Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2774 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 05/02/2021), n.2774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

Hardi Magazine Soc. Coop. a r.l., rappresentata e difesa, giusta

procura speciale stesa a margine del controricorso, dagli Avv.ti

Cataldo D’Andria, Flaminia Ferrucci e Mariangela Mastrogregori, che

hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso il

loro studio, al viale Regina Margherita n. 262-264 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 14, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, il giorno 15.1.2013, e pubblicata il 17.1.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

l’Agenzia delle Entrate, a seguito di Processo Verbale di Costatazione redatto dalla Guardia di Finanza in data 25.9.1996 in relazione a più annualità d’imposta, notificava alla Hardi Magazine Soc. Coop. a r.l., attiva nel settore editoriale ed appartenente al gruppo Bassoli, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo ad un maggior imponibile di L. 1.004.709.000 dipendente da indebita detrazione d’imposta, conseguendone maggiori importi per Irpeg ed Ilor, oltre accessori, in relazione all’anno 1993. L’Ente impositore recuperava a tassazione affermati costi, relativi a servizi di fornitura di informazioni e fotocomposizione, ritenuti inesistenti e comunque non congrui, ed applicava le relative sanzioni.

La società opponeva l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, contestando il vizio di motivazione proprio dell’accertamento tributario, e sostenendo la reale esistenza delle operazioni commerciali contestate, indispensabili per una società attiva nel settore dell’editoria. La CTP rigettava il ricorso, ritenendo attendibili le presunzioni allegate dall’Ente impositore.

Avverso la decisione sfavorevole conseguita, la società proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che lo accoglieva, ritenendo inadeguata l’allegazione di prove presuntive fornita dall’Amministrazione, a fronte della specifica attività esercitata dalla contribuente.

Avverso la pronuncia sfavorevole conseguita dalla CTR di Milano ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a tre strumenti di gravame. Resiste mediante controricorso la contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Ente impositore contesta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 42, e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.p.c., nonchè la falsa applicazione dell’art. 115, c.p.c., per avere l’impugnata CTR omesso di valutare il rilievo degli elementi presuntivi allegati dall’Amministrazione finanziaria.

1.2. – Mediante il secondo strumento di gravame, anch’esso introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) per avere la CTR affermato che la fattura è un documento sufficiente a documentare un costo d’impresa, finendo per ritenere applicabile un’inversione dell’onere della prova che risulta invece illegittima.

1.3. – Con il suo terzo mezzo d’impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Ente impositore lamenta il vizio della motivazione adottata dalla CTR, perchè omessa in relazione ad un fatto controverso e comunque decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, non avendo il giudice dell’appello esaminato specificamente le prove presuntive allegate dall’Amministrazione finanziaria, ed avendo ritenuto prevalenti le allegazioni di controparte senza dedicare neppure a queste una specifica analisi.

2.1. – 2.2. – 2.3. – Con i suoi motivi di ricorso l’Agenzia delle Entrate critica la decisione impugnata, adottata dalla CTR di Milano, per essere incorsa nella violazione di legge e nel vizio di motivazione, in ordine all’esame delle prove presuntive allegate dalle parti. La connessione presente tra i motivi di ricorso ne suggerisce la trattazione unitaria.

Nella sua motivazione la CTR ricorda che l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che la società abbia “indebitamente dedotto costi relativi a servizi di prestazioni per agenzia di informazioni e di fotocomposizione, ritenuti inesistenti o incongrui” (sent. CTR, p. III), servizi che erano stati annotati in contabilità come resi dalla editoriale Cover Srl, società appartenente al medesimo gruppo editoriale Bassoli di cui fa parte anche la Hardi Magazine, odierna controricorrente. Il giudice dell’appello segnala, poi, che compete all’Amministrazione finanziaria provare i propri assunti, ed osserva quindi “che le prestazioni sono effettivamente avvenute e l’inesistenza dedotta dall’ufficio è priva di consistenza dal momento che il servizio di agenzia di informazione dal quale trarre quanto necessario per poter editare una testata ricca di articoli e di immagini doveva necessariamente essere fornita da terzi… le spese per l’acquisizione dei servizi sono state effettivamente rese… le ricostruzioni operate dalla Polizia Tributaria e fatte proprie dall’ufficio, sono inutilizzabili poichè non in linea con le fasi del procedimento di edizione di una rivista… In conclusione le presunzioni su cui si fonda l’accertamento sono destituite di fondamento e di ogni attendibilità in quanto ancorate ad elementi fattuali inidonei a conferire la fondatezza alle presunzioni stesse ed in quanto tali, l’ufficio non ha indicato gli elementi certi e precisi posti a fondamento della presunzione” (sent. CTR, pp. III s.). Questi rilievi, proposti dalla CTR, non si caratterizzano per la specificità dell’analisi, non soffermandosi il giudice dell’appello a chiarire in base a quali elementi ritenga di poter affermare che le fatturate “prestazioni sono effettivamente avvenute”. Ma la CTR neppure indica quali siano gli elementi presuntivi allegati dall’Amministrazione finanziaria esaminati, e le ragioni che inducono a ritenere la loro infondatezza.

L’Ente impositore ha replicato nel suo ricorso che, sin dall’accertamento tributario notificato, elementi presuntivi specifici erano invece stati allegati a fondamento della pretesa impositiva, come l’appartenenza delle due società coinvolte, la Cover e la Hardi, allo stesso gruppo Bassoli, il fatto che tra le due imprese erano intercorsi rilevanti rapporti commerciali a fronte di esigui esborsi finanziari, rivelandosi anche l’antieconomicità della gestione dell’impresa, peraltro progressivamente incrementatasi negli anni, nonchè l’assenza di disponibilità liquide della contribuente sufficienti all’assolvimento delle obbligazioni contratte, tanto da lasciar ipotizzare che un artificioso incremento dei costi di gestione fosse motivato dall’intento di conseguire indebitamente le sovvenzioni all’editoria introdotte dalla L. n. 250 del 1990 (ric., p. IX), ma di tutti questi elementi il giudice dell’appello ha omesso di indicare la propria valutazione (ric., p. VIII). In materia questa Corte di legittimità ha già avuto modo di rilevare, come segnalato dalla ricorrente, che “in tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta, che all’IVA, la legge – rispettivamente D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio”, Cass. sez. V, 23.4.2010, n. 9784. Non si è attenuta a questi principi l’impugnata CTR, che propone generiche valutazioni in ordine alla realtà gestionale delle imprese editoriali, ma non esamina specificamente gli elementi presuntivi addotti dall’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, osserva la CTR, “la fattura è documento idoneo a documentare un costo d’impresa e, pertanto, non spetta al contribuente provarne l’effettività, ma spetta all’Amministrazione che adduce la falsità del documento e quindi l’inesistenza del costo… provare che l’operazione commerciale in realtà non è mai stata posta in essere” (sent. CTR, p. III). Come correttamente rilevato anche dalla ricorrente nel suo secondo motivo di ricorso, però, questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito, e recentemente ribadito, che “in materia di deducibilità dei costi d’impresa, la derivazione dei costi da una attività che è espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell’impresa, come in caso di operazioni oggettivamente inesistenti per mancanza del rapporto sottostante, comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale, inerenza che è onere del contribuente provare, al pari dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi; tale ultima prova non può, peraltro, consistere nella esibizione della fattura, in quanto espressione cartolare di operazioni commerciali mai realizzate, nè nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia”, Cass. sez. V, 19.12.2019, n. 33915, non essendosi mancato di specificare che “in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che le operazioni commerciali oggetto di fatturazione non sono mai state poste in essere, indicando gli elementi, anche indiziari, sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo, altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili”, Cass. sez. VI-V, 15.5.2018, n. 11873.

Ancora, la CTR osserva che, pure in grado di appello, l’Amministrazione finanziaria si sarebbe limitata a “mere ripetizioni di principio in aperta contraddizione con quanto risulta per tabulas dagli elementi forniti dal contribuente, sicchè” la prospettazione fornita da quest’ultimo “può ritenersi provata in forza del principio della non contestazione…” (sent. CTR, p. IV), ed anche in questo passaggio motivazionale, specificamente censurato dalla ricorrente (ric., p. XXIX), la CTR non ha cura neppure di indicare quali siano gli elementi forniti dal contribuente, che risultano “per tabulas”, sui quali si sarebbe formata la non contestazione, ma non è dato sapere in ordine a che cosa sarebbe intervenuta, e pertanto non è possibile replicare, e neppure valutare la fondatezza dell’argomento.

Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto fondato, e deve essere perciò accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Roma che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, nel rispetto dei principi esposti, e provvederà anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio nel rispetto dei principi innanzi esposti, e disciplinerà anche le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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