Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27748 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/12/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 03/12/2020), n.27748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11362-2016 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE),

presso lo studio dell’avvocato ROSSANA CLAVELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato SAVERIO SEBASTIANI;

– ricorrente –

contro

S.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA ZAMPIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 680/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/02/2016 R.G.N. 1350/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato ANNAMARIA URSINO per delega verbale Avvocato SAVERIO

SEBASTIANI;

udito l’Avvocato NICOLA ZAMPIERI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte territoriale di Venezia, con sentenza pubblicata il 4.2.2016, ha respinto l’appello interposto da Poste Italiane S.p.A., nei confronti di S.S., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede n. 698/2012, resa in data 8.6.2012, con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dal lavoratore – perito TLC ramo elettronico, dipendente della società dal 2.10.1985 -, volto ad ottenere l’inquadramento superiore nella categoria Q2, ora A2, e la condanna della parte datoriale alla corresponsione delle differenze retributive a far data dal 29.9.2002, successiva al compimento della prescrizione del credito del lavoratore.

La Corte di Appello, per quanto ancora di rilievo in questa sede, ha sottolineato che “sulla scorta del quadro probatorio… può senz’altro condividersi il giudizio di valutazione del primo Giudice, ossia può ritenersi dimostrato che…. gli incarichi assegnati comportassero elevata capacità e preparazione professionale, all’evidenza superiore a quella media o parziale competenza professionale propria dell’Area operativa. Correlativamente, i suddetti incarichi non sono riconducibili a mera attività operativa di manutenzione/controllo, contrariamente a quanto affermato da Poste Italiane S.p.A.”; e che “ciò che caratterizza le mansioni riconducibili alla qualifica di quadro di 2 livello è il requisito della specializzazione dell’attività tecnica di manutenzione rispetto alla attività di mera manutenzione propria dell’area operativa. Proprio con riferimento alla complessità degli interventi e degli impianti su cui essi venivano attuati, come sopra descritti, deve ritenersi che la complessiva attività rientri in quella altamente specializzata propria del profilo rivendicato”.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Poste Italiane S.p.A. articolando tre motivi, cui ha resistito il S. con controricorso. Quest’ultimo ha, altresì, depositato memorie. La causa, inizialmente fissata all’adunanza camerale del 16.5.2019, è stata rinviata a nuovo ruolo – e, successivamente, fissata alla pubblica udienza del 13.11.2019 -, avendo il Collegio ritenuto che non sussistessero i presupposti per la trattazione della stessa in camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., nonchè della L. n. 797 del 1981, art. 3 e dell’Allegato 1 del D.M. 5 agosto 1982, n. 4584, perchè la Corte di merito, nel riconoscere il diritto al superiore inquadramento, avrebbe omesso ogni raffronto tra le mansioni svolte dal S. dal 1997 – ritenute riconducibili all’area quadri di 2 livello – e le mansioni dallo stesso precedentemente espletate e, dunque, non avrebbe accertato il presupposto della superiorità delle nuove mansioni rispetto a quelle originarie. Pertanto, secondo la prospettazione della parte ricorrente, i giudici di secondo grado avrebbero omesso il procedimento logico-giuridico c.d. trifasico, ritenuto necessario, alla luce del consolidato orientamento della Suprema Corte, per il corretto inquadramento del lavoratore; non avrebbero, cioè, accertato quali attività lavorative quest’ultimo svolgesse in concreto, non avrebbero proceduto all’individuazione delle qualifiche previste dal CCNL, nè operato il raffronto tra il risultato della prima indagine e le declaratorie contrattuali individuate nella seconda.

2. Con il secondo motivo si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, perchè nella sentenza impugnata non si considera che le mansioni ritenute ascrivibili all’area quadri di 2 livello, altro non sarebbero che “la naturale prosecuzione delle mansioni tecniche che il S. già svolgeva in ragione della qualifica di perito inserito nella VI categoria, poi confluite nell’area operativa di cui all’art. 43 CCNL 1994”, risultando, “quindi, del tutto equivalenti a queste ultime”.

3. Con il terzo motivo di assume, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 e 44 del CCNL 26.11.1994 per i dipendenti di Poste Italiane S.p.A.; dell’Accordo Collettivo Integrativo 23.11.1995 e dell’Allegato 1 al CCNL 11.1.2001; dell’art. 21 del CCNL 2003 e del CCNL 2007; nonchè L. n. 797 del 1981, art. 3 e dell’Allegato 1 del D.M. 5 agosto 1982, n. 4584, in relazione all’art. 2103 c.c., ed in particolare, si lamenta che i giudici di seconda istanza avrebbero fatto errata applicazione delle norme collettive contenute nel citato Accordo integrativo del CCNL 26.11.1994, ripreso dal successivo CCNL 11.1.2001, avendo ritenuto che “A parte il grado di autonomia emerso, doveva riconoscersi ex art. 44 CCNL – alla luce anche del Contratto integrativo del 1995 che si trattava di attività tecnico-professionale specializzata, come tale sufficiente per la qualifica riconosciuta”, senza considerare che, con il primo CCNL di diritto privato per il personale di Poste Italiane S.p.A., stipulato il 26.11.1994 – e che, a parere della società ricorrente, resta dunque la fonte principale per la disciplina dell’inquadramento del personale di Poste Italiane S.p.A. -, le ex otto categorie professionali del pregresso ordinamento del personale di Poste, contemplate nella L. n. 797 del 1981 e nel D.M. n. 4584 del 1982, sono state ricompattate in sole quattro nuove Aree funzionali di inquadramento: Area di base; Area Operativa; Area Quadri di secondo livello (Q2); Area Quadri di primo livello (Q1). Pertanto, secondo la prospettazione della parte ricorrente, l’Accordo Integrativo avrebbe “compattato”, ai fini della confluenza nell’Area Operativa, le mansioni rientranti nelle categorie VI, V e IV; della qual cosa, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto.

1.1. 2.2; 3.3. I mezzi di impugnazione – da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione – non sono fondati. Ed invero, i giudici di seconda istanza sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità, uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone di tre fasi (c.d. procedimento trifasico: cfr., ex plurimis, Cass. nn. 32326/2018; 20114/2017; 17163/2016; 8589/2015): l’accertamento in fatto dell’attività lavorativa svolta in concreto; l’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria; il raffronto dei risultati delle suddette fasi. E, sulla scorta degli elementi probatori emersi in prima istanza – in base ai quali il giudice di primo grado ha riconosciuto lo svolgimento, di fatto, da parte del S., di mansioni riconducibili all’Area quadri di II livello, dal 1997, ed ha, per l’effetto, dichiarato il diritto dello stesso, da tale epoca, all’inquadramento nella suddetta Area, con conseguente condanna della società al pagamento delle differenze retributive maturate dal 29.9.2002 (essendo intervenuta la prescrizione quinquennale relativamente a quelle maturate prima di tale data), oltre accessori come per legge -, la Corte di Appello, facendo proprio il ragionamento del primo giudice, ha motivatamente respinto il gravame interposto dalla società.

Al riguardo, è, altresì, da rilevare che il primo giudice, come sottolineato dalla Corte di merito, aveva confrontato le declaratorie contrattuali, analizzate, comunque, anche nella sentenza di appello, relative all’Area Operativa (art. 43 del CCNL 26.11.1994) ed all’Area Quadri di II livello (art. 44 dello stesso CCNL), nella sua articolazione nei due settori operativo-gestionale ed operativo-tecnico prevista nell’Accordo Integrativo del 1995 (applicabile al caso di specie ratione temporis, poichè il ricorrente ha richiesto il superiore inquadramento a partire da quell’epoca: cfr., tra le molte, Cass. n. 420/2012), individuandone il discrimen, consistente nella sussistenza del requisito di specializzazione dell’attività tecnica di manutenzione rispetto all’attività di mera manutenzione propria dell’area operativa, nonchè di preparazione professionale richiesto (solo media o parziale per l’area operativa), di ampiezza dell’autonomia, di responsabilità per le direttive ricevute ed il conseguimento del risultato, di collaborazione con i responsabili di struttura di superiore livello (queste ultime previste, appunto, solo per i quadri). Inoltre, “Ai sensi dell’art. 44 CCNL, interpretato alla luce del Contratto integrativo del 1995, il discrimine tra l’area operativa e l’area quadri per il settore tecnico”, cui il lavoratore apparteneva, “era costituito dall’affidamento di attività tecnica specializzata” (cfr., tra le altre, Cass. nn. 8177/2013; 6970/2013), che i giudici di merito hanno reputato che fosse certamente riscontrabile nei compiti assegnati al S. per gli incarichi allo stesso affidati presso il Polo Tecnologico, che comportavano elevata capacità e preparazione professionale superiore a quella media o parziale competenza professionale propria dell’area operativa (v., in particolare, le pagg. 15 e 16 della sentenza impugnata).

Ed è noto che l’accertamento della natura delle mansioni svolte, in concreto, dal lavoratore attiene ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, ove sia sorretto, come nel caso di specie, da motivazione corretta dal punto di vista logico-giuridico (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 12564/2014; 27197/2011; 28284/2009).

Infine, è da sottolineare che, condivisibilmente, i giudici di merito hanno considerato del tutto irrilevanti, con riferimento alla fattispecie, le declaratorie contenute nel D.M. 5 agosto 1982, dovendosi, all’evidenza, valutare la correttezza dell’inquadramento del lavoratore di cui si tratta in base alle disposizioni vigenti all’epoca in cui sono state svolte le mansioni in relazione alle quali il medesimo ha richiesto l’inquadramento nel livello superiore.

Per tutte le considerazioni innanzi svolte, il ricorso va rigettato.

4. Le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del procuratore del S., avv. Nicola Zampieri, dichiaratosi antistatario – seguono la soccombenza.

5. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

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