Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2775 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 22/09/2016, dep.02/02/2017),  n. 2775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18717-2012 proposto da:

N.I., L.R., L.G., LE.RA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE G. MAZZINI 113, presso lo

studio dell’avvocato FLAVIA LOZZI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMILIANO PASSARETTI;

– ricorrenti –

contro

L.M., L.A., elettivamente domiciliati in ROMA

P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE PICONE;

– controricorrenti –

e contro

C.M.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 456/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato PASSERETTI Massimiliano, difensore dei ricorrenti

che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato PICONE Giuseppe, difensore delle resistenti che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, condanna aggravata alle spese.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere Sezione Distaccata di Aversa, con sentenza n. 142/2004, in accoglimento della domanda, finalizzata al riconoscimento della comproprietà di una porzione immobiliare, proposta da N.I. e LE.RA., R. e G. nei confronti di C.M.T. e L.A. e M., dichiarava che era comune alle parti in causa il viottolo in terra battuta, largo mt. 4 e lungo int. 50, collegante le proprietà delle stesse parti con (OMISSIS).

Con la medesima decisione il Tribunale di prima istanza confermava un precedente provvedimento cautelare del 2002, rigettava la domanda riconvenzionale dei convenuti, che condannava alla refusione delle spese di lite e di quelle di CTU. Avverso la suddetta decisione le parti convenute interponevano appello, resistito dalle originarie parti attrici appellate.

Con sentenza n. 456/2012 l’adita Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello e condannava le parti appellanti all’ulteriore refusione delle spese di lite.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorrono la N. ed i L. con atto fondato su due ordini di motivi e resistito da controricorso delle parti intimate.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura (testualmente) il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto relative alla interpretazione del contratto fissate dal codice civile vigente”.

In ricorso, sebbene in assenza di qualunque riferimento in rubrica alla norma processuale invocata, si fa riferimento agli artt. 1362 e ss. c.c. con riguardo ai vari atti relativi ai trasferimenti di proprietà immobiliari successivi all’acquisto dal parte del comune dante causa L.D. avvenuto nel (OMISSIS).

Il motivo è del tutto inammissibile.

Innanzitutto – giova qui rilevare, conformemente alle conclusioni del P.G. – che fra i quattro motivi di appello non vi era alcun accenno alla questione solo oggi sollevata.

La questione stessa, posta – pertanto – col motivo qui in esame, costituisce quindi – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

In ogni caso, poi, atteso il decisum della sentenza di primo grado la questione doveva essere già posta nel giudizio di appello.

Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

La doglianza è del tutto generica attenendo, in sostanza, ad una violazione di interpretazione di norme contrattuali, interpretazione rientrante nell’ambito delle prerogative del Giudice del merito e da questi svolta congruamente, nella fattispecie, sulla base di argomentazioni immuni da vizi logici censurabili in questa sede.

Appare, viindi, in tutta evidenza l’improprio scopo, perseguito col motivo qui in esame, di suscitare una nuova valutazione di merito.

In proposito e conclusivamente va riaffermato il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e titenuto il ricorso va rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

5.- Non può essere accolta la richiesta di condanna aggravata alle spese formulata dal P.G..

In ordine a tale richiesta deve affermarsi che non si ravvisano nella fattispecie i presupposti di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4, ratione temporis applicabile, posto che a tal fine occorre che il ricorso per cassazione sia non soltanto erroneo, ma evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento in favore quella contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Rigetta la richiesta di condanna aggravata alle spese formulata dal P.G..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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