Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27705 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. I, 03/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 03/12/2020), n.27705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6921/2019 proposto da:

Società Cooperativa Sociale Il Pozzo di Giacobbe, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Piazza di Pietra n. 26, presso lo studio dell’avvocato

Jouvenal Daniela, (Studio Nunziante Magrone), rappresentata e difesa

dall’avvocato Petrucci Salvatore, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Porto Empedocle, in persona del sindaco pro tempore,

domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

Cutaia Alberto, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 32313/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/10/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con ordinanza n. 32313, depositata il 13 dicembre 2018 e notificata a mezzo PEC il 21 dicembre 2018, la Corte di cassazione rigettava il ricorso proposto dalla Società Cooperativa Sociale Il Pozzo di Giacobbe nei confronti del Comune di Porto Empedocle e condannava la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquidava in Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00, per esborsi ed accessori di legge.

Il presente giudizio per revocazione è circoscritto alla statuizione di condanna alla refusione delle spese processuali.

La Cooperativa propone ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.c.. Il Comune di Porto Empedocle si è costituito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La domanda di revocazione è circoscritto alla statuizione con la quale la Cooperativa è stata condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del Comune di Porto Empedocle.

Invero, pur essendo stato indicato il Comune come “intimato” nell’intestazione dell’ordinanza impugnata, nel corpo della stessa si dà atto che questi aveva replicato con controricorso ed inoltre, all’esito del rigetto del ricorso, risulta adottato il provvedimento di condanna alle spese in suo favore.

2. La ricorrente sostiene che l’ordinanza è viziata da un errore di fatto deducibile per revocazione ex art. 391 bis c.p.c., costituito dall’avere ritenuto sussistente il controricorso, nel mentre era pacifico che il Comune non aveva notificato il controricorso di guisa che era mancato il regolare contraddittorio che abilitava la parte allo svolgimento delle sue attività processuali; rimarca che la “memoria di costituzione” depositata dal Comune il 22 luglio 2016 e non notificata alla parte ricorrente non era sufficiente a far ritenere regolarmente costituito il Comune, di guisa che non si era realizzata la condizione cui poteva conseguire la condanna alle spese.

Aggiunge, inoltre, che non era stata rilasciata dal Comune valida procura ad litem perchè la procura speciale avrebbe dovuto essere rilasciata a margine o in calce ad uno degli atti indicati dall’art. 83 c.p.c., comma 3 e tale non era qualificabile la memoria di costituzione.

Denuncia, infine, la violazione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., conseguente alla non dovuta condanna alle spese.

3.1. Il ricorso è fondato e va accolto

3.2. Con riferimento alla fase rescindente, osserva la Corte che il motivo è fondato e va accolto, ravvisandosi un errore percettivo nella ricostruzione del fatto processuale; invero lo stesso Comune costituitosi con controricorso nel presente giudizio di revocazione riconosce che nel precedente giudizio di legittimità non si era costituito con controricorso, ma aveva depositato solo la memoria di costituzione, anche se sostiene che ciò avrebbe integrato sufficiente esplicazione del diritto di difesa, idonea a fondare una statuizione di condanna alle spese in suo favore.

In proposito trova applicazione il principio espresso da questa Corte in fattispecie del tutto coincidente con quella in esame, secondo il quale “In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronunzia contestata abbia statuito. Il suddetto errore inoltre non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronunzia sarebbe stata diversa. Con riguardo infine all’errore di fatto che può legittimare la richiesta di revocazione della sentenza di cassazione, esso deve riguardare gli atti “interni” al giudizio di legittimità (ossia quelli che la Corte deve, e può, esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione, giacchè, ove esso fosse configurabile come causa determinante della decisione impugnata in Cassazione, il vizio correlato potrebbe dare adito soltanto alle impugnazioni esperibili contro la pronuncia di merito (in applicazione del suindicato principio, la S.C. ha revocato la sentenza emessa dalla Corte di cassazione nella parte in cui era stata disposta la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore di parte che in esso non si era ritualmente costituita nè aveva svolto l’attività difensiva che le era nondimeno consentita, non avendo in particolare il difensore partecipato alla discussione orale)” (Cass. n. 13915 del 28/06/2005).

Ravvisandosi l’errore percettivo, sulla scorta di tali considerazioni, la sentenza impugnata va revocata in parte qua, segnatamente in relazione alla parte della motivazione ove è stata attribuita alla parte intimata lo svolgimento di attività difensiva mediante il deposito del controricorso ed alle conseguenti statuizioni in merito alla collocazione delle spese del giudizio.

3.3. Si deve quindi passare alla fase rescissoria.

Osserva la Corte che, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, odierno controricorrente, la memoria di costituzione non è idonea a svolgere alcuna attività difensiva; sul punto la Corte a Sez. Unite ha chiarito che “Nel giudizio di cassazione è inammissibile una “memoria di costituzione” depositata dalla parte intimata dopo la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c. e non notificata al ricorrente (così da non potersi qualificare come controricorso, seppur tardivo), atteso che non è sufficiente il mero deposito perchè l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme previste dall’art. 378 c.p.c.. Ne consegue, pertanto, che la procura speciale rilasciata in calce all’anzidetta memoria non sia valida, restando priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui potere certificativo è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. 83 c.p.c., comma 3″ (Cass. Sez. U. n. 10019 del 10/04/2019).

Ne consegue che, in assenza di valida attività difensiva del Comune, nulla doveva prevedersi in suo favore per le spese.

4. Conclusivamente, il giudizio in revocazione va accolto e l’ordinanza della Corte di cassazione n. 32313/2018 va revocata in parte qua – laddove ha affermato che il Comune di Porto Empedocle aveva replicato con controricorso ed ha pronunciato in suo favore la condanna alle spese; quindi, decidendo in rescissorio, va statuito che nulla andava disposto per le spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato Comune di Porto Empedocle.

Restano ferme tutte le altre statuizioni assunte con l’ordinanza della Cassazione n. 32313/2018.

Le spese del presente giudizio di revocazione seguono la soccombenza e si pongono a carico del Comune di Porto Empedocle, controricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso in revocazione e revoca in parte qua l’ordinanza di questa Corte n. 32313/2018, decidendo in rescissorio nei sensi di cui in motivazione;

– Condanna il Comune di Porto Empedocle alla rifusione delle spese del presente giudizio di revocazione che liquida in Euro 2.000,000, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

 

 

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