Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27722 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27722 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 6149-2015 proposto da:
MANNARINO ORNELLA, MANNARINO GRAZIELLA,
MANNARINO GIANCARLO, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TANGORRA 12, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
CATRICALA’, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO UGO
ARCUIU;
– ricorrenti contro

TRAPUZZANO GREGORIO, TRAPUZZANO CONCETTA, quali
eredi legittimi di Trapuzzano Francesco e Mannarino Savería,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIROLAMO NISIO 57,
presso lo studio dell’avvocato CEDRIC SANIARUGHL rappresentati
e difesi dall’avvocato MARIA GRECA ORSINI;
– controricorrenti –

Data pubblicazione: 21/11/2017

nonchè contro

ABAlE ANTONIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1243/2014 della COME D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Francesco Trapuzzano evocava, dinanzi al tribunale di Lamezia Terme,
Vincenzo Mannarino chiedendone la condanna al rilascio di una casa di
abitazione e di un terreno adiacente che assumeva avergli concesso in
comodato, oltre al risarcimento del danno.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che spiegava
domanda riconvenzionale per ottenere il riconoscimento dell’acquisto della
proprietà sui beni per usucapione o, in subordine, la condanna dell’attore al

rimborso del costo dei miglioramenti apportati al fondo, il giudice adito
rigettava le domande attoree ed accoglieva quella riconvenzionale di
usucapione.
In virtù di rituale appello interposto dagli eredi del Trapuzzano, la Corte di
Appello di Catanzaro, nella resistenza degli appellati, riformava la pronuncia di
primo grado, dichiarando che la casa di abitazione era di proprietà dei
Trapuzzano, condannando gli eredi del Mannarino a rilasciarla, dichiarata
improponibile la domanda di risarcimento del danno proposta dagli appellanti,
rigettata quella riconvenzionale del Mannarino.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro ricorrono i
Mannarino sulla base di tre motivi, cui resistono con controricorso i
Trapuzzano.
Ric. 2015 n. 06149 sez. M2 – ud. 20-04-2017
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CATANZARO, depositata il 02/09/2014;

Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),
c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente notificato ai difensori delle parti,

Atteso che:
il primo motivo di ricorso (col quale è dedotta la violazione o la falsa
applicazione degli artt. 1140, 1141 e 1158 c.c., per non aver la Corte di appello
considerato che non si era al cospetto di una vendita o di una donazione, ma
di un acquisto di proprietà per usucapione, e che la realizzazione, da parte del
possessore, di una costruzione sul fondo era indicativa dell’animus sibi

habendi) è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi posta a
fondamento della pronuncia impugnata, consistente nell’escludere l’originaria
presunzione di possesso, ai sensi dell’art. 1141, co. 1, c.c., in capo al
Mannarino, per essere la sua relazione con il bene iniziata — anche a voler
prescindere dalla qualificazione del rapporto come comodato — per volontà
del Trapuzzano, e non per autonoma condotta del preteso possessore, ragione
per la quale è stata ritenuta non provata la in• terversione del possesso, ai sensi
del secondo comma della citata norma. Inoltre, il giudice del gravame ha
reputato, in ogni caso, non dimostrata la durata ventennale del possesso prima
della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del primo grado di

giudizio ed anche detta argomentazione non ha formato oggetto di critica;

il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione dell’art.
116 c.p.c., nonché la insufficiente motivazione in ordine alla valutazione delle
prove e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per aver la

Corte di appello erroneamente valutato, quanto al momento iniziale della
interversio possessionis, le risultanze delle prove testimoniali e per non aver
Ric. 2015 n. 06149 sez. M2 – ud. 20-04-2017
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il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

preso in considerazione la domanda subordinata di riconoscimento del diritto
al rimborso per i miglioramenti apportati al fondo) è parimenti inammissibile
sotto una pluralità di profili.
Ove si deduca che il giudice ha fatto cattivo esercizio del proprio prudente
apprezzamento della prova, la censura è consentita esclusivamente ai sensi

sotto il profilo della violazione di legge ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
(Cass. n. 13960 del 2014; Cass. n. 26965 del 2007).
Per completezza si osserva che i ricorrenti hanno, in ogni caso, omesso, in
violazione del principio di specificità, di trascrivere il contenuto delle
deposizioni testimoniali.
Inoltre le censure non tengono conto che la ratio decidendi della sentenza si
fonda sulla mancata riproposizione (evidentemente ai sensi dell’art. 346 c.p.c.)

della domanda in oggetto nel giudizio d’appello, argomentazione che non è
anima da alcuna critica;

il terzo motivo (col quale è dedotta la violazione degli artt. 116 c.p.c. e
1141 e 2697 c.c., nonché la erronea valutazione della prova e la erronea
applicazione dell’onere della prova, per non aver la Corte di Appello
considerato che non vi era prova del comodato e che il solo rapporto di
parentela non avrebbe potuto condurre ad atti di tolleranza) appare
inammissibile, oltre ad essere manifestamente infondato.
In primo luogo, non attinge la ratio decidendi posta a fondamento della
pronuncia impugnata, che — come già esposto con riferimento alla prima
censura – si sostanzia nell’escludere l’interversione del possesso.
Inoltre, la corte territoriale non è incorsa in alcuna violazione del principio di
ripartizione dell’onere probatorio, atteso che è colui che propone domanda

riconvenzionale di usucapione a dovere fornire la dimostrazione dei
presupposti della stessa.
Ric. 2015 n. 06149 sez. M2 – ud. 20-04-2017
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dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., mentre nella specie è stata prospettata

In altri termini, la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare il “fatto storico” il
cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso
risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di
discussione processuale tra le parti nonché la sua “decisività”, fermo restando
che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di

sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza
non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. Un. n. 8053
del 2014.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha
aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di
legittimità che liquida in complessivi €. 4.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi,
oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
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omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa,

presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della \T1 2^ Sezione Civile, il 20

aprile 2017.

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