Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27747 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27747 Anno 2017
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso 24355-2016 proposto da:
COLOMBO NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato MONICA
BATTAGLIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MASSIMO GRATTAROLA;
– ricorrente contro
EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., società
incorporante EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA
135 presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI GIAMMARIA,
rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO CINIETTI,
GIUSEPPE PARENTE;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 22/11/2017

contro
BANCA DEL MEZZOGIORNO

MEDIOCREDITO

CENTRALE S.P./k.;

– intimata –

TORINO, depositata il 15/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/09/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Ritenuto che, con ricorso affidato a due motivi, Nicola Colombo
ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Torino, in data 15
marzo 2016, che, in parziale riforma della decisione del Tribunale di
Alessandria, accoglieva — per quanto ancora rileva in questa sede l’impugnazione incidentale di Equitalia Nord S.p.A., dichiarandola
carente di legittimazione passiva nei confronti delle pretesa creditoria
azionata da Mediocredito MCC S.p.A. nei confronti dello stesso
Colombo, che condannava, in base al principio della soccombenza, al
pagamento delle spese processuali del doppio grado in favore della
medesima Equitalia Nord S.p.A.;
che resiste con controricorso Equitalia Servizi di Riscossione
S.p.A., gia Equitalia Nord S.p.A., mentre non ha svolto attività
difensiva in questa sede Mediocredito MCC S.p.A.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., è stata comunicata ai difensori di entrambe le parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in
prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.

Ric. 2016 n. 24355 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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avverso la sentenza n. 420/2016 della CORTE D’APPELLO di

Considerato

che il ricorso è inammissibile per tardiva

proposizione (ciò esimendo il Collegio dal dover dare contezza del
contenuto delle censure) rispetto al termine semestrale di cui al vigente
art. 327 c.p.c., applicabile ratione tempoii s in quanto il giudizio di primo
grado è stato introdotto con citazione notificata il 23 luglio 2012,

disposizione (modificata dalla legge n. 69 del 2009);
che, difatti, la sentenza impugnata, non notificata, è stata
pubblicata il 15 marzo 2016, mentre l’impugnazione è stata notificata
in data 17 ottobre 2016: dunque, a distanza di sette mesi dalla
pubblicazione della sentenza di appello, senza che possa trovare nella
specie applicazione la sospensione dei termini feriali dall’1 al 31 agosto
(che opera a partire dal periodo feriale dell’anno solare 2015, a seguito
della modifica dell’art. 1 della legge n. 742 del 1969 ad opera dell’art.
16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 162 del 2014: tra le altre, Cass. n. 11758/2017), giacché,
ai sensi degli artt. 1 e 3 della citata legge n. 742 del 1969 e dell’art. 92
del r.d. n. 12 del 1941, la sospensione dei termini processuali nel
periodo feriale non si applica alle opposizioni esecutive, riferendosi tale
disciplina al processo di opposizione all’esecuzione in ogni sua fase,
compreso il giudizio di cassazione, a prescindere dal contenuto della
sentenza e dai motivi di impugnazione, ed operando, al riguardo, il
principio dell’apparenza, per cui il regime di impugnazione, e, di
conseguenza, anche le norme relative al computo dei termini per
impugnare, vanno individuati in base alla qualificazione che il giudice a
quo abbia dato all’azione proposta in giudizio e non in base al rito
applicabile (Cass. n. 171/2012; analogamente, tra le tante, Cass. n.
8137/2014);

Ric. 2016 n. 24355 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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dunque in epoca di gran lunga successiva all’entrata in vigore di detta

che, nella specie, la natura della causa come opposizione ad
esecuzione forzata (ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c.), oltre ad
emergere dagli stessi atti di parte del presente giudizio di legittimità (in
particolare con riferimento all’art. 617 c.p.c.), è inequivocabilmente
evidenziata dalla sentenza impugnata (cfr. segnatamente p. 3) quale

grado e non mutata dal giudice di appello;
che il precedente di cui a Cass. n. 6672/2010, richiamato dal
ricorrente con la memoria (per cui la sospensione feriale dei termini
processuali riprende ad applicarsi ove tra le parti si continui a discutere
dell’esistenza o meno del diritto del creditore di promuovere l’azione
esecutiva al solo fine del riparto delle spese del processo; precedente
richiamato anche da Cass. n. 95/2017, ma soltanto alla stregua di obiter
dictum, giacché la fattispecie decisa è quella di una causa di esecuzione
forzata soggetta al regime di inapplicabilità della sospensione ex artt. 1
e 3 della legge n. 742 del 1969), è superato dalla più recente
giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide ed alla quale
intende dare continuità, alla stregua del principio secondo cui “la
sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle
opposizioni esecutive anche quando nel relativo giudizio permanga,
quale unica questione controversa, quella attinente al regolamento delle
spese processuali, in quanto la condanna alle spese assolve alla
funzione di assicurare la pienezza di tutela della situazione dedotta nel
processo, per cui la lite su tale aspetto, sia che attenga alla
soccombenza virtuale sia che riguardi le regole relative alla statuizione
sulle spese e sulla loro misura, inerisce sempre alla ratio della
sospensione disposta per la natura della controversia alla quale le spese
stesse si riferiscono” (Cass. n. 12150/2016; in precedenza, Cass. n.
23410/2013, Cass. n. 9997/2010 e già Cass. n. 6940/2007);
Ric. 2016 n. 24355 sez. M3 – ud. 19-09-2017
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diretto precipitato della qualificazione assunta già dal giudice di primo

che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il Colombo
condannato al pagamento, in favore della parte contro ricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in
conformità ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014;
che non occorre provvedere alla regolamentazione di dette

difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore
della parte controricorrente, in curo 3.000,00, per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,

dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 19 settembre
2017.

spese nei confronti della parte intimata che non ha svolto attività

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