Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27714 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 30/10/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 30/10/2018), n.27714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21340/2017 proposto da:

HERMES SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA 154, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO COSTA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALFONSINA DE ROSA;

– ricorrente –

contro

CENTRO RECUPERO REGGIANO SRL DI M.N., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato VERA SALA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 933/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, del

14/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO

CORRENTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Hermes s a propone ricorso per cassazione contro Centro Recupero Reggiano srl, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna 14.2.2017, che in parziale riforma della sentenza del tribunale di Reggio Emilia, ha rigettato la domanda del Centro Recupero reggiano al risarcimento del danno da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., compensando le spese.

Per il resto la sentenza riferisce di motivi di appello dell’odierna ricorrente avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la carenza di interesse a proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo rinunziato prima della opposizione medesima, perchè la dizione adoperata rinunzia agli atti esecutivi doveva intendersi come rinuncia al decreto.

Il ricorso denunzia: 1) violazione dell’art. 84 c.p.c., comma 2, art. 306 c.p.c., comma 2, artt. 1708 e 1711 c.c.; 2) violazione degli art. 24 Cost., art. 306 c.p.c., comma 2, artt. 2902,1299 c.c..

Il ricorso è infondato perchè si reiterano le tesi formulate in precedenza, sulle quali la sentenza ha dato sufficiente risposta per cui si chiede un sostanziale riesame del merito.

In particolare sul primo motivo è sufficiente osservare che la Corte di appello ha ritenuto che il tenore letterale e logico della dichiarazione integrava una valida volontà di rinunciare agli atti del procedimento monitorio, correttamente espressa dal procuratore del Centro recupero reggiano, investito del potere di emetterla in virtù della procura in calce al ricorso monitorio.

Il consentito accesso agli atti conferma che la procura in calce al ricorso monitorio prevedeva espressamente il potere del procuratore di rinunzia agli atti.

La seconda promiscua censura manifesta mero dissenso rispetto all’affermazione della sentenza della carenza di interesse all’opposizione.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 1.700, di cui Euro 200 per spese vive, oltre spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 15 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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