Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27739 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27739 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25873 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2009, proposto:
DA
NICOLA TANCREDI, LUCIANO TANCREDI, GIOVANNI TANCREDI e ANNA
MARIA CONCETTA TANCREDI,
TANCREDI,

quali figli e eredi di

ANTONIO

deceduto in corso di causa, tutti elettivamente

domiciliati in Roma, presso lo studio Titomanlio, alla Via
Terenzio n. 7, con gli avv.ti Raffaele De Bonis Cristalli e
Orazio Abbamonte, che li rappresentano e difendono, anche

Data pubblicazione: 11/12/2013

disgiuntamente, per mandato a margine del ricorso notificato
il 25 novembre 2009.
RICORRENTI PRINCIPALI

COMUNE DI POTENZA,

in persona del

sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Concetta Matera e
Brigida Pignatari, dell’Ufficio legale dell’ente, presso il
quale elettivamente domiciliano in Potenza, alla Contrada S.
Antonio La Macchia, come da procura a margine del
controricorso.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n.
34/09, del 27 gennaio – 12 febbraio 2009, notificata a
Tancredi Nicola presso il difensore avv. Raffaele De Bonis
in data 29 settembre 2009.
Udita, all’udienza del 5 novembre 2013, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Orazio Abbamonte
per i ricorrenti e il P.M., in persona del sostituto
procuratore generale dr. Immacolata Zeno, che conclude per
l’inammissibilità del primo motivo, l’accoglimento del
secondo, l’assorbimento degli altri motivi del ricorso
principale e il rigetto del primo motivo di quello
incidentale, con assorbimento degli altri motivi.
2

CONTRO

Svolgimento del processo
Con citazione notificata 1’11 febbraio 1987, Antonio
Tancredi, deceduto in corso di causa, premesso di avere

Comune di Potenza un suolo edificabile di mq. 1733 in
Potenza, in Catasto a F. 19, P.le 440 e 560, e che tale
contratto era nullo perché privo dei requisiti di legge,
conveniva in giudizio detto ente locale dinanzi al Tribunale
della stessa città perché, dichiarata la nullità dell’atto
che precede, condannasse il comune convenuto a risarcire
all’attore il danno subito per tale condotta.
Il risarcimento richiesto ammontava al valore venale
dell’area occupata senza titolo dall’ente locale e alla
perdita di valore del reliquato, avendo il Comune di Potenza
utilizzato e trasformato solo in parte detto suolo con la
costruzione su di esso di alloggi per i terremotati del
sisma del 1980 in Basilicata.
Il Comune di Potenza si costituiva, deducendo di avere
corrisposto all’attore, per la cessione, la facoltà di
edificare sul residuo suolo e il locale Tribunale, con
sentenza non definitiva del 30 novembre 1991, dichiarava
nulla la cessione di cui alla citazione, perché priva di
causa, affermando che il comune era tenuto a restituire agli
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ceduto a titolo gratuito, con atto del 28 luglio 1982, al

attori le aree di cui sopra ovvero a pagare il valore venale
dell’area occupata a titolo di risarcimento del danno,
liquidato in £ 66.040.000 (mq. 1651 effettivamente occupati
X £ 40.000 a mq.).
Con pronuncia definitiva del 31 dicembre 1997, lo stesso

stabiliva che detta somma, per la natura risarcitoria del
credito che era di valore, doveva essere rivalutata con
coefficiente 2,44, elevandola di £. 161.137.000 con gli
interessi di legge dalla domanda al saldo e condannava il
Comune alle spese del grado.
I Tancredi in epigrafe indicati, quali eredi dell’originario
attore proponevano appello contro la sentenza di cui sopra,
deducendo che il prezzo fissato in primo grado era
ragguagliato a un indice di edificabilità inferiore a quello
effettivo e che il terreno aveva valore maggiore di quello
deciso dal tribunale, mentre il comune era tenuto a pagare
anche il suolo non occupato dagli alloggi di cui sopra.
Anche il Comune di Potenza impugnava la sentenza del
Tribunale e, chiesta la riunione dei due giudizi, eccepiva
l’inammissibilità

per

tardività

dell’avverso

gravame

principale, ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c. e,
contestata l’esistenza di un indebito oggettivo a base della
domanda delle controparti, che avrebbero dovuto chiedere il
risarcimento del danno per occupazione illecita dei loro
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tribunale qualificata di ripetizione di indebito la domanda

terreni, affermava che alle controparti spettava meno di
quanto proposto dal c.t.u., essendo errate le conclusioni di
questo sul valore venale delle aree occupate e non dovendosi
gli interessi riconosciuti in primo grado, dato lo stato di
dissesto del comune nelle more dichiarato.

febbraio 2009 notificata ai privati appellanti di cui in
epigrafe, presso il difensore avv. De Bonis il 29 settembre
successivo, accoglieva parzialmente gli appelli riuniti
delle parti e condannava il Comune di Potenza a pagare alle
controparti

e

31.289,56, con rivalutazione monetaria dal 30

giugno 1984 al saldo e gli interessi legali sulle somme via
via rivalutate e su e 20.182,50 dal luglio 1982 al 30 giugno
1984 al tasso di legge vigente, dovuta per la maggiore
superficie occupata per i lavori, compensando in parte le
spese di causa tra le parti e ponendole nel resto a carico
del Comune di Potenza.
Nulla era riconosciuto a favore dei Tancredi per l’area
rimasta in loro proprietà, perché non utilizzata dall’ente
locale, e la sentenza, rilevato che il Comune di Potenza
aveva precisato che la sua domanda di rimborso delle somme
versate in eccesso alle controparti per l’occupazione, era
divenuta, con l’appello delle controparti, azione di queste

À

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risarcimento del danno per occupazione del loro terreno,
cc.,…_k,:c…..2- ILl1ecita per ssere illegittimo il procedimento ablatorio,
o

5

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 34 del 12

in assenza dei termini di durata del procedimento e dei
lavori (art. 13 della L. n. 2359 del 1865), affermava che
l’azione aveva causa petendi in una occupazione usurpativa o
senza titolo.
Affermato che in tal modo si era avuta un’ammissibile

da occupazione appropriativa o per pubblica utilità in
quella da occupazione usurpativa, la Corte di merito
riconosceva il danno da risarcire nel valore venale delle
aree occupate senza titolo che in primo grado si erano
ritenute edificabili erroneamente, mentre tali non erano, in
quanto solo per vincolo preordinato all’esproprio esse erano
state destinate alla realizzazione di alloggi per i
terremotati del 1980, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Tale vincolo, anche se conformativo e idoneo a dar luogo ad
una destinazione edificabile dei terreni, non poteva
assumere rilievo nel caso per qualificare edificabili i
suoli occupati e per determinare il risarcimento dovuto,
rilevando solo a tal fine la loro destinazione urbanistica
anteriore all’occupazione e all’intervento ablatorio.
Il danno è stato quindi liquidato nel valore delle aree come
non edificabili, entro i limiti e modi già indicati. Pér la
cassazione di tale sentenza, Nicola, Luciano, Giovanni e
Anna Maria Concetta Tancredi, proponevano ricorso in via
principale di quattro motivi notificato il 25 novembre 2009,
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mutamento della domanda originale di risarcimento del danno

cui replicava, con controricorso e ricorso incidentale
notificati il 31 dicembre successivo e illustrati da
memoria, il Comune di Potenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c., devono in via preliminare

1.

Sul piano

logico è preliminare

l’eccezione di

inammissibilità dell’appello degli attuali ricorrenti, già
proposta dal Comune di Potenza in secondo grado in via
incidentale e ripetuta da questo con il primo motivo del suo
ricorso per cassazione.
Su tale eccezione nulla ha deciso la Corte d’appello, per
cui la stessa

può ritenersi /tacitamente) rigettata, con

statuizione che il Comune considera errata e da riformare.
L’eccezione denuncia una pretesa violazione del termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. dal Comune di
Potenza, per avere l’ente locale proposto il suo appello con
atto notificato il 12 febbraio 1999, oltre i trenta giorni
dalla notificazione in forma esecutiva della sentenza al
sindaco della città in persona propria, avvenuta il 29
maggio 1998.
La sentenza era stata notificata personalmente al sindaco,
quale organo del Comune e non al difensore dell’ente locale
ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e, ad avviso del Comune
ricorrente incidentale, tale notificazione avrebbe dato
7

riunirsi i due ricorsi proposti contro la stessa sentenza.

luogo alla decorrenza del termine breve di trenta giorni per
impugnare violato dalle controparti, che non avevano
proposto il gravame entro tale termine.
Il Comune di Potenza afferma che la giurisprudenza è stata
sempre orientata nell’affermare che la notificazione del

che al difensore, è inidonea a far decorrere il termine
breve di cui all’art. 325 c.p.c. per l’impugnazione;
chiede

di modificare tale

a/

indirizzo ermeneutico e

qualificare la notificazione della sentenza alla parte
personalmente idonea a dar luogo alla decadenza dal diritto
di appellare per violazione del termine breve.
Aderendo all’indirizzo interpretativo costante di questa
Corte (cfr. in tal senso le recenti S.U. 13 giugno 2011 n.
4y2.(2_ u, W-)
Ofi12898 e Cass. 11 febbraio 2013 n. 4384) , log o in ragione
della esigenza che la opportunità dell’impugnazione sia
valutata dal difensore tecnico, non può che confermarsi che
solo la notificazione della sentenza all’avvocato della
parte può far decorrere il termine breve per impugnare di
cui all’art. 325 c.p.c., rendendo conoscibile la sentenza al
solo soggetto abilitato a rilevare l’opportunità di
impugnarla.
Pertanto l’appello era nella fattispecie ammissibile, non
rilevando la notifica della sentenza personalmente alla
parte ai fini della decorrenza del termine per appellare e
8

provvedimento da impugnare alla parte personalmente invece

l’eccezione della sua tardività è da ritenere implicitamente
rigettata con statuizione corretta, che comporta il rigetto
del primo motivo di ricorso incidentale perché infondato,
consentendo di valutare nel merito gli altri motivi di esso
e il ricorso principale.

quali eredi dell’originario attore,

deduce violazione

dell’art. 112 c.p.c. dalla Corte potentina, per avere
chiesto ad essa di liquidare “i danni subiti dall’appellato
entro i limiti di giustizia, con applicazione dei criteri di
cui all’art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996 n.
662” e solo in seguito domandato il risarcimento del danno
da occupazione appropriativa dei suoli dall’ente locale.
La Corte di merito, d’ufficio, ha affermato che l’originaria
domanda, fondata su una occupazione per causa di pubblica
utilità o appropriativa, era divenuta azione risarcitoria da
occupazione usurpativa e così ha rilevato la modifica del
titolo a base delle richieste dei Tancredi, senza dichiarare
preclusa la domanda nuova di costoro per mutatio libelli.
Il quesito conclusivo chiede di dichiarare illegittima la
decisione di merito che, di ufficio, ha trasformato la
domanda

originaria

risarcimento

di

da

occupazione

appropriativa in quella da occupazione usurpativa, non
rilevando la inammissibilità della nuova richiesta.
1.2. Il secondo motivo del ricorso principale censura la
9

2.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Tancredi

sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c., per avere
violato il giudicato della pronuncia non definitiva del
Tribunale di Potenza del 1991, che aveva riconosciuto la
natura edificabile dell’area occupata, violandosi in tal
modo anche l’art. 112 c.p.c.

“potenzialità edificatorie”, affermando che l’indennità di
espropriazione doveva liquidarsi ai sensi dell’art. 39 della
legge n. 2359 del 1865, nel valore venale dell’area; tale
statuizione non era stata impugnata dal Comune di Potenza e
quindi la pronuncia di appello che ha qualificato, di
ufficio, “agricola” o inedificabile la medesima superficie e
liquidato il risarcimento del danno in base a tale natura,
ha violato il giudicato su tale punto decisivo ed è andata
oltre l’appello, in contrasto con l’art. 112 c.p.c.
1.3. Si lamenta in terzo luogo violazione dell’art. 360 n. 5
c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. oltre che dell’art. 16 della
legge n. 865 del 1971, perché la Corte d’appello non ha
riconosciuto il danno prodotto al reliquato, con la
occupazione parziale delle aree dei Tancredí in rapporto
alla natura edificabile dell’intera superficie e alla
riduzione di cubatura realizzabile sull’area rimasta ai
danneggiati da considerare anche essa occupata sul
presupposto che, anche a considerare acquisito lo stesso
reliquato al comune, di esso mai era stata chiesta dai
10

Il tribunale aveva infatti qualificato il suolo con

Tancredi la restituzione.
In tal modo la decisione impugnata non ha motivato nel
merito sulla domanda dei Tancredi di risarcimento del danno
da occupazione illecita liquidabile ai sensi dell’art. 16
della legge n. 865 del 1971 e dell’art. 2043 c.c., in 1/12

stata illecitamente detenuta dal comune, oltre accessori.
1.4. Si deduce poi, con il quarto motivo di ricorso, la
omessa pronuncia sulla domanda di interessi anatocistici
proposta dai ricorrenti principali anche con il gravame alla
Corte d’appello, che doveva riconoscere tali accessori
almeno dalla data di notifica dell’appello.
2.1. Il controricorso del Comune di Potenza replica ai
motivi del ricorso principale e in via incidentale, dopo
avere ripetuto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
in questa sede, eccezione da questa Corte già ritenuta
infondata al n. l della presente sentenza, denuncia omessa
motivazione o mancata pronuncia sulla domanda di
restituzione di quanto pagato in eccesso dall’ente locale
con la somma di e 159.861,74, versata con la rivalutazione
per l’illecito in base a una qualifica dal Tribunale delle
aree come “edificabili”, corretta in secondo grado con il
riconoscere la loro destinazione agricola.
Valutare i terreni occupati per costruire alloggi da
destinare ai terremotati della Basilicata del 1980 in
11

del valore dell’area per ogni anno in cui la stessa era

relazione alla edificabilità loro attribuita con il vincolo
per l’esproprio è stato errato.
L’ente locale chiede se vi sia stata omessa pronuncia sulla
domanda di restituzione delle somme versate in eccesso
rispetto a quanto riconosciuto dovuto in appello ovvero se

per l’ente locale di ripetere dette somme da esso versate ai
Tancredi in più del dovuto, per ritenere riconosciuto il
diritto del Comune di Potenza al rimborso di quanto pagato
in eccesso rispetto al valore delle aree.
2.2. Si lamenta ancora, dal comune ricorrente incidentale,
violazione degli artt. 194, coma l, c.p.c. e 90, comma 1,
disp. att. c.p.c., oltre che degli artt. 90 e 91 c.p.c., per
l’errore della Corte di merito di avere rigettato
l’eccezione di nullità delle operazioni del c.t.u., che non
aveva dato avviso al consulenti di parte e ai difensori del
comune delle operazioni da esso iniziate, per consentire la
partecipazione a queste di tali difensori del comune.
La Corte di appello ha ritenuto tardiva la deduzione delle
indicate nullità, da prospettarsi al più tardi nella prima
udienza successiva alla mancata convocazione dei difensori o
al massimo nella prima difesa dopo il deposito della
relazione dell’ausiliare, seguita alla irregolarità che si
denuncia a carico del c.t.u., mentre nel caso il difensore
aveva chiesto,

dopo le avvenute irregolarità della
12

basti il riconoscimento in motivazione della “possibilità”

consulenza, il rinvio di una udienza in attesa del deposito
della relazione dall’ausiliare, senza denunciarne le
irregolarità e domandato se era illegittima la condanna
delle parti alle spese di consulenza da qualificare nulla,
per cui alcunché doveva corrispondersi all’ausiliare.

inammissibile, come già rilevato dalla sentenza di questa
Corte 21 dicembre 2012 n. 3424, che s’è pronunciata sulla
stessa impugnazione, in altra causa su ricorso di altro
privato danneggiato da occupazione di un’area vicina a
quella di cui al presente giudizio dallo stesso Comune di
Potenza, nel medesimo procedimento espropriativo del postterremoto del 1980.
Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse dei
ricorrenti a denunciare il mutamento della propria domanda
originale, in quanto dalla nuova causa petendi dell’
occupazione usurpativa accertata dalla Corte di appello, in
luogo di quella originaria, nessun danno è derivato ai
ricorrenti, avendo determinato in concreto tale nuova
qualificazione dell’azione effetti sostanzialmente identici
a quelli dell’altra domanda risarcitoria da occupazione
appropriativa (così Cass. 16 luglio 2010 n. 16750).
La più recente giurisprudenza di questa Corte è ormai
orientata nel senso che non comporti preclusione da domanda
nuova il mutamento della causa petendi dell’azione di
13

3.1. Il primo motivo del ricorso principale dei Tancredi è

risarcimento del danno da occupazione per pubblica utilità
in quella di risarcimento da occupazione usurpativa ai sensi
dell’art. 2043 c.c. (così, cfr. Cass. 5 dicembre 2011 n.
25959 e la citata n. 16750 del 2010).
Il primo motivo di ricorso dei Tancredi è quindi prima che

stata la sostanziale accettazione del contraddittorio sulla
nuova domanda da parte del comune.
3.2. Il secondo motivo del ricorso principale è stato
ritenuto fondato dalla sentenza citata del 2012, che
richiama espressamente analoga soluzione adottata in altri
casi relativi a sentenze che avevano pronunciato sugli
antecedenti logici della decisione con efficacia di
giudicato su di essi, come accaduto nella fattispecie in
ordine alla rilevata natura edificabile delle aree occupate
in primo grado, non impugnata dalle parti (con Cass. 17
febbraio 2011 n. 3909, ricordata nella sentenza n. 3424 del
2012, cfr. pure Cass. 16 marzo 2012 n. 4821).
Anche se il tribunale si è pronunciato su una ripetizione di
indebito, la stessa domanda con il gravame dei Tancredi ra
stata trasformata in azione risarcitoria

di

costoro] e in

primo grado la liquidazione della somma da restituire
all’ente locale sarebbe stata diversa, in caso di decisione
difforme sul punto pregiudiziale della natura, edificabile o
agricola, delle aree occupate.
14

infondato e da rigettare, precluso, perché nel merito vi è

Pertanto il secondo motivo di ricorso deve essere accolto,
dovendosi negare che la Corte d’appello potesse discostarsi
dalla qualificazione urbanistica agricola o inedificabile
dell’area occupata già riconosciuta in via definitiva dal
Tribunale, la cui pronuncia sul punto non era stata

Deve invece dichiararsi inammissibile il terzo motivo di
ricorso, dovendosi presumere che la liquidazione del
risarcimento nel merito abbia compreso tutti i danni subiti
per l’occupazione, e quindi anche la riduzione di valore del
reliquato se sussistente, nulla altrimenti spettando per
tale titolo ai danneggiati.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale
comporta la cassazione della sentenza in relazione al motivo
accolto, con necessità di riliquidare il danno, per cui
assorbe il quarto motivo del medesimo ricorso, relativo agli
accessori della liquidazione, da rimettere al giudizio in
sede di rinvio.
3.4. Il primo motivo di ricorso incidentale si è già
rigettato perché infondato, mentre resta assorbito il
secondo motivo di tale ricorso, attinente alla liquidazione
del risarcimento che dovrà avvenire in sede di rinvio, nel
corso del quale non potrà non tenersi conto di quanto
versato dal Comune di Potenza in corrispettivo delle aree,
avendo lo stesso effettuato in favore delle controparti
15

;

censurata da alcuna delle parti e costituiva giudicato.

versamenti che la sentenza impugnata ha ritenuto di misura
maggiore di quanto spettante ai danneggiati, con implicito
riconoscimento del diritto del comune a ripetere quanto
versato in eccedenza del dovuto ai danneggiati.
Deve poi dichiararsi assorbito dall’accoglimento parziale

motivo di ricorso incidentale, relativo alla pretesa
nullità delle operazioni del c.t.u. rilevanti ai fini della
quantificazione del dovuto, che dovrà disporsi in sede di
rinvio.
4. In conclusione, riuniti i ricorsi, va accolto il secondo
motivo

del

ricorso

principale,

dovendo

dichiararsi

• inammissibili il primo e il terzo motivo di tale
impugnazione, mentre va rigettato il primo motivo di ricorso
incidentale, con assorbimento degli altri motivi di entrambi
i ricorsi.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rimessione della causa alla
Corte d’appello di Potenza in diversa composizione, perché
si pronunci sulla stessa applicando i principi enunciati in
questa sede e decidendo anche sulle spese del presente
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di
quello principale e dichiara inammissibile il primo e terzo
16

del secondo motivo del ricorso principale, anche l’ultimo

motivo di esso, rigetta il primo motivo dell’incidentale,
con assorbimento dei residui motivi dei due ricorsi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rimette la causa alla Corte d’appello di Potenza in diversa
composizione anche per le spese del presente giudizio di

Così deciso nella camera di consiglio della 1^ sezione
civile della Corte suprema di Cassazione il SkítoAsPre 2013.

cassazione.

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