Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27715 del 29/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/10/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 29/10/2019), n.27715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 133/2014 proposto da:

FAST SERVICES S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

DELLA GANCIA, 1, presso lo studio dell’avvocato ROMOLO DONZELLI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO ALBERTO

NICOLINI, MAURIZIO CINELLI;

– ricorrente principale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO

MARITATO;

– controricorrenti – coricorrenti incidentali –

FAST SERVICES S.R.L., C.F. (OMISSIS);

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 85/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 19/06/2013 r.g.n. 3/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

oggetto della presente controversia è la legittimità del recupero di contributi previdenziali eseguito dall’Inps per il Fondo dei lavoratori dipendenti con riferimento a prestazioni di servizi telefonici in viva voce con offerta al pubblico di consulti di astrologia e cartomanzia, a fronte sia di contratti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati in epoca previgente la cosiddetta “legge Biagi”, sia di contratti di lavoro a programma o progetto stipulati sotto il vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003;

il Tribunale di Ancona, in parziale accoglimento del ricorso in opposizione della società Fast Service s.r.l., dichiarò illegittima la pretesa dell’Inps limitatamente al recupero contributivo per la posizione della lavoratrice autonoma D.F.D., per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto proseguiti fino al 24 ottobre 2005, nonchè per la posizione delle lavoratrici B.M., C.G., M.G., Bl.An.Ma., P.M.P., O.Q., Me.An. e m.m., tutte titolari di pensione di vecchiaia con le quali la società aveva stipulato, sia prima che dopo il 2005, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa senza progetto;

per le restanti posizioni (accomunate dall’esistenza di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ma con progetto risultato non conforme ai connotati di specificità richiesti dalla previsione normativa), il Tribunale confermò il ruolo e la cartella esattoriale impugnate, ritenendo che il vizio riscontrato in tali contratti comportava, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, l’applicazione del regime contributivo del contratto di lavoro subordinato;

proposta impugnazione, in via principale dalla Fast Service s.r.l. ed in via incidentale dall’Inps e dalla S.C.C.I. s.p.a., la Corte d’appello di Ancona (sentenza del 19.6.2013) ha accolto l’appello incidentale, dichiarando legittimo il recupero della contribuzione, mentre ha parzialmente accolto l’appello principale, dichiarando il diritto della Fast Service srl alla imputazione al Fondo per i lavoratori dipendenti dei contributi già versati nella Gestione separata (per le singole posizioni ed annualità), con conseguente riduzione dell’importo delle somme iscritte a ruolo;

la Corte ha spiegato che alla stregua della valutazione complessiva ed incrociata delle risultanze istruttorie era emersa la prova del vincolo di subordinazione con riferimento ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, fatta eccezione per la posizione di D.F.D., in relazione alla quale l’Inps aveva riconosciuto la particolare connotazione di autonomia della medesima lavoratrice;

la Corte territoriale ha aggiunto che, data la qualificazione in termini legali di subordinazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, i contributi già versati dalla Fast Service srl nella gestione separata andavano, invece, imputati ai contributi dovuti al Fondo per i lavoratori dipendenti, per cui le somme già corrisposte alla predetta gestione potevano essere conguagliate secondo le modalità della cosiddetta compensazione atecnica;

per la cassazione di tale sentenza ricorre la società Fast Service s.r.l. con nove motivi, cui resiste l’Inps con controricorso, proponendo, a sua volta ricorso incidentale, al cui accoglimento si oppone la predetta società.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. col primo motivo del ricorso principale, dedotto per violazione dell’art. 2094 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente società segnala, anzitutto, un contrasto tra la motivazione ed il dispositivo della sentenza in quanto la Corte di merito, pur avendo ricondotto le prestazioni lavorative anteriori al 2005 alla più ampia categoria del rapporto di lavoro subordinato, nell’accogliere l’appello incidentale svolto dall’Inps per il recupero delle posizioni contributive, ha finito per riferirsi, nel dispositivo, esclusivamente alle lavoratrici B., C., M., Bl., P., O., Me. e m.; in ogni caso, i criteri utilizzati dalla Corte d’appello al fine di interpretare la norma di cui all’art. 2094 c.c., erano manifestamente errati, poichè esorbitanti rispetto alla nozione legale di subordinazione e, dunque, del tutto inidonei a condurre all’accertamento del potere direttivo e disciplinare in capo al datore di lavoro;

2. col secondo motivo, proposto per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente principale obietta che la Corte d’appello ha del tutto obliterato gli elementi deducibili dalle deposizioni testimoniali che si palesavano idonei a condurre, secondo una valutazione di verosimiglianza, ad una decisione diversa da quella adottata, ovvero alla dichiarazione di insussistenza del potere direttivo e/o disciplinare, con conseguente esclusione del vincolo della subordinazione;

3. col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, si deduce la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c., art. 24 Cost., commi 1 e 2 e art. 111 Cost., comma 2: in particolare, si assume che il giudice d’appello si è astenuto dall’esame analitico di tutte le risultanze istruttorie, procedendo diversamente ad un esame sommario e superficiale di alcune di esse e violando, quindi, il suo dovere processuale di esaminarle tutte ancor prima di valutarle;

4. oggetto del quarto motivo del ricorso principale è la denunzia del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento alle lavoratrici indicate ne dispositivo (le signore B., C., Bl., P., O., Me. e m.), assumendosi che la Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in considerazione nella loro integrità le dichiarazioni testimoniali poste a fondamento della decisione ed avrebbe, altresì, omesso di esaminare le numerose dichiarazioni testimoniali in atti;

5. attraverso il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per nullità della sentenza o del procedimento in conseguenza della violazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente impugna il capo della sentenza concernente il rigetto dell’appello riguardante i rapporti di lavoro a progetto successivi al 2005, rispetto ai quali era stata eccepita l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e segg., per il fatto che le posizioni lavorative successive a quell’anno dovevano considerarsi autonome ex art. 2222 c.c., assumendo che la Corte di merito aveva obliterato tale rilievo, affrontando direttamente la questione del lavoro dipendente che, invece, era stata già fatta oggetto di un’altra specifica censura;

6. col sesto motivo la ricorrente ripropone in via subordinata la stessa questione di cui al precedente motivo sotto il diverso aspetto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 1 e art. 69;

7. col settimo motivo la ricorrente prospetta, sempre in via subordinata, la stessa questione di cui ai due precedenti motivi per violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 62 e L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 23 e 25; sostiene la ricorrente che i requisiti indicati nella sentenza per la validità dei contratti a progetto interessano solo quelli stipulati a partire dal 19.7.2012 per effetto delle modifiche introdotte con la L. n. 92 del 2012 e non anche i contratti oggetto di causa, tutti preesistenti al 12 aprile 2007, data dell’accertamento ispettivo;

8. con l’ottavo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 69, oltre che della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 2 e 25, la ricorrente contesta, in via ulteriormente gradata rispetto ai precedenti tre motivi, che all’insussistenza di un progetto, conforme alle prescrizioni di legge, debba seguire necessariamente la qualificazione in termini di subordinazione del rapporto in forza di presunzione legale assoluta;

9. con l’ultimo motivo la ricorrente principale si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, della nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la parte dell’impugnata sentenza che aveva riconosciuto l’ammissibilità del conguaglio per compensazione atecnica dei contributi versati nella Gestione separata, in quanto imputabili, in realtà, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, si era riferita solo ai contributi versati per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, nulla disponendo per gli altri rapporti non basati su contratti non redatti sulla base di un progetto e cioè per i rapporti con le otto pensionate B.M., C.G., M.G., Bl.An.Ma., P.M.P., O.Q., Me.An. e m.m., ovvero anche per tutti gli altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto proseguiti fino al 24 ottobre del 2005;

10. la prima censura, attraverso la quale si denunzia un contrasto tra dispositivo e motivazione, è infondata in quanto, alla luce della lettura congiunta di entrambe le parti dell’impugnata sentenza, non è dato ravvisare la sussistenza di un contrasto insanabile, fonte di nullità;

11. invero, anche se nel dispositivo della sentenza si fa riferimento ai nominativi di determinate lavoratrici ai fini del recupero contributivo è, altresì, vero che la esplicita pronuncia, contenuta nello stesso dispositivo, di accoglimento dell’appello incidentale dell’Inps, teso a conseguire il recupero dei contributi per tutte le posizioni lavorative, è integrale;

12. infatti, nella motivazione della sentenza, nel ribadirsi che l’appello incidentale dell’Inps è fondato, è evidenziato che – fatta eccezione per la posizione lavorativa di D.F.D. rispetto alla quale l’istituto aveva riconosciuto la sussistenza di un’autonomia che giustificava la decisione di accoglimento della relativa opposizione all’iscrizione a ruolo esattoriale – del tutto opposte erano, invece, le considerazioni da farsi per la ben diversa situazione delle altre lavoratrici che, sebbene reclutate col sistema unico di accesso del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, erano soggette, in realtà, a sistemi di controllo, di turnazione, di disciplina e di retribuzione tipici della subordinazione, con la precisazione che quest’ultima situazione era comune sia ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto proseguiti sino al 24 ottobre 2005, sia alla posizione delle altre lavoratrici già in quiescenza reclutate con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

tra l’altro nella stessa motivazione si dà atto del mero errore materiale rappresentato dal mancato riferimento nel dispositivo ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto proseguiti fino al 24 ottobre 2005, errore desumibile chiaramente, secondo la stessa Corte di merito, dall’accoglimento integrale e non parziale dell’appello incidentale;

in sostanza il contrasto segnalato è solo apparente, essendo chiaro che l’appello incidentale dell’Inps è stato accolto nella sua interezza, con la sola eccezione riguardante la posizione lavorativa di D.F.D.;

13. al riguardo si è in effetti affermato (Cass. sez. lav. n. 15586 del 6.11.2002) che ” Nel rito del lavoro, la nullità della sentenza per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo non si verifica allorchè il contrasto tra di essi è solo apparente, perchè può essere risolto attraverso l’interpretazione del dispositivo, a prescindere dalle improprietà terminologiche utilizzate, ed alla luce della motivazione” (in senso conf. v. anche Cass. Sez. Lav. n. 9528 del 23.9.1998 e n. 27880 del 24.11.2008);

14. motivi di connessione, dovuti alla unitarietà della questione trattata, seppur sotto diversi aspetti, della natura subordinata o meno dei rapporti lavorativi in esame, dei criteri seguiti nella verifica dei requisiti richiesti per la configurazione dei contratti di collaborazione continuativa e coordinata con progetto, oltre che dei presupposti per la loro conversione legale in rapporti di lavoro subordinato, inducono a trattare congiuntamente la seconda parte del primo motivo ed i successivi sette motivi del ricorso principale;

15. tali motivi sono infondati: invero, per quel che concerne, anzitutto, la questione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa con progetto, si è da ultimo affermato (Cass. Sez. lav., ord. n. 5418 del 25.2.2019) che “In tema di contratto di lavoro a progetto, la definizione legale di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, richiede la riconducibilità dell’attività ad un progetto o programma specifico – senza alcuna differenza concettuale tra i due termini – il cui contenuto, sebbene non inerente ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria attività di impresa, sia comunque suscettibile di una valutazione distinta da una “routine” ripetuta e prevedibile, dettagliatamente articolato ed illustrato con la preventiva individuazione di azioni, tempi, risorse, ruoli e aspettative di risultato, e dunque caratterizzato da una determinata finalizzazione, anche in termini di quantità e tempi di lavoro”;

16. al riguardo si è, altresì, precisato (Cass. Sez. lav. sent. n. 17636 del 6.9.2016) che “Il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione; ne deriva che il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale;

17. si è, altresì, statuito (Cass. Sez. lav. n. 8142 del 29.3.2017) che ” In tema di rapporti del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex artt. 61 e segg., l’assenza del progetto di cui all’art. 69, comma 1, del medesimo Decreto, che ne rappresenta un elemento costitutivo, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorchè il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia”;

18. diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente, il collegio di secondo grado ha dimostrato di essersi attenuto ai suddetti principi allorquando, nel rigettare l’appello principale della stessa società, ha osservato che era decisivo il rilievo per il quale nei contratti di lavoro autoqualificati di collaborazione a progetto era la stessa pattuizione “effettuazione di n… di ore di effettiva conversazione” in termini precisi per ciascun contratto, con compenso determinato in base ai minuti di conversazione effettuata, ad escludere gli estremi del progetto di lavoro, postulato del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 1, nel testo vigente “ratione temporis”; in pratica, secondo l’argomentazione logica della Corte di merito, il predetto contratto a progetto si risolveva in una mera elencazione di mansioni (coincidente con l’attività imprenditoriale della società datrice di lavoro) inidonea a definire il progetto o il programma di lavoro e, quindi, ad individuare un risultato che presentasse i caratteri della compiutezza e dell’autonomia propri del prodotto finito;

19. quanto alla questione della presunzione assoluta della subordinazione si può affermare che la stessa è divenuta prevalente in giurisprudenza e di questo orientamento è espressione da ultimo la sentenza n. 12820 del 21/06/2016 di questa Corte, secondo cui “In tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, pur imponendo in ogni caso l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi, atteso che, al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto “ope legis”, restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria, mentre al comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti”;

20. il principio è stato ancora più specificamente ribadito con la sentenza n. 17127 del 17/8/2016, in cui si è affermato che “In tema di lavoro a progetto, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f)), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso”(in precedenza negli stessi termini Cass. 9471/20016);

21. anche in tal caso la Corte di merito si è attenuta ai principi appena riassunti allorquando ha posto in evidenza che nel contesto normativo di riferimento risulta del tutto coerente la disposizione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, che, di fronte a rapporti di collaborazione atipici, siccome protratti a tempo indeterminato, non riconducibili a specifici obiettivi ovvero, in ogni caso, tali da non consentire l’individuazione di uno specifico progetto, sanziona l’inosservanza del divieto disponendo che gli stessi sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto;

22. in definitiva, è corretta la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha fatto discendere dall’accertamento della mancanza di un programma di lavoro specifico la trasformazione ope legis del lavoro (nominalmente) a progetto in rapporto di lavoro subordinato sin dalla data della sua costituzione, a nulla rilevando le concrete modalità di svolgimento del rapporto (in tal senso, Cass., 21 giugno 2016, n. 12820); nè si ravvisa nell’interpretazione fornita alla Corte territoriale alcuna violazione di legge, essendo la stessa conforme al dato testuale e alla ratio della disposizione;

23. giova, inoltre, osservare che nella fattispecie la norma di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, “ratione temporis” applicabile è quella della versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f), posto che nell’impugnata sentenza è chiaramente evidenziato che i contratti di lavoro a programma o progetto furono stipulati sotto il vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003;

24. egualmente, per quel che concerne la posizione delle lavoratrici reclutate tramite contratti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto, la Corte territoriale, con accertamento di fatto congruamente motivato ed esente da rilievi di ordine logico-giuridico, ha spiegato che le stesse erano state addestrate attraverso un apposito corso di formazione (con somministrazione di nozioni elementari di cartomanzia e simili), seguite e controllate nella esecuzione delle prestazioni in linea nelle apposite postazioni telefoniche computerizzate installate nei locali della società, erano regolarmente assoggettate a sanzioni disciplinari dirette (per lo più rimproveri verbali) o indirette (mancata assegnazione di turni di lavoro, mancato rinnovo del contratto di lavoro e simili) e, comunque, risultavano (per la garanzia della copertura integrale dei turni di lavoro) stabilmente inserite nella organizzazione della datrice di lavoro, per essere, quindi, compensate in proporzione al tempo delle prestazioni lavorative registrato dalla stessa datrice di lavoro, con conseguente configurazione degli estremi della subordinazione;

25. sono, invece, inammissibili le censure attraverso le quali la ricorrente tenta di rivisitare nel presente giudizio questioni di merito del materiale probatorio già scrutinate adeguatamente dalla Corte territoriale e che per tale ragione si sottraggono al giudizio di legittimità, anche in considerazione del fatto che con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014 le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Quindi, nel sistema l’intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Ma è evidente che nella specie la valutazione dei materiale probatorio e degli esiti dell’istruttoria operata dalla Corte di merito non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie, avendo il giudice d’appello espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento, così come già spiegato nel corso della disamina dei suddetti motivi del presente ricorso;

26. va, infine, rilevata la carenza d’interesse della ricorrente principale in ordine alla proposizione del nono ed ultimo motivo, in quanto dal dispositivo della sentenza, che nel rito del lavoro prevale quando vi è contrasto con la motivazione (v. fra tante Cass. sez. lav. n. 12841 del 21.6.2016), si evince chiaramente che il diritto della Fast Service s.r.l. alla imputazione al Fondo per i lavoratori dipendenti dei contributi già versati nella Gestione separata riguarda indistintamente tutte le posizioni lavorative, tanto che nello stesso testo del dispositivo si fa riferimento alle singole posizioni ed annualità senza distinzioni di sorta;

27. resta, invece, assorbito l’esame del ricorso incidentale dell’Inps che è stato proposto, per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, esclusivamente per l’ipotesi di mancata configurazione del mero errore materiale con riguardo al segnalato contrasto tra dispositivo e motivazione dell’impugnata sentenza di cui si è trattato in occasione della disamina del primo motivo del ricorso principale, contrasto, questo, come già chiarito, da ritenere solo apparente;

28. in definitiva il ricorso principale va rigettato, mentre va dichiarato assorbito quello incidentale; le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente principale e vanno liquidate come da dispositivo; ricorrono i presupposti per la condanna della soccombente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese nella misura di Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2019

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