Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27724 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27724 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 10885-2015 proposto da:
SIMONETTI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI
TASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE
IMPHUO,
– ricorrente –

Con tro
SOGET SPA, COMUNE MARTINA FRANCA;
– intimati avverso la sentenza n. 2643/2014 del TRIBUNALE di TARANTO,
depositata il 15/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. MILENA
FALASCHI.

SS

Data pubblicazione: 21/11/2017

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Giuseppe Simonetti proponeva

opposizione avverso un’ingiunzione di

pagamento relativa a sanzioni amministrative comminategli per violazioni del
codice della strada, chiedendone l’annullamento e il Giudice di pace di

Taranto, nella resistenza del solo agente di riscossione, la rigettava.

Taranto respingeva il gravame e per l’effetto confermava la pronuncia di
primo grado.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Simonetti Giuseppe sulla
base di sei motivi.
La SO.G.E.T. s.p.a. ed il Comune di Martina Franca, ritualmente intimati, non
hanno svolto attività difensiva.
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),
c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del
ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:
il primo motivo di ricorso (col quale è dedotta la violazione degli artt. 2 e 3
r.d. n. 639/1910, per aver il Tribunale ritenuto che nell’ambito di un giudizio
di opposizione ad ingiunzione fiscale sia l’opponente, anzichè l’ente
impositore o il concessionario, a dover provare l’inesistenza o l’illegittimità del

credito ingiunto) è inammissibile prima che infondato, in quanto la censura
difetta di decisività.
L’interesse ad impugnare con ricorso per Cassazione discende dalla possibilità
di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata,
dicata in
un risultato pratico favorevole e, a tal fine, è necessario che sia indicata
maniera adeguata la situazione di fatto della quale si chiede una determinata
valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice del merito,
Ric. 2015 n. 10885 sez. M2 – ud. 19-05-2017
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In virtù di rituale impugnazione interposta dal Simonetti, il Tribunale di

asseritamente erronea (Cass. n. 13953 del 2002; conformi, Cass. n. 12577 del
2004; Cass. n. 19138 del 2004 e Cass. n. 18506 del 2006).
Nella specie, deve ritenersi adeguata ed esente da vizi logico-giuridici la
motivazione del giudice del gravame, secondo cui l’unica doglianza formulata
in sede di opposizione atteneva alla dedotta carenza di legittimazione a

inammissibilità dello strumento ingiuntivo adottato “non sostituibile alla
formazione dei ruoli, ed alla mancanza di prova circa l’affidamento

dell’incarico all’ente medesimo da parte del Comune di Martina Franca”,
deduzione che non trovava conforto nella legge, né nell’interpretazione

giurisprudenziale sul tema (v. pag. 3 della sentenza impugnata). Per contro, la
censura di attribuzione all’opponente di un onere probatorio circa l’inesistenza
del credito ingiunto non previsto dalla legge, non solo è del tutto generica, ma
soprattutto investe un dato di fatto non decisivo, in quanto ad ogni modo
l’opponente, odierno ricorrente, non ha contestato l’esistenza del credito per

le sanzioni amministrative comminate dal Comune con quattro verbali, non
avendo negato l’avvenuta rimale notificazione dei predetti e solo nella

comparsa conclusionale depositata nel giudizio di appello fa cenno alla
pendenza dinanzi alla Corte di Cassazione di ricorso di opposizione avverso i
medesimi, peraltro neanche documentata.
Inoltre, il rilievo formulato avverso la valutazione di assenza di contestazione
circa l’esistenza dell’avverso credito operata dal Tribunale (cfr. sempre pag. 3
della sentenza), da ultimo, oltre che generico, viola il principio di
autosufficienza, non essendo accompagnato dalla trascrizione, almeno nei suoi
passaggi salienti, dell’atto di appello;

il secondo motivo di ricorso (col quale è dedotta la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere il Tribunale disatteso la sua eccezione

di carenza di legittimazione della So.g.e.t. s.p.a. ad emettere ingiunzione fiscale
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procedere ad esecuzione forzata da parte dell’ente di riscossione, oltre alla

per conto del Comune di Martina Franca, nonostante la mancanza di prove
attestanti

l’affidamento del relativo incarico e l’avvenuta espressa

contestazione della conformità all’originale della documentazione attestante
l’iscrizione all’albo nazionale degli agenti della riscossione, peraltro avvenuta

solo in secondo grado) è parimenti inammissibile.

alcuna violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio, avendo

accertato che il Comune, ente creditore di sanzioni amministrative non
riscosse, aveva legittimamente affidato al concessionario l’incarico di
procedere alla riscossione coattiva, il quale si era altrettanto legittimamente
avvalso della ingiunzione prevista dal RD. n. 639 del 1910 (v. pag. 4 della
decisione).
Quanto all’attestazione ministeriale di iscrizione all’albo nazionale degli agenti
di riscossione, il ricorrente, da un lato, non ha contrastato documentalmente la
deduzione (contenuta a pag. 5 della sentenza impugnata) del Tribunale
secondo cui la relativa produzione sarebbe avvenuta già in primo grado (e,
d’altra parte, in siffatta evenienza la norma violata sarebbe stata, semmai, l’art.
345 c.p.c.) e, dall’altro, omettendo, per difetto di specificità del motivo, di
trascrivere il verbale o l’atto processuale con il quale ne ha contestato la
conformità all’originale, ha precluso a questa Corte la possibilità di valutare se

la contestazione fosse stata di mero stile (come affermato dal Tribunale) o
chiara e circostanziata. Infatti l’esame diretto degli atti che la corte è chiamata
a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la
parte abbia specificamente indicato ed allegato, mentre nella specie nulla viene
dedotto al riguardo;

il terzo motivo (col quale è denunciata l’omessa motivazione in
violazione degli artt. 111, co. 6, Cost., 132, co. 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att.
c.p.c., per non aver il Tribunale motivato il rigetto della sua doglianza
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In assenza di censure sul piano motivazionale, il Tribunale non è incorso in

concernente la carenza in capo alla Soget s.p.a. di legittimazione a procedere
ad esecuzione mediante ingiunzione fiscale, nonostante la mancanza di una
prova in ordine alla delega o all’affidamento dell’incarico) è manifestamente

infondato.
Infatti non si è al cospetto di una “mancanza assoluta della motivazione sotto

apparente”, le uniche figure che

in quanto manifestazione di violazione di

legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della
motivazione — circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di
legittimità dopo la riforma dell’art. 360 cod. proc. civ. operata dall’art. 54 del

d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (Cass. Sez. Un.
n. 8053 del 2014), avendo il Tribunale rigettato l’eccezione di difetto di

legittimazione a procedere in via esecutiva alla riscossione alla luce del RD. n.
639 del 1910 e prima ancora dell’art. 36, comma 2 lett. a) del d.l. n. 248 del

2007, conv. in legge n. 31 del 2008, che ha generalizzato le modalità di
riscossione mediante ruolo del D.P.R n. 43 del 1988, (come da motivazione
riprodotta a pagina 4 della sentenza);

il quarto motivo (col quale è dedotta la violazione degli artt. 345, co. 3.
e 112 c.p.c., per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi sull’eccezione di

tardività della documentazione prodotta dalla controparte solo in appello) è
inammissibile, in quanto non tiene conto delle argomentazioni del giudice del
gravame.
Infatti a pagina 5 della sentenza viene espressamente affermata la circostanza
circa la produzione “in primo grado”, da parte dell’ente concessionario, di
“idonea documentazione attestante la propria iscrizione all’albo dei soggetti
abilitati, tra l’altro, ad attività di riscossione dei tributi e di altre entrate delle
province e dei comuni”, per cui il ricorrente avrebbe dovuto documentare,

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l’aspetto materiale e grafico” o, quanto meno, di una “motivazione

anche attraverso la trascrizione del verbale o dell’atto con il quale siffatta

produzione era avvenuta, la sua diversa asserzione.
In ogni caso, non sussiste alcuna omissione di pronuncia, avendo il Tribunale
evidenziato che la contestazione circa la non conformità delle fotocopie

il quinto motivo (col quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art.
2719 c.c., per non aver il Tribunale considerato che la produzione

documentale era stata da lui prontamente ed espressamente disconosciuta
quanto alla conformità all’originale) è inammissibile, in quanto non attinge la

ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, che si sostanzia nell’aver
ritenuto inefficace l’operato disconoscimento, in quanto avvenuto con mera

clausola di stile;

infine il sesto motivo (col quale si deduce la violazione dell’art. 112
c.p.c., per non essersi il Tribunale pronunciato sulla eccepita mancanza di
firma dell’ingiunzione fiscale da parte del responsabile del procedimento
impositivo e del funzionario responsabile del procedimento di riscossione) è
privo di pregio.
Ammesso anche che, nella fattispecie, in prime cure fosse stata sollevata dal
Simonetti Martinelli una problematica relativa alla mancanza di firma
dell’ingiunzione fiscale, va rilevato che di tale profilo non si è occupato

minimamente il giudice del gravame. Dal che consegue che, in sede di appello,
l’opponente avrebbe dovuto riproporre espressamente la medesima, in modo
chiaro e preciso, sì da manifestare in forma non equivoca la volontà di
chiederne il riesame al giudice superiore, al fine di evitare la presunzione di
rinunzia sancito dall’art. 346 c. p. c.. Invece, su tale punto, certamente
fondamentale, il ricorrente non ha precisato nel ricorso, come avrebbe dovuto
in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, in quale parte del giudizio
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all’originale era inefficace, siccome generica (cfr. pag. 5 della sentenza);

di appello la problematica in questione sarebbe stata sollevata. Pertanto, anche
sotto questo profilo, il motivo in esame deve ritenersi inammissibile.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese processuali non avendo gli

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha
aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI 2” Sezione Civile, il 19

maggio 2017.
rE9 3,71175,TO :N CANC:219NA

intimati svolto attività difensiva in sede di legittimità.

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