Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27712 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. I, 03/12/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 03/12/2020), n.27712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27412/2018 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in Mazzano (BS), in via Padana

Superiore n. 22, presso lo studio dell’avvocato Davide Verlato, che

lo rappresenta e difende, giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

08/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Brescia, D.M., cittadino della (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 3328/2018, depositato l’8 agosto 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso D.M. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, D.M. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti nel timore di essere sottoposto dal padre alla sharia, per la sua intenzione di sposare una ragazza appartenente ad un’etnia diversa dalla sua.

1.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine.

1.3. I motivi sono inammissibili.

1.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ampiamente ed adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro lacunosità ed inverosimiglianza, non essendo stato il medesimo neppure in grado di precisare le ragioni effettive per le quali il padre avrebbe voluto applicare nei suoi confronti la sharia, quale fosse la punizione da essa prevista o quella che intendeva irrogargli il padre. Del tutto inverosimili sono stati ritenuti, inoltre, la circostanza che la famiglia della ragazza, con la quale l’istante aveva iniziato una relazione, osteggiata dal padre del richiedente, pure in presenza di rapporti prematrimoniali vietati dalla religione musulmana, avrebbe invece, accettato la relazione ed avrebbe protetto la figlia, trasferendola a (OMISSIS), nonchè il fatto che tale relazione tenuta segreta dal ricorrente per tre anni – sarebbe stata inspiegabilmente rivelata al padre e proseguita, benchè il ricorrente fosse stato più volte picchiato dal genitore. Del tutto inverosimile, infine, è apparsa la circostanza che il medesimo – dopo avere sfidato le ire paterne per tale relazione – sia, poi, fuggito dalla Guinea, abbandonando la ragazza al suo destino, senza neppure offrirle di espatriare con lui.

A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame inammissibilmente proposte sub specie del vizio di violazione di legge – si traducono, in concreto, in una sostanziale richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).). E neppure risulta che l’istante abbia allegato e dimostrato, nel giudizio di merito, di essersi rivolto alle autorità di polizia e di non avere ricevuto protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c), (cfr. in relazione ad una vicenda non dissimile, Cass., 16/099/2020, n. 19258). Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non credibilità dello straniero – la concessione al medesima dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

1.3.3. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), del decreto succitato, va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

1.3.4. Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il ricorrente non ha mai allegato che, in caso di ritorno in patria, rischierebbe la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto armato interno o internazionale, trattandosi di circostanze relative ad una vicenda personale del richiedente, in relazione alla quale il medesimo non è stato neppure ritenuto credibile. In ogni caso, il giudice adito ha accertato sulla base di fonti internazionali aggiornate citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – che la Guinea Bissau – pure presentando diverse situazioni di criticità – non è caratterizzata da situazioni di conflitto armato generalizzato. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

1.4. Per tutte le ragioni esposte, le censure, poichè inammissibili, non possono trovare accoglimento.

2. Con il secondo motivo di ricorso, D.M. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie – temporalmente applicabile, nel testo precedente il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461) – nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato un positivo ed effettivo inserimento – a parte la generica allegazione della frequenza di corsi di alfabetizzazione – nella realtà sociale italiana.

Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019). Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

2.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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