Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27693 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3202/2007 proposto da:

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, già elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN

GERUSALEMME 55, presso L’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSAFRA PAOLA, giusta delega in

atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

P.L.L., + ALTRI OMESSI

tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio

dell’avvocato LONGO PAOLO, che li rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7723/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/10/2006 R.G.N. 7512/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

0/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato MASSAFRA PAOLA; udito l’Avvocato LONGO PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. B.M. ed altri dipendenti dell’INPDAP, premesso di aver svolto la funzione di geometra fin dalla data di assunzione, in quanto iscritti al relativo albo professionale e che il CCNL per i dipendenti degli Enti Pubblici non economici 1998 – 2001 aveva classificato il personale in tre aree funzionali (A, B e C) e che il contratto integrativo sottoscritto dall’INPDAP per il 1999, in adesione a detto contratto collettivo, aveva ricollocato il personale in tre aree di nuova classificazione, deducevano di essere stati inquadrati nell’area C livello 1 e non in quella dei professionisti (art. 33) per la cui attività era richiesto il diploma di laurea, e cioè ingegneri, architetti ed avvocati, nonostante l’elevata responsabilità e la sostanziale analogia delle funzioni svolte.

2. Tanto premesso chiedevano il diritto all’inquadramento nell'”area professionisti” con condanna dell’Istituto al pagamento delle differenze retributive.

L’INPDAP rimaneva contumace.

3. Il tribunale di Roma, quale giudice di primo grado, respingeva la domanda dei ricorrenti assumendo che il rinvio operato dal CCNL alla definizione di professionisti postulava il possesso del diploma di laurea e che correttamente l’Istituto non aveva disposto l’inquadramento dei ricorrenti nell’area predetta.

4. La Corte d’Appello, con sentenza 10 ottobre 2006, accoglieva il gravame svolto dai lavoratori.

5. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’INPDAP ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. Gli intimati hanno resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso è articolato in tre motivi.

7. Con i primi due motivi l’INPDAP deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1321 c.c. e ss., anche con riferimento all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Si duole la parte ricorrente che, tendendo i ricorrenti con la domanda ad ottenere un inquadramento pari a quello dei professionisti laureati, la corte abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento in ordine all’effettivo contenuto della domanda e formula due quesiti di diritto.

8. Invero, i quesiti di diritto che corredano i motivi non soddisfano i requisiti posti dall’art. 366-bis del codice di rito civile (ex multis, Cass. 4146/2011), limitandosi all’enunciazione generica e meramente ripetitiva della corretta interpretazione della domanda e, in particolare della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, inidonea ad assumere rilevanza ai fini della riconducibilità della violazione alla fattispecie esaminata, nè può omettere di precisare su quale questione il giudice aveva omesso di pronunciare o aveva pronunciato oltre i limiti della domanda.

9. La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto o, come nella specie, l’error in procedendo asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (ex multis, Cass. 8463/2009).

10. I predetti motivi sono, pertanto, inammissibili.

11. Con il terzo motivo, l’INPDAP deduce violazione dell’art. 1321 c.c., in relazione ai CCNL 1998/2001 e 1999/2001, violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 29 del 1993, art. 45 (ora D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40), della L. n. 59 del 1997, art. 11, comma 4), e del D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, contraddittoria e/o insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della causa in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo la parte ricorrente l’interpretazione accolta dalla sentenza impugnata è contraria alle disposizioni contenute tanto nelle norme di fonte legale quanto in quelle contrattuali di rango superiore. Infatti la L. 20 marzo 1975, n. 70, disciplinante il rapporto di lavoro nel parastato, poneva l’accento sulla valorizzazione dei contributi altamente qualificati forniti dai professionisti iscritti negli appositi albi professionali. Da questo presupposto discendeva la giustificazione di una specifica disciplina del rapporto di lavoro dei professionisti anche quanto al loro inquadramento. Il motivo si conclude con il quesito di diritto.

12. Il motivo è infondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 29828/2008), alla quale il Collegio intende dare seguito.

13. La sentenza impugnata ha chiaramente individuato la norma contrattuale collettiva applicabile nella specie: il contratto integrativo per il personale dell’INPDAP del 1999 che, nel disciplinare il sistema di classificazione del personale, aveva previsto l’inquadramento in tre aree (A, B e C) secondo la ripartizione già operata dal contratto collettivo nazionale 1998/2001 (all’art. 13); il quale ultimo aveva in tal modo accorpato le precedenti qualifiche funzionali e segnatamente aveva ricompreso nell’area C le qualifiche 7^, 8^ e 9^.

14. In particolare per i dipendenti “professionisti” il citato contratto collettivo nazionale non dettava una distinta disciplina se non richiamando (all’art. 33) l’applicabilità del precedente contatto collettivo 1994/1997 in attesa di una compiuta definizione di specifici istituti per tale categoria di dipendenti.

15. Quest’ultimo contratto collettivo, a sua volta, definiva una distinta area di qualificazione del personale – quella dei dipendenti professionisti – mediante il richiamo della declaratoria della decima qualifica funzionale di cui al D.P.R. n. 285 del 1988, che all’art. 51. La definizione di “professionisti” era fatta dall’art. 33 del citato contratto collettivo con rinvio al sistema di classificazione del contratto collettivo nazionale 1994/1997: per “professionisti” si intendevano coloro che erano stati inquadrati nella decima qualifica professionale di cui al D.P.R. n. 285 del 1988, e che pertanto dovevano essere muniti della laurea.

16. Ciò premesso sul piano dell’interpretazione della contrattazione collettiva nazionale ed integrativa, va rilevato che la L. 20 marzo 1975, n. 70, disciplinante il rapporto di lavoro nel parastato, all’art. 15, suddivideva il personale dipendente dagli enti pubblici in tre ruoli: a) amministrativo, b) tecnico e c) professionale. In particolare, tale norma stabiliva che appartenevano al ruolo professionale i dipendenti i quali, nell’esercizio dell’attività svolta nell’ambito dei compiti istituzionali dell’ente datore di lavoro, assumevano una personale responsabilità di natura professionale e per svolgere le loro mansioni dovevano essere iscritti in albi professionali.

17. In attuazione di detta normativa è stato adottato il D.P.R. 26 maggio 1976, n. 411, il quale all’art. 36, distingueva i professionisti in due ruoli riservando la prima qualifica ai professionisti in possesso del diploma di laurea (ossia esercitanti una professione per la quale occorreva il possesso del diploma di laurea) ed alla seconda quelli per i quali era sufficiente il diploma di scuola superiore quali appunto i geometri, periti agrari, etc..

18. Successivamente è intervenuta la L. 29 marzo 1983, n. 93, che, istituendo la suddivisione dei pubblici dipendenti per qualifiche funzionali, ha fissato i principi fondamentali che poi sarebbero stati recepiti dal D.P.R. 1 marzo 1988, n. 285, che ha inquadrato i geometri nella settima qualifica funzionale, con mobilità verso l’ottava qualifica. I professionisti laureati sono stati invece collocati nella decima qualifica funzionale.

19. Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, ha, con l’art. 45, demandato ad accordi tra ARAN e confederazioni maggiormente rappresentative l’individuazione dei comparti di contrattazione collettiva e, nell’ambito di questi, una disciplina distinta per i professionisti.

20. La successiva legge-delega 15 marzo 1997, n. 59, ha ribadito la necessità che la contrattazione collettiva individuasse una distinta disciplina per i dipendenti pubblici che svolgono qualificate attività professionali, stabilendo all’art. 11, comma 4, che la norma delegata dovesse (tra l’altro) prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione potesse distinguere la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo sanitario di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15, e succ. mod., e stabiliscano altresì una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attività professionali, implicanti l’iscrizione ad albi, oppure tecnico-scientifiche e di ricerca.

21. La necessità di una disciplina speciale si ritrova ribadita nel D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396, e nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 2.

22. Da tale quadro normativo di fonte legale emerge che alla contrattazione collettiva era demandato di prevedere una disciplina distinta per i dipendenti “professionisti”. Ciò però non escludeva che la stessa contrattazione collettiva avesse spazi di autonomia per recepire una nozione più o meno ampia di “professionisti”; ed è quanto si è verificato, come sopra rilevato, non avendo la contrattazione collettiva previsto la riconducibilità a tale area dei geometri, sprovvisti di laurea, inquadrati nell’area “C”.

23. In proposito questa Corte (Cass., sez. lav., 1 marzo 2005, n. 4253) ha già affermato che la disposizione recata dalla Legge Delega n. 59 del 1997, art. 11, comma 4, lett. d), secondo cui nei contratti collettivi del comparto dei dipendenti di enti pubblici non economici deve essere stabilita una disciplina distinta da quelle delle altre categorie di lavoratori per le figure professionali svolgenti mansioni comportanti l’iscrizione ad albi professionali, costituisce una delega ampia alle parti collettive, che non predetermina in maniera dettagliata i limiti della specialità della disciplina contrattuale e neanche richiede, in particolare, moduli classificatori del tutto distinti da quelli del restante personale, atteso che obiettivo minimo del legislatore è il riconoscimento delle specifiche professionalità e delle sfere di autonomia e responsabilità ricollegate a talune attività professionali, ai fini dell’assegnazione delle mansioni, e che, comunque, tale riconoscimento non può comportare l’automatica assimilazione normativa, e retributiva, tra professionisti diplomati e professionisti laureati.

24. La decisione della Corte territoriale che, in difformità dalla predetta interpretazione delle fonti negoziale collettive e normative, ha riconosciuto il diritto degli intimati, iscritti all’albo professionale dei geometri, all’inquadramento nell’area professionisti come individuata dall’art. 33 e ss. del CCNL per il personale del comparto degli enti pubblici non economici 1998-2001, va, pertanto, cassata.

25. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da B.M. ed altri dipendenti INDPAP in epigrafe indicati.

26. Si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio in considerazione del recente consolidarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da B.M. ed altri; dichiara compensate le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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