Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27752 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 29/10/2019), n.27752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1579-2018 proposto da:

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI (OMISSIS), in persona del Rettore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANTONIO ENNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 241/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE

MARGHERITA MARIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di Cagliari con la sentenza n. 241/2017 aveva rigettato l’appello proposto dall’università degli Studi di Cagliari avverso la decisione con la quale il tribunale locale aveva accolto la domanda di L.M., diretta ad ottenere le differenze retributive maturate a seguito della conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato pronunciata con altra sentenza dallo stesso tribunale.

La Corte territoriale premetteva che la L., quale lettrice di lingua francese presso l’ateneo cagliaritano dal 1982, aveva ottenuto con precedente sentenza (n. 486/2012), l’accertamento del diritto a percepire il trattamento economico spettante ai ricercatori universitari confermati, come previsto dal D.L. n. 2 del 2004. Trattandosi di condanna generica, la lavoratrice aveva adito nuovamente il tribunale perchè l’università, in esecuzione della predetta sentenza, aveva pagato somme inferiori basandosi sul presupposto che il citato D.L. n. 2 del 2004, convertito in L. n. 63 del 2004, fosse da interpretare alla luce della L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3, secondo cui il suddetto trattamento spettante ai ricercatori universitari sia da applicare anche ai lettori di lingua straniera ma solo fino alla loro assunzione quali “collaboratori esperti linguistici”. La L. aveva invece rilevato che, essendo intervenuta tra le parti una sentenza passata in giudicato, non era possibile applicare la detta disposizione in quanto violativa del “giudicato” formatosi sul punto.

La Corte territoriale, adita dall’università, aveva confermato il giudizio di ostatività costituito dalla sentenza n. 486/2012, la quale aveva espressamente dichiarato il diritto della lavoratrice al “trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito, ai sensi del D.L. n. 2 del 2004 convertito in L. n. 63 del 2004, fin dalla data della stipulazione del primo contratto e per l’intera durata dell’unitario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. La Corte aveva infatti rilevato che la sentenza del tribunale, oramai passata in giudicato, non solo aveva considerato nella sua decisione la norma di interpretazione autentica dettata dalla L. n. 240 del 2010, ma ne aveva espressamente escluso l’applicazione al caso di specie, essendo dettata per i soli ex lettori delle Università interessate dalla sentenza della Corte di giustizia 26.6.2001 in causa C212/1999.

Avverso tale decisione proponeva ricorso l’università degli Studi di Cagliari affidato ad un solo motivo cui aveva resistito con controricorso L.M., che depositava memoria.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con un solo motivo l’Università ricorrente aveva rilevato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, la corte di appello, erroneamente ritenuto che costituisse giudicato la sentenza n. 486/2012 senza considerare quale fosse l’originaria domanda della L. e dunque senza considerare quale fosse l’esatto confine della controversia.

A tal proposito rilevava che la sentenza in questione, coerentemente alla domanda proposta, aveva accertato l’illegittima reiterazione dei contratti a termine e la conseguente esistenza di un rapporto di lavoro continuativo di natura subordinata, ma nulla aveva accertato circa la determinazione del quantum dovuto e sulla esclusione della applicazione al caso di specie della norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3.

Il ricorso risulta fondato.

Recentemente questa Corte ha in proposito statuito che “una volta esclusa la possibilità di configurare un ruolo ad esaurimento di ex lettori ed affermata la “continuità normativa e l’analogia tra la posizione degli ex lettori di lingua straniera e quella dei collaboratori linguistici” (Cass. S.U. n. 19164/2017), non è corretto operare una commistione delle discipline, che, tra l’altro, finirebbe per creare un’ingiustificata disparità di trattamento fra gli ex lettori divenuti CEL a seguito del superamento della procedura selettiva e del diritto di precedenza riconosciuto dal D.L. n. 120 del 1995 e quelli stabilizzati in forza di pronuncia giudiziale.

A quest’ultimi, quindi, si deve applicare la nuova normativa, di fonte legale e contrattuale, nella sua interezza, senza che possa essere a ciò ostativo il precedente giudicato, sia perchè nella fattispecie non risulta che lo stesso abbia riguardato anche la disciplina del rapporto, sia perchè, fermi i limiti posti dalle sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia e recepiti dal legislatore con la previsione del necessario riconoscimento di “eventuali trattamenti più favorevoli” (D.L. n. 2 del 2004), “in un rapporto di durata come quello di lavoro si può parlare di diritti quesiti solo in relazione a prestazioni già rese o di una fase del rapporto già esaurita” (Cass. n. 15079/2018). Gli esposti principi portano quindi ad escludere la presenza di un giudicato nella fattispecie in esame.

Deve peraltro ritenersi che la sentenza n. 486/2012 aveva anche negato la assimilabilità delle mansioni svolte dalla L. con la posizione di professore ordinario o associato, così dovendosi ritenere inesistente un diritto alle maggiori retribuzioni in virtù di mansioni differenti e superiori rispetto a quelle di collaboratori linguistici.

La sentenza deve pertanto essere cassata e rinviata la causa alla corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, per la sua decisione in applicazione dei principi sopra enunciati ed anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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