Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27689 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/12/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 03/12/2020), n.27689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15833-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 198/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 13/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2020 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 198/36/12, depositata il 13 dicembre 2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, così, integralmente confermato la decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di una cartella esattoriale emessa, in esito all’iscrizione a ruolo dell’imposta di registro dovuta da V.A., in relazione ad avviso di rettifica e liquidazione la cui definitività era conseguita da sentenza passata in giudicato;

– il giudice del gravame ha ritenuto che la pronuncia passata in giudicato, in quanto di mero rito (perchè fondata sull’inammissibilità del ricorso), non ostava all’applicazione della regola posta dall’art. 1306 c.c., comma 2, e, così, all’effetto estensivo del giudicato favorevole conseguito dal condebitore;

2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza

sulla base di un solo motivo;

– la parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, ed all’art. 1306 c.c., comma 2, e art. 2909 c.c., deducendo, in sintesi, che, secondo dicta giurisprudenziali, la natura processuale della pronuncia, ciò non di meno passata in giudicato, preclude l’efficacia estensiva della (diversa) sentenza ottenuta dal condebitore solidale, ed a questi favorevole;

2. – il motivo di ricorso è fondato e va accolto;

3. – non è dubbia, nella giurisprudenza della Corte, l’applicabilità dell’art. 1306 c.c., comma 2, all’obbligazione solidale tributaria (v., altresì, Corte Cost., 21 luglio 1988, n. 870; Corte Cost., 17 dicembre 1987, n. 544), essendosi rilevato che la regolamentazione delle obbligazioni solidali tributarie va tratta, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass. Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053);

– la citata disposizione codicistica, – della quale si è rilevato che “non ha valore di norma sulla struttura dell’obbligazione solidale (ossia un valore sostanziale), ma detta una regola speciale direttamente riguardante il funzionamento processuale del meccanismo della solidarietà, operando un distacco delle vicende processuali da quelle sostanziali” (Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053), – trova, però, un limite nel giudicato (sfavorevole) che eventualmente si sia formato (così come nella fattispecie) nei confronti del debitore solidale che ne invoca l’applicazione, l’effetto estensivo del giudicato (favorevole) rimanendo, così, impedito (proprio) dall’avvenuta definizione (con forza di giudicato) dell’obbligazione gravante su uno dei coobbligati solidali (cfr., ex plurimis, Cass., 5 dicembre 2019, n. 31807; Cass. 27 dicembre 2018, n. 33436; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3204; Cass., 5 luglio 2017, n. 16560);

3.1 – nè, diversamente, rileva che detto giudicato si sia formato in relazione ad una questione pregiudiziale di rito (con riferimento, nella fattispecie, all’inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente) in quanto, come si è condivisibilmente osservato, un siffatto giudicato “non si limita a statuire unicamente sul processo, ma dà pure implicitamente atto dell’impossibilità, per l’interessato, di rimettere in discussione l’an ed il quantum della pretesa di controparte” (così Cass., 27 settembre 2002, n. 13997 cui adde, ex plurimis, Cass., 11 aprile 2011, n. 8169; Cass., 7 settembre 2004, n. 18025; Cass., 9 aprile 2003, n. 5595) e, così, determina una situazione sostanziale (la definitività dell’atto impugnato conseguente a pronuncia giudiziale passata in giudicato) che è del tutto diversa da quella che poggia sulla (sola) definitività dell’atto di accertamento (mai impugnato dal contribuente condebitore solidale);

4. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con rigetto del ricorso introduttivo del giudizio qual proposto dal contribuente;

– le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, avuto riguardo all’evolversi della vicenda processuale, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte intimata.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dal contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna V.A. al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

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