanto, se a fondamento della domanda di danni sia posto il
mero fatto della presentazione di una denuncia all’autorità
giudiziaria, il processo penale che ne segua e l’eventuale
assoluzione dell’imputato obbligano il denunciante al
risarcimento dei danni solo se sia dimostrato che egli era
consapevole dell’innocenza del denunciato.
La Corte di appello ha escluso una tale consapevolezza, con
motivazione che non presta il fianco a censura.
6.- Il ricorso principale deve essere rigettato.
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perseguibile anche se meramente colposo non consente di

7.- Il ricorso incidentale condizionato risulta assorbito.
8.- Considerata la natura della vertenza e la difformità fra le
sentenze di merito, che può avere creato incertezza circa la
corretta soluzione della vertenza, si ravvisano giusti motivi
per compensare le spese del presente giudizio.

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso
principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2013
Il Presidente

P.Q.M.

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