Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27754 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27754 Anno 2017
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso 29488-2016 proposto da:
FICARELLA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA piazza
Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e
difesa dall’avvocato GIUSEPPE MIGLIORE;

– ricorrente contro
RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., in persona del Direttore Generale
facente funzioni, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL
PLEBISCITO n.112, presso lo studio Eversheds – avvocato
FRANCESCO MANZULLO, rappresentata e difesa dall’avvocato
STEFANO CATUARA;

– controricorrente Contro
COMUNE MONREALE;

Data pubblicazione: 22/11/2017

- intimato avverso la sentenza n. 982/2016 del TRIBUNALE di TERMINI
IMERESE, depositata il 14/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/09/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

impugnato la sentenza del Tribunale di Termini Imerese, in data 14
novembre 2016, che accoglieva l’appello proposto da Riscossione
Sicilia S.p.A. — Agente della Riscossione per la Provincia di Palermo,
avverso la decisione del giudice di Pace di Corleone che, a sua volta,
aveva accolto l’opposizione ad esecuzione proposta, ex art. 615 c.p.c.,
da Maria Ficarella avverso la cartella di pagamento (che dichiarava
inesistente), avente ad oggetto sanzioni amministrative pecuniarie per
infrazioni al codice stradale, emessa dalla medesima società di
riscossione su disposizione del Comune di Monreale;
che il giudice di appello dichiarava che Riscossione Sicilia S.p.A.
era carente di legittimazione passiva all’azione esecutiva promossa dalla
Ficarella, non essendo la stessa “titolare del diritto di credito
contestato” e, dunque, non potendosi ravvisare neppure un
litisconsorzio necessario con l’ente impositore; lo stesso Tribunale
dichiarava, altresì, cessata la materia del contendere sulle spese di lite di
primo grado, a seguito di rinuncia alle stesse da parte della Ficarella in
conseguenza del sopravvenuto sgravio delle sanzioni pecuniarie di cui
alla cartella impugnata disposto dal Comune di Monreale,
condannando, però, la medesima Ficarella al pagamento delle spese del
secondo grado, liquidate in favore di Riscossione Sicilia S.p.A. in
complessivi euro 800,00, oltre accessori di legge;

Ric. 2016 n. 29488 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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Ritenuto che, con ricorso affidato a due motivi, Maria Ficarella ha

che resiste con controricorso Riscossione Sicilia S.p.A. —
Agente della Riscossione per la Provincia di Palermo, mentre non ha
svolto attività difensiva in questa sede l’intimato Comune di Monreale;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata
comunicata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione

ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.

Considerato che:
a) con il primo mezzo è denunciata “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”,
lamentando la ricorrente che il Tribunale, nonostante il richiamo a
taluni arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12385/2013 e
Cass. n. 1985/2014), abbia ritenuto, in contrasto con i citati precedenti
e anche con la giurisprudenza successiva (Cass. n. 22729/2016),
l’agente della riscossione privo di legittimazione passiva, e della qualità
di litisconsorte necessario con l’ente impositore, nella causa di
opposizione ad esecuzione avverso cartella esattoriale;
a.1) il motivo è manifestamente fondato.
Con esso la ricorrente (come del resto riconosce la stessa
Riscossione Sicilia S.p.A. a p. 5 del controricorso) ha inteso,
nonostante l’erroneità del vizio dedotto in rubrica del motivo (peraltro,
riconducibile all’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c.), denunciare un error in

indicando presente nella sentenza impugnata, argomentando in modo
chiaramente intelligibile sui principi giuridici che sarebbero stati violati
dal giudice di appello; del resto, ove le deduzioni si prestino (come
nella specie) ad una siffatta evidente valutazione (e non già rimangano
su un piano di irrisoluta confondibilità di censure), non è dato
Ric. 2016 n. 29488 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la

predicare l’inammissibilità del motivo per la mera mancata indicazione
delle norme violate (Cass. n. 25044/2013) o per l’erronea indicazione
del vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c. (Cass., S.U., n.
17931/2013).
Ciò premesso, la sentenza impugnata ha errato ad escludere la

opposizione a cartella esattoriale al pagamento di sanzione
amministrativa, anche quando l’impugnazione sia riconducibile al vizio
di notifica del verbale di accertamento presupposto, eseguita dall’ente
impositore, per vizi inerenti ad atto dell’ente impositore, promosso dal
destinatario della cartella anche ex art. 615 c.p.c. (come nel caso in
esame, senza che si ponga questione in ordine all’ammissibilità
dell’azione in ragione della sua natura recuperatoria o meno, non
essendo tale profilo dedotto in sede di appello dall’appellante agente
della riscossione, né rilevato dal giudice, così da rimanere coperto da
giudicato).
E’, difatti, principio ormai consolidato (tra le più recenti: Cass.
n. 14125/2016, Cass. n. 2670/2017, Cass. n. 3107/2017), che, nel
predetto giudizio, l’esattore è legittimato a contraddire in quanto la lite
trae origine dalla notificazione della cartella di pagamento da esso
eseguita (in esecuzione del rapporto che ha ad oggetto il servizio di
riscossione) e avendo lo stesso una generale legittimazione passiva
nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è
incaricato, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999;
b) con il secondo mezzo è dedotta “violazione ed errata
applicazione delle norme di diritto relative alla rinuncia alle spese”,
avendo errato il Tribunale a condannare essa appellata — che aveva
rinunciato, in quanto parte vittoriosa, alle spese di lite di primo grado
(a seguito dello sgravio definitivo disposto dall’ente impositore) — al
Ric. 2016 n. 29488 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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legittimazione passiva dell’agente di riscossione nel giudizio di

pagamento delle spese di secondo grado in ragione della ritenuta
insussistenza della legittimazione passiva dell’agente della riscossione,
mentre avrebbe dovuto compensarle “perché non dovute in presenza
di una sostanziale acquiescenza dell’appellata”;
b.1) il motivo è manifestamente fondato, giacché, avendo il

difetto di legittimazione passiva della Riscossione Siclia S.p.A. e,
dunque, la soccombenza della Ficarella, non avrebbe potuto
condannarla al pagamento delle spese di secondo grado;
che il ricorso va, quindi, accolto e la sentenza impugnata cassata;
non essendo, però, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va
decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dovendosi disporre —
come da richiesta della stessa appellata ora ricorrente nei confronti
della Riscossione Sicilia S.p.A. (cfr. p. 6 ricorso) e per la cessazione
della materia del contendere con l’ente impositore — la compensazione
integrale delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio di merito tra
tutte le parti in causa;
che, quanto alle spese del giudizio di legittimità, esse vanno
poste a carico della soccombente Riscossione Sicilia S.p.A., mentre
deve disporsi la compensazione tra la ricorrente ed il Comune di
Monreale, evocato solo per integrità del contraddittorio processuale.

PER QUESTI MOTIVI
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara
interamente compensate le spese processuali di entrambi i gradi del
giudizio di merito;
condanna Riscossione Sicilia S.p.A. al pagamento, in favore della
ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro

Ric. 2016 n. 29488 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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giudice di appello errato (per le ragioni sopra esposte) a ritenere il

600,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in curo 200,00, e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V1-3
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 19 settembre

2017.

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