Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27741 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27741 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 2386-2016 proposto da:
ATZENI MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, CIR.NE
CLODIA 80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO
PROSPERINI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
CARTA TONINO, GENERALI ITALIA S.P.A.;
– intimati avverso la sentenza n. 12795/2015 del TRIBUNALE di ROMA,
depositata in data 11/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONIETTA SCRIMA.

Data pubblicazione: 22/11/2017

FATTI DI CAUSA
Michele Atzeni convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di
Pace di Roma, Tonino Carta e INA Assitalia S.p.a. (poi Generali
Italia S.p.a.), rispettivamente proprietario e compagnia
assicuratrice dell’auto Opel Astra targata BROOOVF, e ne chiese

a seguito del sinistro stradale verificatosi in Roma, in data 25
marzo 2010, tra il predetto veicolo e l’auto Ford Mondeo
targata BN771KH, di proprietà dell’attore e da questi condotta.
Si costituì in primo grado la sola società assicuratrice
chiedendo il rigetto della domanda.
Il Giudice adito, con sentenza n. 5810/2014, pubblicata il
14 aprile 2014, rigettò la domanda ritenendola non provata e
condannò l’attore alle spese di lite.
Avverso la sentenza del Giudice di pace Michele Atzeni
propose gravame.
Si costituì la società appellata che eccepì l’improcedibilità
dell’appello per essere stato lo stesso iscritto oltre il termine di
dieci giorni e chiese, nel merito, il rigetto del gravame.
Il Carta non si costituì neppure nel secondo grado del
giudizio di merito.
Il Tribunale di Roma, con sentenza pubblicata in data 11
giugno 2015, dichiarò inammissibile l’appello perché tardivo e
condannò l’appellante alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza del Tribunale di Roma Michele Atzeni
ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa
sede.
La proposta del relatore è stata comunicata alla parte
costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio, ex art. 380 bis cod. proc. civ..
Ric. 2016 n. 02386 sez. M3 – ud. 25-05-2017
-2-

la condanna, in solido, al risarcimento dei danni materiali subiti

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con
motivazione semplificata.
2.

Con l’unico motivo, rubricato «Violazione e falsa

applicazione dell’art. 327 c.p.c., e dell’art. 155 commi 1 e 2

la sentenza impugnata sostenendo che il termine per proporre
appello, tenuto conto dei quarantasei giorni di sospensione dei
termini processuali nel periodo feriale, veniva a scadere non il
28 novembre 2014, come ritenuto dal Tribunale, bensì sabato
29 novembre 2014, con conseguente proroga al lunedì 1°
dicembre 2014, giorno in cui l’atto di appello era stato
consegnato per la notifica all’ufficio postale, notifica poi
perfezionatasi.
2.1. Il motivo è fondato.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, al quale va data continuità in questa sede, per i
termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di
decadenza dall’impugnazione ex art 327 cod. proc. civ. (per i
giudizi iniziati in primo grado prima della riforma del 2009, pari
ad un anno e, per quelli iniziati dopo, come quello del caso di
specie, di sei mesi), si osserva, a norma degli artt. 155,
secondo comma, cod. proc. civ. e 2963, quarto comma, cod.
civ., il sistema della computazione civile, non ex numero bensì
ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si
ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni
compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno
corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si
deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con
il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti,
al termine (nella specie semestrale) di decadenza dal gravame,
Ric. 2016 n. 02386 sez. M3 – ud. 25-05-2017
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c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.», il ricorrente censura

di cui all’art.327, comma primo, cod. proc. civ., devono
aggiungersi quarantasei giorni computati

ex numeratione

dierum, ai sensi del combinato disposto dell’art.155, comma
primo, stesso codice e 1, comma primo, della legge n.742 del
1969, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il

della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (ex
plurimis, v. Cass. 31 agosto 2015, n. 17313; Cass. 4 ottobre
2013, n. 22699; Cass. 9 luglio 2012, n. 11491), evidenziandosi
che la modifica di cui all’art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del
2014 (conv., con modif., dalla I. n. 162 del 2014), che,
sostituendo l’art. 1 della I. n. 742 del 1969, ha ridotto il
periodo di sospensione da quarantasei giorni a trentuno giorni
(dall’i al 31 agosto di ciascun anno), trova applicazione a
partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale
dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data
dell’impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza
(Cass., ord., 11/05/2017, n. 11758).
In applicazione di tali principi, nella specie, essendo stata la
sentenza di primo grado pubblicata il 14 aprile 2014, il termine
di sei mesi ex art. 327 cod. proc. civ. (nella formulazione
applicabile ratione temporis), è venuto a scadere il 14 ottobre
2014; a tale data devono poi aggiungersi quarantasei giorni,
da computare ex numeratione dierum,

per la sospensione

feriale dei termini, sicché il termine per proporre appello è
venuto a scadere sabato 29 novembre 2014 e, quindi, è stato
prorogato a lunedì 1° dicembre 2014, ai sensi del quinto
comma dell’art. 155 cod. proc. civ..
Essendo stato l’atto di appello presentato all’ufficio postale
per la notifica a mezzo posta in data 1° dicembre 2014 ed
essendosi la notifica perfezionata nei confronti dei destinatari,
Ric. 2016 n. 02386 sez. M3 – ud. 25-05-2017
-4-

primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto

l’impugnazione avverso la sentenza del Giudice di pace risulta
essere stata proposta tempestivamente.
3. Il ricorso va, pertanto, accolto; la sentenza impugnata
va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Roma, in
persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente

4. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della
insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater, d.P.R. 30

maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di
legittimità, al Tribunale di Roma in persona di diverso
magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il
25 maggio 2017.
Il Presidente

giudizio di legittimità.

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