Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27694 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6091/2007 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentato e difeso dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 31/01/2006 R.G.N. 2477/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 31 gennaio 2006, la Corte d’Appello di Lecce respingeva il gravame svolto da C.S. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di accertamento del diritto alla pensione di inabilità, subordinatamente dell’assegno di invalidità, con condanna dell’INPS al pagamento dei relativi ratei ed accessori a decorrere dalla data di presentazione della domanda amministrativa (23.7.1998).

2. La Corte territoriale, a sostegno del decisum, condivideva le valutazioni espresse dal consulente tecnico officiato in sede di gravame, compiute, con riferimento alle patologie accertate (discopatie multiple dei tratti cervicale e lombare, patologia cardiaca, visus corretto), alla luce dei riferimenti tabellari integrativi del decreto 5.2.1989 attuativo del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 2, e conducenti al riconoscimento della capacità lavorativa ridotta al 78 per cento solo da epoca successiva al compimento del 65 anno di età e, in precedenza, con capacità residua per l’applicazione in attività lavorative non usuranti tali da permettere la percezione di reddito sufficiente prima del compimento del 65 anno di età.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la signora C. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso.

Il Ministero dell’economia è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando omessa, insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza per carenze e deficienza diagnostiche, affermazioni illogiche, omesse valutazioni. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto, benchè inapplicabile ratione temporis.

5. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione L. n. 118 del 1978, artt. 12 e 13, e omessa, insufficiente motivazione. Si duole che corte merito abbia ritenuto vincolanti le tabelle ministeriali senza eseguire una valutazione globale delle affezioni sulla validità complessiva del soggetto.

6. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.

7. Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, e va qui ribadito, “qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie, affinchè i lamentati errori e le lacune della consulenza determinino un vizio di motivazione della sentenza è necessario che essi si traducano in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali non possa prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, non essendo sufficiente la mera prospettazione di una semplice difformità tra le valutazioni del consulente e quella della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico; al di fuori di tale ambito, la censura di difetto di motivazione costituisce un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico, che si traduce in un’inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice” (ex multis, Cass. 7341/2004, Cass. 16223/2003, Cass. 11894/2004).

8. Le conclusioni, quindi, del consulente tecnico d’ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate, in sede di legittimità, se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico- legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico-legale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

(v., ex multis, Cass. 15796/2004).

9. Orbene nella fattispecie la Corte di merito, dopo aver richiamato le conclusioni del CTU nominato in secondo grado, risultate conformi a quelle emerse in primo grado, ha attentamente considerato la doglianza dell’appellante circa la mancata considerazione della documentazione sanitaria ed all’uopo ha evidenziato che l’accertamento diagnostico compiuto dallo stesso ausiliare ha trovato conforto negli esami strumentali e nella documentazione sanitaria con corretta valutazione delle infermità accertate, singolarmente e complessivamente ai fini della definizione della loro incidenza sul grado di autonomia previa indicazione di esatti codici nosologiri ed adeguata determinazione delle percentuali invalidanti.

10. Quanto alle censure sollevate con il secondo motivo, la doglianza non è correttamente dedotta non censurando la sufficienza e logicità della motivazione della sentenza impugnata, conseguendone l’inammissibilità del motivo.

11. Il ricorso deve essere in definitiva rigettato. Nulla deve disporsi per le spese dell’intero giudizio ex art. 152 disp. att. c.p.c., non trovando applicazione, ratione temporis, il disposto del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, trattandosi di ricorso conseguente a fase di merito introdotta in epoca antecedente all’entrata in vigore dell’indicato decreto legge (2 ottobre 2003).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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