Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27692 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3785/2007 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso L’UFFICIO DI

RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE CAMPANIA, rappresentata e difesa dagli

avvocati PEZZELLA ANNA MARIA, GRANDE CORRADO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

C.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1220/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 09/10/2006 R.G.N. 352/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato MARINA RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto o inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.I. ha adito il Tribunale di Salerno convenendo in giudizio la Regione Campania al fine di ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, sull’allegato presupposto di un danno irreversibile a seguito di emotrasfusione.

2. Il Tribunale, disposta la vocatio in ius del Ministero della Salute, dichiarava inammissibile il ricorso per intervenuta decadenza per essere stata presentata la domanda per la concessione dell’indennizzo il 22.10.1999, per epatite contratta nel febbraio 1996, epoca da cui doveva farsi decorrere il termine triennale di decadenza.

3. La Corte d’appello di Salerno accoglieva il gravame svolto dalla signora C. e riconosceva il diritto all’indennizzo con condanna del Ministero della Salute alla relativa corresponsione sul presupposto della tempestività della domanda presentata nel termine di prescrizione decennale per l’acquisita consapevolezza di aver contratto l’epatite C solo in occasione del ricovero ospedaliero nel febbraio 1996.

4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il Ministero della Salute con due motivi. La Regione Campania ha resistito con controricorso.

C.I. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo del ricorso la parte ricorrente, denunciando violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, e D.Lgs. n. 112 del 1998, artt. 114 e 123, chiede alla Corte di stabilire se, per le domande amministrative d’indennizzo presentate in data precedente al 1 gennaio 2001 ovvero al 21 febbraio 2001, ma tali date non ancora definite, la legittimazione passiva spetti al Ministero della salute ovvero alla Regione.

6. Con il secondo motivo, il Ministero denuncia la violazione della L. n. 210 del 1992, art. 3, come modificato dal D.L. n. 344 del 1996, art. 6, nonchè dal D.L. n. 548 del 1996, art. 7, conv. in L. n. 641 del 1996, e dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, chiedendo alla Corte di stabilire se “alle istanze di indennizzo ex L. n. 210 del 1992, presentate in epoca successiva alla data di entrata in vigore del D.L. n. 344 del 1996, art. 6, comma 4, aventi ad oggetto epatiti post trasfusionali delle quali l’avente diritto risulti avere avuto conoscenza prima dell’entrata in vigore di tale ultima norma, si applichi il termine di decadenza triennale di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, come modificato dallo stesso D.L. n. 344 del 1996, art. 6, comma 4, dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 584, art. 6, comma 4 conv. in L. 20 dicembre 1996, n. 641, e dalla L. 25 luglio 1997, n. 238, art. 1, e, in caso affermativo, se detto termine decorra dalla data di entrata in vigore della D.L. n. 344 del 1996, art. 6, comma 4.

7. Il primo motivo – al quale, del resto, il Ministero ha dichiarato di rinunciare con la memoria ex art. 378 c.p.c., – deve ritenersi infondato.

8. Invero, il quesito di diritto formulato a corredo del motivo deve trovare risposta nel principio enunciato, in materia, dalle Sezioni unite della Corte che, con la sentenza n. 12538 del 2011, hanno osservato, in sintesi, che: a) le disposizioni sul contenzioso contenute nei D.P.C.M. 26 maggio 2000, D.P.C.M. 8 gennaio 2002 e D.P.C.M. 24 luglio 2003 riguardano solo l’onere dello stesso e non anche una regola processuale sulla legittimazione passiva che, peraltro, non potrebbe comunque desumersi per inidoneità della fonte a disciplinare tale aspetto, pur in un mutato contesto costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione, che assegna, ora, alle Regioni la competenza residuale in materia di assistenza sociale; b) la L. n. 210 del 1992, art. 5, continua ad assegnare al Ministro della salute la competenza a decidere il ricorso amministrativo avverso la valutazione della commissione medico-ospedaliera; v) questa competenza è stata fatta salva dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 123, e sopravvive anche nel mutato contesto di trasferimento alle Regioni di compiti e funzioni in tema di indennizzo (ad opera dei cit. D.P.C.M. 8 gennaio 2002 e D.P.C.M. 24 luglio 2003) e di attribuzione alle Regioni della competenza legislativa residuale in materia di assistenza pubblica (ad opera dell’art. 117 Cost., comma 4, riformato).

9. Le Sezioni unite hanno, pertanto, chiarito che, come il Ministero della salute decide in sede amministrativa pronunciandosi sul ricorso di chi chiede la prestazione assistenziale in esame, analogamente è nei suoi confronti che va proposta l’azione giudiziaria con cui il danneggiato rivendica l’indennizzo, affermando il principio di diritto secondo cui: “nelle controversie aventi ad oggetto l’indennizzo previsto dalla L. 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti che hanno riportato danni irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati e da questi ultimi proposte per l’accertamento del diritto al beneficio sussiste la legittimazione passiva del Ministero della salute”.

10. Patimenti infondato è il secondo motivo di ricorso alla stregua della giurisprudenza, anche recente, della Corte, in materia (ex multis, 16790 del 2011).

11. La L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, nel testo vigente prima che fosse sostituito dalla L. n. 238 del 1997, art. 1 – applicabile, ratione temporis, al caso in esame nel quale la domanda della prestazione è stata presentata nel 1999 in relazione ad una emotrasfusione di cui l’interessata ha avuto consapevolezza nel corso di un ricovero ospedaliero nel febbraio del 1996 – disponeva che i soggetti interessati dovevano presentare domanda entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di dieci anni nei casi di infezione da HIV, termini decorrenti dal momento in cui l’avente diritto risultava aver avuto conoscenza del danno.

12. Nessun termine di decadenza era previsto per il caso di epatiti post- trasfusionali; la previsione di un termine di decadenza triennale è stata introdotta per la prima volta dal D.L. n. 344 del 1996, art. 6, comma 4, entrato in vigore il 3.7.1996, non convertito in legge. Analoga norma fu introdotta con il D.L. n. 548 del 1996, art. 7, comma 4, convertito in L. n. 641 del 1996. La L. n. 641 del 1996, art. 1, comma 2, ha poi fatto salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. n. 344 del 1996. La disposizione in esame è stata, infine, sostanzialmente confermata dalla L. n. 238 del 1997, art. 1 recante modifiche e integrazioni alla L. n. 210 del 1992.

13. Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha ripetutamente affermato che la normativa in esame ha carattere innovativo e non interpretativo e non è quindi applicabile alle fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore.

u. Nè potrebbe sostenersi che il termine di decadenza triennale, prima delle modifiche introdotte dalla normativa del 1996 e del 1997, fosse applicabile per analogia alle epatiti post-trasfusionali.

15. Questa stessa Corte ha, infatti, anche recentemente (Cass. 6923/2010), ribadito che il termine di decadenza previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 3 per la proposizione della domanda amministrativa di indennizzo per le patologie derivanti da vaccinazioni non si estende analogicamente alle ipotesi di epatiti post-trasfusionali, in quanto trattasi di norma eccezionale, per la quale vige il divieto di applicazione analogica, per cui in caso di epatiti verificatesi prima delle modifiche introdotte con L. n. 238 del 1997, la domanda è proponibile nell’ordinario termine di prescrizione decennale, a decorrere dal momento in cui l’avente diritto ha avuto conoscenza del danno (Cass. n. 7341/2004, Cass. n. 6500/2003, Cass. n. 6130/2001).

16. Nella specie, la Corte territoriale ha stabilito, con accertamento di fatto che non è stato sottoposto a gravame, che la consapevolezza di aver contratto l’epatite C si è avuta solo in occasione del ricovero ospedaliero nel febbraio 1996 derivandone, in ogni caso, la tempestività della domanda di indennizzo proposta nel termine decennale.

17. L’Amministrazione oppone che, trattandosi di malattia contratta nel 1989/1990 e scoperta nel 1996, la domanda amministrativa è stata, tuttavia, presentata in epoca (ottobre 1999) in cui il termine decadenziale esisteva già da molti anni sicchè dovrebbe trovare applicazione detto termine decadenziale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto termine breve e ciò anche in forza della disposizione di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 7, secondo cui “per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già subito la menomazione prevista dall’art. 1, il termine di cui al comma 1 del presente articolo decorre dalla data di entrata in vigore della legge stessa”.

18. L’assunto è infondato poichè non considera che, in ogni caso, anche le disposizioni introdotte con decretazione d’urgenza (D.L. n. 344 del 1996, e D.L. n. 548 del 1996) ancoravano la decorrenza del termine decadenziale all’effettiva conoscenza del danno.

19. Nè tale regola potrebbe trovare deroga nel diverso principio stabilito dalla norma transitoria di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 7, o nel principio generale (richiamato da Cass. 25746/2009) per cui, in materia di termini, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche ai diritti sorti anteriormente, ma con decorrenza dall’entrata in vigore della modifica legislativa.

20. Nella materia in esame, tale principio può valere, infatti, solo per i casi in cui, alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, il soggetto abbia già avuto conoscenza del danno, con riferimento anche alla sua eziologia, dovendo, in caso contrario, e cioè nel caso in cui l’interessato risulti aver avuto conoscenza del danno solo dopo l’entrata in vigore della modifica normativa, applicarsi la regola della decorrenza del termine dal momento in cui il soggetto ha avuto effettiva conoscenza del danno, anche in forza di un’interpretazione informata al canone costituzionale di ragionevolezza (cfr., nello stesso senso, Cass. 7304/2011; Cass. 16790/2011).

21. La sentenza impugnata non si è discostata dai principi giuridici sopra enunciati e non è assoggettabile, dunque, alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.

22. Il ricorso non merita, pertanto, accoglimento. Si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio, in relazione al recente consolidarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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