Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27723 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 29/10/2019), n.27723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13990/2015 proposto da:

B.G., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

RAFFAELE BONINFANTE;

– ricorrente –

contro

FINAGRICOLA SOC. COOP A.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO DI GIACOMO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 188/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 26/02/2015 R.G.N. 2022/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta con il ricorso introduttivo del giudizio da B.G. nei confronti della Finagricola Soc. Coop. a r.l. con cui, deducendo di aver lavorato per la predetta società con plurimi e successivi contratti a tempo determinato, inquadrato come bracciante agricolo pur svolgendo mansioni di autista addetto al trasporto di prodotti, aveva chiesto, previo accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro per i periodi indicati, la condanna al pagamento a titolo di differenze retributive di Euro 65.165,23;

2. la Corte di Appello ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova di un unico e continuativo rapporto a tempo indeterminato tra le parti, in luogo dei plurimi contratti a termine stipulati tra le medesime, che avevano anche dato luogo all’erogazione dell’indennità di disoccupazione nei periodi non lavorati; ha negato altresì che il B. avesse diritto al pagamento di somme per lo svolgimento di mansioni superiori di autista, anche in questo caso per difetto di prova;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso B.G. con 3 motivi, cui ha resistito la società cooperativa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 434 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012 e art. 112 c.p.c. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la società proposto un appello “difforme rispetto ai canoni imposti dal citato articolo” che “avrebbe richiesto l’individuazione sufficientemente puntuale delle parti della sentenza di primo grado oggetto di censura, seguita dalla soluzione alternativa che si intendeva proporre con l’impugnazione medesima”;

2. il motivo è inammissibilmente formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), avendo parte ricorrente omesso di indicare specificamente i contenuti degli atti processuali rilevanti – nella specie l’appello della controparte oltre la sentenza di primo grado – su cui fonda la doglianza: omette infatti di riportarne qualsivoglia contenuto, impedendo così, in mancanza della descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione; nè può soccorrere la qualificazione giuridica del vizio lamentato come error in procedendo, in quanto le Sezioni unite della Cassazione hanno statuito che, nei casi di vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, il giudice di legittimità “è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)” (Cass. SS. UU. n. 8077 del 2012); precisamente l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone che la parte riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio del “fatto processuale”, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (Cass., n. 19410 del 2015; cfr. Cass. n. 9734 del 2004; Cass. n. 6225 del 2005; in tema di specificità dell’appello v. Cass. n. 22880 del 2017; Cass. n. 3194 del 2019);

quanto alla mera enunciazione in rubrica della violazione dell’art. 112 c.p.c., è appena il caso di rilevare che il mancato esame, da parte del giudice di merito, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (per tutte v. Cass. n. 22592 del 2015 con la giurisprudenza ivi richiamata; più di recente, Cass. ord. n. 321 del 2016; conf. Cass. n. 25154 del 2018); pertanto la sentenza che si assume avere erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. n. 1701 del 2009) e nella specie comunque la pronuncia c’è stata avendo la Corte territoriale esplicitamente ritenuto “l’appello ammissibilmente proposto”;

3. con il secondo motivo si denuncia: “violazione e falsa applicazione della contrattazione collettiva e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio: la trasformazione del contratto in tempo indeterminato”, per erronea esclusione, in contrasto con risultanze istruttorie, della sussistenza di un rapporto di lavoro continuativo a tempo indeterminato in luogo dei plurimi a tempo determinato; con il terzo mezzo si denuncia: “violazione e falsa applicazione della contrattazione collettiva e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio: mansioni di autista”, per erronea esclusione, in contrasto con risultanze istruttorie, dello svolgimento in fatto di mansioni superiori da parte del B.;

4. i motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto presentano i medesimi plurimi profili di inammissibilità;

innanzitutto lamentano vizi di motivazione secondo una formulazione risalente ad un periodo precedente a quello in cui è entrato in vigore il novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., cui la sentenza impugnata è assoggettato, travalicando i limiti imposti ad ogni accertamento di fatto dalla nuova disposizione come interpretata da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici) di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, invocando una inammissibile rivalutazione del giudizio affidato al sovrano apprezzamento del giudice di merito, anche attraverso il riferimento alle acquisizioni istruttorie;

inoltre vi è inammissibilità stante l’inconfigurabilità di una violazione di norme di diritto per insussistenza di una adeguata doglianza circa la correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva delle norme o di erronea sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell’ipotesi normativa ovvero per mancata specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. n. 12984 del 2006; Cass. n. 3010 del 2010; Cass. n. 16038 del 2013); in particolare, in riferimento all’art. 115 c.p.c., ricorrente solo in presenza di un errore di percezione, che cada sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, in contrasto con il divieto di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (Cass. n. 9356 del 2017); nè sussistendo nella specie violazione dell’art. 116 c.p.c., idonea ad integrare vizio di error in procedendo, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero all’opposto valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. n. 11892 del 2016); nè, tanto meno, ricorrendo violazione dell’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018);

5. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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