Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27732 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. I, 03/12/2020, (ud. 21/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11803/2019 proposto da:

L.N., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato ELENA BENVEGNU’, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MASSIMO BIOLO, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA n. 921/2019,

depositata in data 11.3.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21.10.2020 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L.N. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Venezia aveva respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 3.8.2017 dal Tribunale di Venezia in rigetto del ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria;

il Ministero dell’Interno resiste con controricorso;

il ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere la Corte territoriale, dinanzi all’allegazione da parte del richiedente il rifugio politico ovvero la protezione sussidiaria di fatti rappresentativi del rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani nel Paese d’origine (Senegal, regione di Casamance), omesso, in presenza di incongruenze solo su aspetti di dettaglio delle informazioni rese, di attivare i poteri-doveri di collaborazione istruttoria, fondando i rilievi di non credibilità, sostanzialmente, su di un dedotto deficit probatorio;

1.2. con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, commi 1 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza di un pericolo concreto per il ricorrente di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in conseguenza della possibilità di essere arrestato a seguito del sinistro in cui erano rimaste uccise due persone, anche tenuto conto della situazione di instabilità politica del Paese d’origine con la presenza di un conflitto armato interno ed indiscriminata;

1.3. con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente in merito all’affermata insussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

1.4. i motivi, che in quanto connessi vanno trattati unitariamente, sono inammissibili;

1.5. nella pronuncia impugnata il difetto di credibilità viene fondato su due rilievi, il primo riguarda la genericità del racconto circa l’incursione di banditi responsabili dell’uccisione del padre del ricorrente e del suo ferimento e circa il sinistro stradale, dallo stesso provocato, in cui sarebbero rimaste uccise due persone, che lo avrebbe indotto alla fuga per timore della vendetta dei parenti degli uccisi, senza poter ricevere tutela da parte delle Autorità, il secondo la mancanza di riscontri probatori circa l’esistenza di un processo a suo carico, che lo esporrebbe ad arresto, in mancanza di allegazioni sul punto da parte del richiedente;

1.3. secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata;

1.4. l’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (cfr. Cass. n. 21142/2019) e la suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito;

1.5. nel caso di specie, la Corte territoriale ha vagliato la credibilità del racconto del ricorrente, che ha analiticamente considerato, nel rispetto dei principi di diritto suesposti e, contrariamente a quanto affermato dal richiedente, ha evidenziato motivi di implausibilità e di contraddizioni, come dianzi riassunto;

1.6. inoltre, richiamando specifiche fonti internazionali, alle pagg. 8, 9 e 10 del provvedimento impugnato, ha escluso l’esistenza di situazioni di guerra civile nell’area di Casamance, dove sussiste, piuttosto, una situazione di tregua tra le forze statali e quelle indipendenti, con la ricerca di una soluzione diplomatica tuttora in atto;

1.7. è stato pertanto escluso che la zona di provenienza dell’immigrato (Casamance) risultasse interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), non potendo rilevare gli episodi di matrice terroristica, talora verificatisi nella zona di provenienza, atteso che tali atti – mirati ad obiettivi determinati – non valgono ad integrare, per la loro episodicità, quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c));

1.8. una volta esclusa dai Giudici di merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede e con motivazione idonea ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (Cass. 20 giugno 2018, n. 16275), poichè non vi è ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo;

1.9. un’indagine nel senso indicato si manifesta inutile proprio in quanto il rischio prospettato dall’istante, siccome riferito a fatti non dimostrati, difetterebbe comunque di concretezza e non potrebbe mai presentare il richiesto grado di personalizzazione (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1510);

1.10. è opportuno, inoltre, evidenziare che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo te stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass., 12 giugno 2019, n. 15794);

1.11. non si può, quindi, dire omessa alcuna attività da parte del giudice di merito;

2.1. con il quarto motivo il ricorrente lamenta nullità della sentenza per motivazione apparente nonchè la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma 3 bis, in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità;

2.2. la censura va parimenti disattesa;

2.3. in primo luogo va ribadito che la valutazione di scarsa attendibilità della narrazione si ripercuote anche sui presupposti per la protezione umanitaria, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente: solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (cfr. Cass. 4455/2018; in termini Cass. n. 13949/2020 in motiv.);

2.4. la Corte ha inoltre effettuato la necessaria valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, escludendo, con apprezzamento adeguato, che, in assenza di una concreta situazione di fragilità, il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, dovendo altresì ribadirsi che l’inserimento sociale nel Paese, peraltro limitato allo svolgimento di attività lavorativa come “apprendista” in attività di ristorazione, non è, però, da solo sufficiente per giustificare il rilascio del permesso umanitario, essendo necessaria un’effettiva valutazione comparativa della situazione oggettiva del Paese d’origine e soggettiva del richiedente, alla luce delle peculiarità della vicenda personale;

2.5. i Giudici di merito, dopo aver premesso che l’esistenza, nel paese di origine del richiedente protezione, di ragioni di povertà ed insicurezza sociale deve avvenire, nella valutazione della protezione umanitaria, con specifico riferimento alla singolarità della posizione del primo previa valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare dello stesso, hanno quindi escluso l’esistenza dei presupposti applicativi della misura scrutinando debitamente la posizione del ricorrente nel paese di origine e quella raggiunta in Italia nell’osservanza dei principi affermati da questa Corte (sulla comparazione delle situazioni: Cass. 4455/2018 che ha trovato conferma, da ultimo, in Cass. SU n. 29459 del 13/11/2019; sul carattere individuale dell’apprezzamento, tra le altre: Cass. n. 9304 del 03/04/2019);

3. il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dell’interno, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dell’Interno, liquidate in misura pari ad Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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