Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27718 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. II, 12/10/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 12/10/2021), n.27718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22930/2016 proposto da:

M.P.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato CARLO DORE,

e dall’Avvocato MARCELLO FREDIANI, per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato

MATILDE MURA, per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2016 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI,

depositata il 15/4/2016;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata

del 21/4/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’ing. M.P.G. e l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), in data 25/2/2000, hanno stipulato una convenzione avente ad oggetto la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva per la ristrutturazione della centrale termica del servizio vapore acqua calda sanitaria e per la realizzazione del circuito di alimentazione autonomo di reparti speciali di alimentazione di energia.

Consegnato dapprima il progetto preliminare e poi. In data 30/8/2000, il progetto definitivo, l’azienda ha segnato la necessità di ulteriori approfondimenti.

L’ing. M. ha dato riscontro a tale richiesta consegnando ulteriori allegati di calcolo e di disegno.

In data 19/3/2001, l’Azienda Ospedaliera ha comunicato al professionista di aver deciso, con Delib. 13 marzo 2001, di non approvare il progetto definitivo per carenze degli elaborati progettuali rispetto alla normativa vigente.

L’azienda, infine, il 20/4/2001, chiarendo che le carenze progettuali riscontate riguardavano la difformità alle previsioni di cui agli artt. 26, 31 e 32 del regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994, ha confermato di non approvare il progetto definitivo.

L’ing. M.P.G. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Cagliari, l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) chiedendo la condanna della stessa al pagamento della somma di Euro 19.891,00, a titolo di compenso per la prestazione professionale eseguita in suo favore in base alla menzionata convenzione, vale a dire il progetto definitivo, oltre al risarcimento dei danni.

L’Azienda Ospedaliera, dal suo canto, per quel che ancora rileva, ha eccepito l’inadempimento dell’attore a norma dell’art. 1460 c.c., chiedendo il rigetto della domanda proposta dall’attore.

Il tribunale, espletata una consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 2010, ha rigettato le domande proposte dall’attore, ritenendo fondata l’eccezione d’inadempimento sollevata dall’Azienda convenuta.

L’ing. M.P.G. ha proposto appello avverso tale sentenza.

La corte d’appello, dopo aver disposto “la rinnovazione delle operazioni peritali”, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello.

La corte, in particolare, dopo aver premesso che: – la progettazione, in base alla previsione contrattuale, doveva avvenire nel rispetto della L. n. 109 del 1994, allora vigente, e non del regolamento attuativo, non contemplato dalla convenzione perché entrato in vigore nel mese di luglio del 2000, e cioè dopo la stipula della convenzione e nelle more della progettazione; – il contenuto dell’obbligazione assunta dal progettista doveva essere, pertanto, determinato esclusivamente in base alla sola normativa in vigore al momento della convenzione e, pertanto, della sola L. n. 109 cit. e non anche del suo regolamento di attuazione; – il consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato che “il numero dei disegni prodotti e il loro contenuto poteva considerarsi sufficiente a dare compita descrizione delle principali caratteristiche delle opere impiantistiche da realizzare, in linea con il livello “definitivo” della progettazione e con la definizione di “progetti generali” contenuta nella legge citata…”, rilevando, però, “rispetto ai normali standard di rappresentazione grafica, qualche incompletezza di informazione nel contenuto delle tavole per le caratteristiche di alcuni componenti dell’impianti e per l’immediata lettura”; – il consulente tecnico d’ufficio aveva riscontrato alcune specifiche difformità rispetto alla L. n. 109 cit., e cioè: a) l’assenza di uno specifico elaborato con i calcoli preliminari: “nella relazione specialistica sono riportate le valutazioni preliminari che hanno portato alla definizione delle caratteristiche dimensionali delle principali macchine (potenza termica, produzione di vapore dei nuovi generatori, potenza frigorifera e assorbimento elettrico del gruppo frigorifero”; b) la presenza nel computo metrico estimativo di alcune voci che presentano categorie generali di intervento, “descritte sommariamente e con prezzi a corpo, ciò che è considerato maggiormente afferente ad un livello preliminare di progettazione: le menzionate voci riguardano il quadro elettrico e i collegamenti elettrici, il circuito a vapore per umidificatori UT, le rimozioni e le demolizioni di opere edili, l’allacciamento di linee elettriche, fondazioni e opere murarie in genere”; – il consulente aveva, quindi, conclusivamente affermato che il progetto definitivo dell’attore, considerato nel complesso dei suoi elaborati, individuava, nel rispetto della cit. L. n. 109, art. 16, commi 2 e 4, in modo sufficientemente compiuto i lavori da realizzare ma presentava, rispetto alle prescrizioni sulla tipologia e sul contenuto dei singoli elaborati di progetto che si possono trovare dell’art. 16 cit., comma 4, le specifiche difformità in precedenza indicate, e cioè “l’assenza nelle relazione descrittiva di informazioni sui criteri di scelta e sulle caratteristiche di alcuni componenti e materiali dell’impianto; l’assenza di uno specifico elaborato con i calcoli preliminari; la presenza nel computo metrico estimativo di alcune voci che presentano categorie generali di intervento, descritte sommariamente e con prezzi a corpo”, per le quali, ad eccezione di talune voci, risulta difficile comprendere la giustificazione del prezzo; ha ritenuto che la progettazione dell’ing. M. non poteva essere considerata conforme alla L. n. 109 del 1994 e che tali difformità, riguardando profili del progetto definitivo normativamente essenziali (“mancanza di calcoli preliminari, computo metrico generico, mancanza di informazioni sui criteri di scelta e sulle caratteristiche di alcuni componenti e materiali dell’impianto”), comportavano che la prestazione resa dal predetto integrasse gli estremi dell’inesatto adempimento grave, a fronte del quale il rifiuto di pagamento dell’Azienda Ospedaliera convenuta risultava, in definitiva, giustificato.

La prestazione inesatta eseguita dall’ing. M. determinava, infatti, ha osservato la corte, un’alterazione dell’originario equilibrio sostanziale e funzionale del contratto in quanto non consentiva alla committente di ottenere un progetto definitivo rispondente in tutti gli aspetti essenziali alla previsione della normativa di cui alla L. n. 109 cit., art. 16, comma 4. E il permanere di tali mancanze e incompletezze nonostante gli elaborati modificati trasmessi dall’ing. M., aveva giustificato, ha aggiunto la corte, la reazione della committente la quale, avendo urgenza di ottenere un progetto definitivo conforme alla normativa, non aveva reiterato la richiesta di modifica del progetto incaricando di provvedere alla progettazione un proprio dipendente. Il rifiuto di pagare la somma richiesta per la progettazione definitiva, ha concluso la corte, risulta, pertanto, adeguato all’inadempimento del professionista nonché ragionevole trovando giustificazione nella gravità della prestazione ineseguita, alla quale si correla anche cronologicamente la prestazione rifiutata. Ne’, infine, ha aggiunto la corte, emerge dalla comunicazione del 20/4/2001, nella quale la committente aveva fatto riferimento all’urgenza di provvedere per avere già ottenuto il finanziamento regionale, che tale finanziamento era stato conseguito sulla base del progetto definitivo previsto dall’appellante, “ciò che anzi ragionevolmente è da escludere per non essere stato approvato dall’Azienda Ospedaliera”.

L’ing. M.P.G., con ricorso notificato il 5/10/2016, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.

L’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) ha resistito con controricorso nel quale ha, tra l’altro, chiesto la cancellazione della frase riprodotta a p. 8.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1455 e 1460 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, pur a fronte di una consulenza tecnica d’ufficio che aveva riconosciuto la validità e la sufficienza del progetto predisposto dall’attore, ha ritenuto che lo stesso non poteva essere considerato conforme alla L. n. 109 del 1994 e che la prestazione dallo stesso eseguita integrava, pertanto, gli estremi dell’inesatto adempimento grave a fronte del quale il rifiuto dell’Azienda Ospedaliera di pagare il compenso risultava pienamente giustificato.

1.2. Così facendo, però, ha osservato il ricorrente, la corte d’appello non ha considerato, innanzitutto, che, come ritenuto da consulente tecnico d’ufficio, il progetto predisposto dall’attore “non era tale da concretare alcun grave inadempimento in relazione agli impegni contrattuali assunti nei confronti dell’Azienda (OMISSIS) ma, semplicemente, presentava alcune modeste carenze, per cui doveva, comunque, ritenersi sufficiente”, ed, in secondo luogo, che l’Azienda (OMISSIS), nella lettera del 20/4/2001, aveva dato atto del già avvenuto finanziamento dell’opera da parte della Regione, per cui “e’ evidente che l’urgenza di disporre di un nuovo progetto, lamentata dall’Azienda nella lettera del 4 dicembre 2000, era del tutto pretestuosa e strumentale per giustificare l’estromissione dell’ing. M., onde poterlo sostituire con altro tecnico…”.

1.3. E ciò, ha aggiunto il ricorrente, dimostra, in primo luogo, che il progetto redatto dall’ing. M. era stato utilizzato dall’Azienda che lo aveva presentato alla Regione, la quale lo aveva ritenuto idoneo concedendo il finanziamento della ristrutturazione della centrale termica, ed, inoltre, che, come emerge dalla corrispondenza intercorsa tra l’Azienda e il progettista, mentre il M. aveva sempre risposto tempestivamente alle contestazioni dell’Azienda, dimostrando totale disponibilità a tenerne conto pur non ritenendole fondate, l’Azienda aveva sempre dimostrato totale e ingiustificata intransigenza.

1.4. L’inadempimento del M., pertanto, ha proseguito il ricorrente, nella peggiore delle ipotesi, ha avuto, ai sensi dell’art. 1455 c.c., scarsa importanza, essendo, peraltro, evidente che lo stesso, di fronte alle pretestuose contestazioni dell’Azienda, aveva con ragionevolezza dimostrato ampia disponibilità a far fronte alle pretese carenze del progetto e a modificarlo secondo le esigenze dell’Azienda, la quale, pertanto, con il suo intransigente e ingiustificato rifiuto opposto alle proposte del progettista, ha violato l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, come previsto dall’art. 1460 c.c., comma 3.

1.5. Del resto, ha concluso il ricorrente, l’Azienda, per eliminare le pretese carenze del progetto redatto dal M., ha dovuto affrontare una spesa di Euro 10.000,00, e cioè una somma di gran lunga inferiore rispetto a quella di Euro 32.095,04, oltre IVA, che avrebbe dovuto corrispondere al M. a fronte della sua parcella, il che conferma che le carenze del progetto erano, comunque, di modesta entità e, comunque, non tali da giustificare l’eccezione d’inadempimento opposta dall’Azienda.

1.6. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175,1375 e 1460 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che il comportamento tenuto dall’Azienda nei confronti dell’ing. M., quale emerge dalla corrispondenza intercorsa con lo stesso, ha integrato un’evidente violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono alle parti di un contratto di comportarsi secondo le regole della correttezza e secondo buona fede, avendo, per un verso, irremovibilmente deciso di non approvare il progetto predisposto dall’ing. M. e, per altro verso, evidentemente utilizzato il progetto del M. per ottenere il finanziamento regionale.

1.7. La corte d’appello, del resto, ha aggiunto il ricorrente, ha ritenuto che il progetto del M. non fosse conforme alla L. n. 109 del 1994, respingendo con “poche parole” le inequivocabili e motivate osservazioni svolte al riguardo dal consulente tecnico d’ufficio.

1.8. La corte d’appello, infine, ha concluso il ricorrente, ha del tutto omesso di considerare, innanzitutto, che il progetto dell’ing. M., pur se arbitrariamente criticato dall’Azienda, era stato evidentemente utilizzato dal nuovo progettista tant’e’ che la nuova progettazione era costata solo 10.000 Euro, ed, in secondo luogo, che l’ing. M. non ha ricevuto nemmeno il rimborso delle spese vive da lui sostenute.

1.9. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo che aveva formato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il progetto dell’ing. M. costituiva un inesatto adempimento grave omettendo, tuttavia, di considerare il fatto discusso tra le parti nel corso del giudizio e decisivo, e cioè che, come emerge dalla lettera dell’Azienda in data 20/4/2001, tale progetto era stato utilizzato dall’Azienda, che lo aveva presentato alla Regione quale progetto esecutivo, e che la Regione proprio sulla base dello stesso, e non prima della convenzione con l’ing. M. come sostenuto dall’Azienda, aveva concesso, con Delib. Giunta in data 29 dicembre 2000, il finanziamento dell’opera oggetto della convenzione.

2.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono, in parte, infondati e, per il resto, inammissibili.

2.2. Il ricorrente, in effetti, ha contestato alla sentenza impugnata di aver ritenuto che il suo inadempimento fosse grave e che il rifiuto opposto dall’Azienda Ospedaliera in ordine al pagamento del compenso fosse, pertanto, pienamente giustificato, laddove, in realtà, il progetto da lui predisposto, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, “non era tale da concretare alcun grave inadempimento in relazione agli impegni contrattuali assunti nei confronti dell’Azienda (OMISSIS) ma, semplicemente, presentava alcune modeste carenze, per cui doveva, comunque, ritenersi sufficiente”. Il ricorrente, però, così facendo, non tiene conto del fatto che l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., opera su un piano diverso dal criterio dell’importanza dell’inadempimento di cui all’art. 1455 c.c., rilevante ai fini della risoluzione posto che mentre l’art. 1460 c.c., involge una valutazione di confronto fra i due inadempimenti mentre l’art. 1455 c.c., implica la considerazione dell’oggettiva valutazione del singolo inadempimento, il quale viene apprezzato non comparativamente alla condotta dell’altra parte bensì, com’e’ accaduto nel caso in esame, nel suo significato oggettivo di impedimento alla realizzazione del sinallagma (Cass. n. 1690 del 2006; Cass. n. 26334 del 2019). La corte d’appello, infatti, facendosi carico di tale accertamento, ha ritenuto che le inesattezze della prestazione eseguita dall’ing. M., così come accertate dal consulente tecnico d’ufficio (e cioè “l’assenza nelle relazione descrittiva di informazioni sui criteri di scelta e sulle caratteristiche di alcuni componenti e materiali dell’impianto; l’assenza di uno specifico elaborato con i calcoli preliminari; la presenza nel computo metrico estimativo di alcune voci che presentano categorie generali di intervento, descritte sommariamente e con prezzi a corpo”, per le quali, ad eccezione di talune voci, risultava difficile comprendere la giustificazione del prezzo), non avendo consentito alla committente di ottenere un progetto definitivo che rispondesse in tutti gli aspetti essenziali alla normativa di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 16, comma 4, cui il contenuto dell’obbligazione assunta dal progettista doveva essere incontestatamente parametrata, avevano determinato l’alterazione dell’originario equilibrio sostanziale e funzionale del contratto stipulato dallo stesso con l’Azienda Ospedaliera.

2.3. La corte d’appello, d’altra parte, ha ritenuto che il rifiuto opposto dall’Azienda Ospedaliera di pagare la somma richiesta per la progettazione definitiva risultava non solo adeguato all’inadempimento del professionista (e alla permanenza delle denunciate mancanze e incompletezze pur a fronte degli elaborati modificati che l’ing. M. aveva trasmesso) ma anche ragionevole, trovando giustificazione nella gravità della prestazione ineseguita, cui si correlava anche cronologicamente la prestazione rifiutata. La corte, in tal modo, si è attenuta al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale il richiamo alla buona fede operato dall’art. 1460 c.c., comma 2, sta a significare, da un lato, che deve esservi equivalenza tra l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) di una parte e l’adempimento che l’altra parte ha rifiutato di eseguire in virtù dell’exceptio inadimpleti contractus, avuto riguardo all’incidenza della condotta della parte inadempiente sull’equilibrio sinallagmatico del contratto, in rapporto all’interesse della controparte, e, dall’altro lato, che il rifiuto di quest’ultima di eseguire la propria prestazione è giustificato solo se successivo e causalmente giustificato dall’inadempimento dell’altra parte (Cass. n. 699 del 2000; Cass. n. 16822 del 2003; Cass. n. 2720 del 2009; Cass. n. 20322 del 2019).

2.4. Le residue censure che il ricorrente ha svolto sono, invece, inammissibili. Il ricorrente, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge, ha lamentato, in sostanza, l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle relative emergenze, hanno ritenuto che l’attore non aveva completamente adempiuto all’obbligo contrattualmente assunto con l’Azienda Ospedaliera (di predisporre un progetto definitivo conforme alle prescrizioni di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 16) e che la committente aveva, per l’effetto, legittimamente rifiutato di pagargli il compenso pattuito. La valutazione delle prove raccolte, però, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l’esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia (come l’utilizzazione del progetto del ricorrente da parte dell’Azienda Ospedaliera per ottenere il finanziamento regionale, che invece la corte ha esaminato, escludendone la sussistenza, ovvero per il completamento dell’opera, che, invece, non risulta dal testo della sentenza impugnata né da altro atto processuale, non avendone il ricorrente riprodotto in ricorso le relative risultanze). La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), del resto, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti: il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati. (Cass. n. 11176 del 2017). La valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 20802 del 2011). In effetti, il compito di questa Corte non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.): come, in effetti, è accaduto nel caso in esame. La corte d’appello, invero, dopo aver esaminato le prove raccolte in giudizio, ha, in modo logico e coerente, indicato le ragioni per le quali ha ritenuto, per un verso, che l’appellante non avesse completamente dato esecuzione alla prestazione professionale cui era tenuto nei confronti dell’azienda committente e, per l’altro verso, che quest’ultima, non avendo conseguito (nonostante le modifiche apportate dal tecnico) il progetto definitivo dell’opera che rispondesse in tutti gli aspetti essenziali alla norma prevista dalla L. n. 109 cit., art. 16, comma 4, aveva giustificatamente rifiutato di pagare il compenso pattuito. Ed una volta affermato, come la corte ha ritenuto senza che tale apprezzamento in fatto sia stato utilmente censurato (nell’unico modo possibile, e cioè, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame di una o più circostanze decisive, che l’attore non aveva integralmente adempiuto all’obbligo assunto nei confronti della committente e che la convenuta aveva legittimamente rifiutato di eseguire il pagamento del compenso dovuto, non si presta, evidentemente, a censure la decisione che lo stesso giudice ha conseguentemente assunto, e cioè l’accoglimento dell’eccezione di inadempimento sollevata dall’Azienda Ospedaliera e, per l’effetto, il rigetto della domanda proposta dall’attore in quanto volta, appunto, al conseguimento del compenso pattuito.

3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

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