Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27738 del 31/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2018, (ud. 11/09/2018, dep. 31/10/2018), n.27738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3357-2018 proposto da:

D.C.A.E., F.G., D.C.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE SESSA,

FRANCESCO SESSA;

– ricorrenti –

contro

D.M.C., nella qualità di curatore speciale di

M.K.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

rappresentata e difesa da se medesima;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI CANTU’, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI

MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 49/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

F.G., D.C.G. e D.C.A.E. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 49/2017, depositata il 9 novembre 2017, con la quale la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti della sentenza n. 17/2017, con la quale il Tribunale per i minorenni di Milano aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore M.K.A., figlio di D.C.A.E. e di M.A.;

l’avv. D.M.C., curatore speciale del minore, ha resistito con controricorso;

Considerato che:

con i due motivi di ricorso – denunciando la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, e l'”error in procedendo”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia confermato lo stato di adottabilità del minore M.K.A., sulla base della mera constatazione dell’età avanzata dei nonni e delle dimensioni assai ridotte dell’appartamento del quale gli stessi dispongono, e nel quale vivono, peraltro, anche altri due nipoti con la loro madre;

la statuizione contestata avrebbe, di conseguenza, leso il diritto del minore a crescere e ad essere educato nella propria famiglia di origine, peraltro in assenza di accertamenti peritali richiesti in via istruttoria dai ricorrenti, e sulla base “delle erronee e superficiali valutazioni degli assistenti sociali prima e del Tribunale dei minorenni poi”, del tutto inidonee a fornire un quadro probatorio convincente ed esaustivo;

Diritto

RITENUTO

che:

in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, considerato che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1 il giudice di merito debba operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se necessario, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali (Cass., 27/03/2018, n. 7559);

nell’ipotesi in cui i genitori siano considerati privi della capacità genitoriale, invero, la natura personalissima dei diritti coinvolti e il principio secondo cui l’adozione ultrafamiliare costituisce l'”extrema ratio” imponga di valutare anche le figure vicariali dei parenti più stretti, che abbiano rapporti significativi con il bambino e si siano resi disponibili alla sua cura ed educazione;

tale valutazione richieda che un giudizio negativo su di essi possa essere formulato solo attraverso la considerazione di dati oggettivi, quali le osservazioni dei servizi sociali che hanno monitorato l’ambito familiare, o eventualmente il parere di un consulente tecnico (Cass., 16/02/2018, n. 3915);

sussista la situazione d’abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità, con la conseguenza che è irrilevante la mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri (Cass., 20/02/2018, n. 4097).

Rilevato che:

nel caso di specie, la Corte d’appello – sulla scorta delle dettagliate relazioni dei servizi sociali e del provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni, in relazione agli altri due figli della coppia – ha accertato che la D.C., “ancora ben lontana dalla risoluzione delle sue problematiche di tossicodipendenza” (…), “non può essere una risorsa per il figlio, non offrendo garanzie di recupero della capacità di prendersi cura dello stesso in tempi compatibili con le esigenze evolutive del minore”, che, del resto, significativamente non ha chiesto le fosse affidato;

la Corte ha, dipoi, accertato che il padre di K.A. è per lo più assente, essendo stato anche ripetutamente ristretto in carcere, e che i nonni materni, sebbene “adeguati sotto il profilo dell’accudimento materiale”, non lo sono, invece, per quanto concerne “i bisogni emotivi dei nipoti, non riuscendo, in particolare, a proteggerli dalla confusività e incertezza portata dalle figure genitoriali”, anche per la pervicace negazione dello stato di cronica tossicodipendenza della figlia e per il loro “vissuto persecutorio” nei confronti del servizi sociali;

il giudice di merito ha, infine, accertato la sostanziale inutilità ed improduttività degli interventi di sostegno posti in essere – compreso il ricovero di madre e figlio in un centro di accoglienza – nei confronti della D.C.;

a fronte di tale quadro desolante, emerso da fonti probatorie di sicuro affidamento, i ricorrenti – operando peraltro un riferimento del tutto generico a violazioni di legge e ad errores in procedendo – si sono limitati ad enunciare i principi in materia ed a ribadirne la violazione, anche con riferimento alle omesse indagini peritali, rientranti, per contro, nella scelta discrezionale del giudice di merito.

Ritenuto che:

alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile;

concorrano giusti motivi – tenuto conto della complessità e delicatezza della materia del contendere – per dichiarare interamente compensate le spese del presente grado del giudizio;

dagli atti il processo risulti esente, sicchè non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente grado del giudizio. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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