Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27705 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27705 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 2875 del ruolo generale dell’anno 2009,
proposto
da
Gatto Cristina, rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine
del ricorso, dagli avvocati Francesco Moschetti e Francesco D’Ayala
Valva, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma,
al viale Parioli, numero 43
– ricorrente

297″

,5
Agenzia delle entrate,

contro
in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura dello Stato, presso gli
uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
controricorrente —

RG n. 2875/2009

Angelina- a ia Perfino estensore

Data pubblicazione: 11/12/2013

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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, sezione 21 0 , depositata
in data 19 dicembre 2007, numero 155/21/07;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 11
giugno 2013 dal consigliere dott. Angelina-Maria Penino;

Sergio Del Core, che ha concluso per il rigetto dei primi tre motivi e per
l’accoglimento, per quanto di ragione, del quarto motivo
Fatto
Cristina Gatto ricevette la notifica di un avviso di accertamento
concernente IVA dovuta per l’anno 2001 in relazione ad operazioni
imponibili compiute dalla società di fatto Mr. Charlie di Mussini Eros.
Conseguiva, l’avviso, alle attività di verifica compiute dalla
guardia di finanza, dalle quali sarebbe emersa l’esistenza di tale società
di fatto, costituita, oltre che da Cristina Gatto, da Alessandro Salvalaio,
Roberto Vanin, Marco Lanza ed Eros Mussini, la quale non aveva
presentato dichiarazione alcuna, né ai fini delle imposte dirette né ai fini
Iva, là dove, di contro, la documentazione sequestrata e gli accertamenti
svolti avevano consentito di acclarare il compimento di vendite di merce
acquistata con IVA al 20%. In particolare, si era ricostruito, un soggetto
procedeva ad acquisti in esenzione d’imposta per conto della Mr. Charlie
e provvedeva a rivendere la merce a Cristina Gatto, la quale detraeva
l’IVA, che mai era stata versata.
Di qui l’avviso di accertamento, che recuperava l’IVA non
versata, con l’irrogazione delle relative sanzioni.
A seguito di ricorso avverso l’avviso, la locale Commissione
tributaria provinciale accolse il ricorso, con sentenza che la
Commissione tributaria regionale ha ribaltato, avendo rinvenuto, quanto
all’an, numerosi riscontri degli accertamenti della guardia di finanza in

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Angelina-IarYrino estensore

udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale

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ordine all’esistenza della società di fatto ed al suo modus operandi ed
avendo verificato, in relazione al quantum, che il volume degli acquisti
risultava dai documenti acquisiti, precipuamente dalla visura del sistema
VIES per gli acquisti comunitari e dall’elenco delle fatture di acquisto in
sospensione d’imposta emesse dal fornitore italiano.

affidando il ricorso a sei motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Diritto
/.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 10
comma, numero 5, c.p.c., la ricorrente si duole dell’insufficienza
della motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo per il
giudizio consistente nel vizio di motivazione dell’avviso di
accertamento.

1.1.41 motivo è inammissibile almeno per due ordini di
ragioni.
Anzitutto, va rilevato, la censura proposta ex articolo 360,
numero 5, del codice di procedura civile riguarda, o dovrebbe
riguardare, la motivazione della sentenza impugnata e non già la
motivazione dell’avviso di accertamento. Nel nostro caso, di contro,
la censura pare indirizzarsi direttamente all’avviso di accertamento,
che la Commissione tributaria regionale ha reputato correttamente
motivato mediante il richiamo al processo verbale di constatazione.

1.2.-Per altro verso, va rimarcato che la contribuente non
contesta che, come segnalato dalla sentenza impugnata, non aveva
denunciato il difetto di motivazione dell’avviso, che, invece, era
stato rilevato d’ufficio dalla Commissione tributaria provinciale.
La doglianza non può in conseguenza essere introdotta in corso
di giudizio, in considerazione della struttura impugnatoria del

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Angelina-Mìri

estensore

Ricorre la contribuente per ottenere la cassazione della sentenza,

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processo tributario, nel quale la materia giustiziabile è definita, oltre
che dalla motivazione del provvedimento impugnato, anche dai
motivi di ricorso del contribuente (vedi, espressamente in termini,
Cass. 27 novembre 2000, n. 15262; sulla struttura impugnatoria del
processo tributario, dato ormai acquisito, vedi, fra molte, Cass. 11

al riguardo specifica che, nel processo tributario, l’indagine sul
rapporto sostanziale non può che essere limitata ai motivi di
contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa
dell’amministrazione, che il contribuente deve specificamente
dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza
che, ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell’atto
impugnato, il giudice deve attenersi all’esame di essi e non può, ex
officio, annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da
quelli dedotti, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al
giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono
ritenersi estranei al thema controversum, come definito dalle scelte
del ricorrente (vedi, fra molte, Cass. 22 settembre 2011, n. 19337).
2.- Col secondo e col terzo motivo di ricorso, da esaminare
congiuntamente, perché propongono la medesima questione sotto
diverse angolazioni, la ricorrente censura:
-ex articolo 360, 1° comma, numero 5, c.p.c., l’insufficienza
della motivazione circa i fatti controversi del giudizio, per erronea
valutazione delle risultanze probatorie, in quanto le dichiarazioni
orali e le altre circostanze valorizzate non riguardano la ricorrente

secondo motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c., la violazione e
falsa applicazione degli articoli 2697, 1° comma, 2727 e 2729, 1°
comma, del codice civile, escludendo che nel processo tributario

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Angelina-M ria erri estensore

maggio 2012, n. 7393; Cass. 10 maggio 2011, n. 10585). La Corte

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talune dichiarazioni rilasciate da terzi nel corso delle indagini
preliminari possano avere valore di prova certa in ordine
all’accertamento dell’esistenza di una società di fatto ed alla
qualificazione del destinatario dell’avviso di accertamento come
amministratore di fatto —terzo motivo.

ritenga provata la pretesa fiscale in base a sommarie informazioni
testimoniali e ad alcune circostanze (come il fatto che il cognato
della ricorrente avesse occasionalmente collaborato, in base a
dichiarazioni di terzi, col titolare della ditta individuale, il fatto che
quest’ultimo sarebbe stato gravemente ammalato ed il fatto che
l’impresa individuale rifornisse una società, di cui la ricorrente era
stata legale rappresentante, con spedizione direttamente presso
questa società della merce acquistata all’estero dalla ditta
individuale) inidonee ad evidenziare una preciso ruolo della Gatto
in seno alla società di fatto; né è sufficiente far leva sulle
dichiarazioni rese da terzi nel corso del procedimento penale.

2.2.-La complessiva censura è infondata e va in conseguenza
respinta.
È ius receptum che la deduzione del vizio di insufficiente
motivazione della sentenza impugnata previsto dall’art. 360, 1°
comma, n. 5), c.p.c., non consente alla corte di cassazione di
procedere a un nuovo esame nel merito della controversia, e quindi
anche a una valutazione delle prove diversa da quella fatta propria
dal giudice del precedente grado di giudizio, ma, piuttosto, chiama
la corte a verificare se la decisione sia sorretta da adeguata e logica
motivazione: il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dalla predetta norma, non equivale alla revisione del ragionamento

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Angelina-M

2. /.-Secondo la ricorrente è insufficiente la motivazione che

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decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito a
una determinata soluzione della questione esaminata.
E ciò in quanto una simile revisione non sarebbe altro che un
giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una nuova
formulazione di esso, contrariamente alla funzione assegnata

estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la
corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito
attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti
di causa (vedi, fra molte, Cass. 17 giugno 2011, n. 13327; Cass. 15
aprile 2011, n. 86399).
E la medesima questione è riproposta, dietro lo schermo della
violazione di legge, col terzo motivo.
2.3.-Nel caso in questione, la sentenza è adeguatamente e
logicamente motivata, avendo la Commissione rilevato che
<<...rattività veniva svolta utilizzando la partita IVA della ditta individuale "Mr Charlie di Mussini Eros", il cui titolare non era in grado di operare, essendo gravemente ammalato, configurandosi in tal modo una società di fatto, tra cui l'appellata...>>.
In particolare, quanto al ruolo di questa, la sentenza ha fatto leva
sulle dichiarazioni rese da una pluralità di soggetti nel corso delle
indagini, dalle quali è tra l’altro emerso che <<...il fornitore italiano della Mr. Charlie sig. Erroi Graziano dichiara che...l'unica persona che si presentava nei suoi uffici per ordinare merce per conto della M Charlie era Lanza Marco; -la direttrice di un'agenzia di Milano della Banca Popolare di Milano dichiara che il sig. Lanza Marco si presentava, assieme al commercialista della ditta della signora Gatto Cristina, come incaricato della Mr. Charlie...>>, aggiungendo che <<...la merce acquistata dalla Mr. RG n. 2875/2009 Angelina- stensore dall'ordinamento al giudice di legittimità: risulta quindi del tutto Pagina 7 di 8 Charlie non veniva mai inviata alla sede della ditta, ma sempre consegnata alla E.ML. s.rl., ditta costituita dalla Gatto Cristina con altra persona; nella stessa collaborazione del sig. Marco Lanza cognato della Gatto, con la suddetta società>>.
Per altro verso, la combinazione e la valutazione del peso

coordinato e combinato con altri fatti, inerenti al ruolo di Marco
Lanza, cognato della Gatto e col riscontro documentale del volume
degli acquisti, è insindacabile attività propria del giudice di merito.
3.-Col quarto, col quinto e col sesto motivo di ricorso, da
esaminare congiuntamente, perché logicamente avvinti, la
contribuente lamenta:
-ex articolo 360, 1° comma, 11. 5, c.p.c., l’insufficienza della
motivazione circa fatti controversi e decisivi, segnatamente nella
parte in cui la Commissione si è pronunciata sulla domanda di
annullamento della sanzione irrogata per mancanza di colpevolezza
e per illegittima determinazione della sanzione —quarto motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione dell’articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 472, la quale esclude l’applicazione della sanzione
tributaria in mancanza della colpevolezza —quinto motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli articoli 7 e 17 del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472 le quali, in caso di aumento della sanzione
rispetto alla misura minima prevista dalla legge, impongono
all’ufficio di motivare in ordine alle ragioni che giustificano la
determinazione della sanzione-sesto motivo.
3.1.-Va anzitutto rilevato che la censura riguardante la
determinazione della sanzione, sia quanto all’aspetto dedotto col

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Angelina-Mar

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probatorio delle dichiarazioni dei terzi, che la Commissione ha

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quarto motivo, sia in relazione a quello concernente l’aumento
censurato col sesto motivo, non è sufficientemente specifica, in
quanto, non riportando l’intero contenuto dell’avviso di
accertamento, non consente di delibare quante violazioni siano state
ascritte.

di colpevolezza, va rilevato che la sentenza impugnata chiarisce che
l’avviso di accertamento e la sanzione in esso contenuta si
riferivano alla società di fatto e non a Cristina Gatto in proprio. Ad
ogni modo, la ricostruzione del ruolo della Gatto dinanzi
evidenziato palesa senza dubbio la sua piena consapevolezza e
partecipazione volitiva agli illeciti tributari compiuti dalla società di
fatto.
4. -Il ricorso va dunque respinto.

,L

Le spese seguono la soccombenza.
per questi motivi

La Corte:
-respinge il ricorso;
-condanna la contribuente alle spese di lite, liquidate in Curo
2000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione
Quinta Civile, 1’11 giugno 2013.

Luí3

3.2.-In relazione alla doglianza riguardante l’asserita mancanza

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