Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27723 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27723 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 8261-2015 proposto da:
POLILLO ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARCELLO ACRI;
– ricorrente Contro

AQUINO EMILIO, AQUINO ISABELLA, AQUINO ANGELO,
AQUINO RAFFAELE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DOMENICO MILLELIRE 47, presso lo studio dell’avvocato
RAFFAELE GUARNA ASSANTI, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 118/2014 della CORTE D’APPELLO di
CA/A_N2 ARO, depositata il 23/01/2014z

Data pubblicazione: 21/11/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del

20/ 04/ 2017

dal Consigliere Dott. MILENA

FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

evocavano, dinanzi al tribunale di Cosenza, Polillo Angelo, chiedendo che
venisse accertato il loro diritto ad accedere dalla parte del fabbricato di
esclusiva proprietà del convenuto al fine di operare i necessari interventi
manutentivi di alcune opere fatiscenti, nonché ad ottenere la condanna al
rimborso pro quota delle spese occorse per il ripristino della copertura del
fabbricato.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che eccepiva
l’inammissibilità della domanda per indeterminatezza della causa petendi, il

giudice adito accoglieva la domanda attorea.
In virtù di rituale impugnazione interposta da Polillo Angelo Mario, la Corte
di Appello di Catanzaro, nella resistenza degli appellati, confermava la
pronuncia di primo grado.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro ricorre
Polillo Angelo sulla base di due motivi, cui resistono con controricorso gli
Aquino.
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),
c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente notificata ai difensori delle parti,
il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Atteso che:

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Aquino Isabella, Aquino Emilio, Aquino Raffaele ed Aquino Angelo

va pregiudizialmente disattesa l’eccezione dei resistenti di inammissibilità del
ricorso, perché, a loro dire, notificato oltre il termine previsto dall’art. 327
c.p.c..
In tema di notificazione degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto,
da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per

tempestivo, tentativo di notifica del ricorso non è andato a buon fine solo
perché — cfr. la relata di notifica — l’ufficiale giudiziario non ha rinvenuto, per
sua evidente negligenza, alcun Avv. Muraca presso il domicilio eletto), questi
ha la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del
procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente
notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento,
sempreché il notificante fornisca la prova che il mancato perfezionamento
della prima notifica non gli sia addebitabile (nel caso di specie, questa prova
risulta ex actis, atteso che il nuovo tentativo di notifica è andato a buon fine
presso il medesimo domicilio) ed attivi un nuovo procedimento entro un
termine ragionevolmente contenuto (nel caso di specie, dopo solo sette
giorni), tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per
conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni
ulteriori (di recente, Cass. n. 19060 del 2015).

il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e/o la falsa
applicazione dell’art. 163 c.p.c., per avere la Corte di appello rigettato
l’eccezione di nullità dell’atto di citazione e/0 di inammissibilità della
domanda per genericità ed indeterminatezza della causa petendi, nonostante
nell’atto introduttivo del giudizio non vi fosse alcun riferimento alla sua
presunta responsabilità) è inammissibile, prima che infondato.
A composizione d’insorto contrasto, con sentenza n. 8077 del 2012, le Sezioni
Unite di questa Corte si sono pronunciate su questione (di cui è stata anche
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circostanze non imputabili al richiedente (nel caso di specie, il primo,

sottolineata la riproponibilità in una molteplicità di casi, accomunati dalla
natura processuale del vizio denunciato dal ricorrente e dalla sua
interdipendenza con l’interpretazione da dare ad una domanda o ad
un’eccezione di parte) che è rilevante in questo giudizio, essendo stati nella
pronuncia preliminarmente definiti i limiti dell’indagine che il giudice di

nel caso in esame, attengono alla corretta applicazione di norme da cui è
disciplinato il processo che ha condotto alla decisione del giudice di merito,
ma, al tempo stesso, comportano anche la verifica del modo in cui uno o più
atti di quel processo sono stati intesi e motivatamente valutati da parte dello
stesso giudice di merito.
Sul comune tema generale, le Sezioni Unite hanno conclusivamente affermato
il principio di diritto secondo cui il giudice di legittimità non deve limitare la
propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con
cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di
esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda,
purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole
fissate al riguardo dal codice di rito. Si è anche affermato l’ulteriore principio
di diritto, estensibile pur’esso nei limiti di compatibilità a diversi casi quale
quello in discussione inerente alla declaratoria d’inammissibilità dell’appello
per difetto di specificità, che “La nullità della citazione, ai sensi dell’art. 164
c.p.c., comma 4, può essere dichiarata soltanto allorché l’incertezza investa
l’intero contenuto dell’atto, mentre, allorché sia possibile individuare uno o più
domande sufficientemente identificate nei loro elementi essenziali, l’eventuale
difetto di determinazione di altre domande, malamente formulate nel
medesimo atto, comporta l’improponibilità solo di quelle, e non anche la
nullità della citazione nella sua interezza”.
Alla luce dei suddetti principi ed esaminati anche gli atti, deve concludersi per
la infondatezza del motivo, giacchè è evidente che il giudizio è stato instaurato
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legittimità è chiamato a compiere in presenza della denuncia di vizi che, come

dagli Aquino per ottenere il rimborso della quota che grava sul Polillo per gli
esborsi dagli stessi sostenuti per la riparazione del tetto di copertura del
fabbricato comune, per esserne egli comproprietario, come sottolineato dalla
corte distrettuale e non contestato dal ricorrente, a nulla rilevando la
circostanza dedotta di non avere precisato il tipo di responsabilità posto a

il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e/o la
falsa applicazione degli artt. 1110 e 1134 c.c., nonché l’omesso esame circa un

fatto decisivo per il giudizio, per aver la Corte di appello omesso di valutare, a
suo dire, la “prova documentale” offerta, dalla quale avrebbe desunto la sua
volontà di eseguire un intervento di ristrutturazione dell’intero fabbricato, e

per aver applicato gli artt. 1110 e 1134 c.c., nonostante difettassero,
rispettivamente, il suo comportamento omissivo e l’urgenza degli interventi) è
parimenti inammissibile.
Per il principio di specificità del motivo di ricorso, è necessario che nello
stesso siano indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto che
consentano di controllare l’esistenza, del denunciato vizio senza che il giudice
di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti (cfr Cass. 4 settembre 2008
n. 22303). Il requisito dell’art. 366, n. 6, c.p.c., per essere assolto, postula che
sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato dal
ricorso, risulta prodotto, poiché indicare un documento significa
necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo,
dire dove nel processo è rintracciabile.
Ed invero, poiché la causa di inammissibilità prevista dal nuovo art. 366, n. 6,
c.p.c., è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si
deve esprimere in una indicazione contenutistica del ricorso medesimo (si
veda, in termini, Cass. Sez. Un. n. 23019 del 2007), allorché il requisito della
“specifica indicazione” riguardi un documento, è necessario che si individui
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fondamento della domanda, se dovuto o meno a comportamenti omissivi;

dove e quando esso è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in
funzione di quanto dispone l’art. 369, co. 2, n. 4, c.p.c., il quale prevede un
ulteriore requisito di procedibilità disponendo che unitamente al ricorso
devono essere depositati in sede di legittimità i documenti sui quali il ricorso si
fonda.

doglianze sulla non corretta valutazione di un atto o documento da parte dei
giudici di merito, ha in realtà il duplice onere — impostogli dall’art. 366, co. 1,
n. 6 e dall’art. 369, co. 2, n. 4, c.p.c. — di produrlo agli atti e di indicarne il
contenuto. E tale onere è adempiuto, per un verso, mediante la esatta
indicazione nel ricorso in quale parte del fascicolo di esso ricorrente si trovi il
documento in questione e con la specificazione di dove e quando esso sia
stato prodotto; per altro verso, mediante la trascrizione nel ricorso del
contenuto del documento, o quanto meno degli specifici capi del documento
cui si riferiscono le censure proposte.
Di converso il ricorrente non indica in quale fase e con quale atto processuale
le questioni della mancanza dell’inerzia e dell’urgenza delle opere, di cui non vi
è cenno nella sentenza impugnata, fossero state sollevate nel giudizio di

merito.
Nella sostanza — profili relativi al merito della valutazione delle prove, che
sono insindacabili in sede di legittimità, quando — come nel caso di specie —
risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le
ragioni che giustificano la loro decisione (richiamando, tra l’altro, le

deposizioni testimoniali, la documentazione fotografica e la c.t.u. espletata),
sicché deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto
l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, figure —

queste — che

circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la
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Deve pertanto ritenersi che il ricorrente per cassazione, il quale fondi le sue

riforma dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. operata dall’art. 54 del

d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (Cass. Sez. Un.
n. 8053 del 2014).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha
aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di
legittimità che liquida in complessivi €. 2.500,00, di cui €. 200,00 per esborsi,
oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2^ Sezione Civile, il 20
aprile 2017.

Ric. 2015 n. 08261 sez. M2 – ud. 20-04-2017
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Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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