Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27746 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 12/10/2021), n.27746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29931-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA RELIGIOSA DI SAN MARZIANO DI DON ORIONE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata VIA

MONTE BIANCO 87, presso lo studio dell’avvocato MARIANA LAIOLO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO VILLA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 951/26/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso avvisi di accertamento relativi alla rettifica della rendita catastale e del classamento per gli anni 2013 e 2014 a seguito di DOCFA per lo scorporo dalla restante parte del fabbricato di un auditorium e dei locali ad uso soggiorno e mensa per assistenza e ricovero dei bisognosi, indicando per tali immobili le categorie catastali D/4 e D/8: riteneva la CTP l’obbligo di motivazione degli avvisi era stato rispettato avendo gli stessi fatto seguito ad una procedura DOCFA, ma riteneva congrua la categoria catastale B/1 e la relativa rendita proposte dalla parte contribuente;

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate e accoglieva quello incidentale della parte contribuente ritenendo immotivati gli avvisi di accertamento impugnati, perché contenenti affermazioni gratuite, vaghe e contraddittorie, non indicando gli immobili presi a comparazione ubicati nella zona e quali siano le analoghe caratteristiche.

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo; con ordinanza interlocutoria n. 10138 del 2021 questa Corte rinviava a nuovo ruolo per verificare la regolarità della notifica del ricorso in Cassazione; successivamente il ricorrente depositava rinuncia al ricorso con richiesta di estinzione del giudizio; la parte contribuente si costituiva con memoria di costituzione e in prossimità dell’udienza depositava memoria prendendo atto della suddetta rinuncia al ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate deduce falsa applicazione del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, artt. 1 e 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto gli avvisi di accertamento impugnati sarebbero sufficientemente motivati perché scaturiti a seguito di procedura DOCFA e inoltre la stima diretta è propria degli immobili inquadrabili nelle categorie dei gruppi D e E.

Il Collegio rileva che, in prossimità dell’adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria contenente la rinuncia al ricorso per cassazione, priva di richiesta di compensazione delle spese di lite. La rinuncia è conosciuta dalla parte contribuente, laddove dà atto di esserne venuta a conoscenza, e alla stessa non si è opposta, sebbene senza una esplicita adesione né tantomeno facendo riferimento ad una eventuale accettazione della compensazione delle spese di lite.

La rinuncia è rituale e risponde ai requisiti di cui all’art. 390 c.p.c., poiché formulata in atto univoco in tal senso e sottoscritto dal ricorrente, il quale ha dimostrato una chiara volontà abdicativa, sicché deve trovare applicazione l’art. 391 c.p.c., con la conseguenza che il giudizio va dichiarato estinto per cessata materia del contendere.

Pertanto, poiché l’art. 391 c.p.c. stabilisce, al comma 2, che “il decreto, l’ordinanza o la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese” e al comma 4, che “la condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale”, e dal momento che per un verso l’Agenzia delle entrate ha dato causa alla presente controversia tanto che nella stessa memoria con la quale rinuncia al presente ammette che “la notifica non è andata a buon fine per un errore materiale dell’indirizzo di posta elettronica del destinatario” e per un altro verso la parte contribuente non ha aderito alla rinuncia, va dichiarata l’estinzione del giudizio e le spese sono essere poste a carico della ricorrente Agenzia delle entrate (cfr. Cass. n. 10396 del 2021 secondo cui “in mancanza di adesione all’atto di rinuncia – art. 391 c.p.c., comma 4 – parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali; in base al principio di causalità grava infatti sul rinunciante il rimborso delle spese sostenute dalle altre parti”) e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il giudizio per rinuncia e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15h dei compensi e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

 

 

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