Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27687 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. III, 12/10/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 12/10/2021), n.27687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25577/2018 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’avv. MONICA MARAZZATO, che lo rappresenta e difende per procura

speciale in atti;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ GESTIONE ATTIVITA’ SGA SPA, GIA’ BANCO DI NAPOLI SPA, quale

procuratore di Flaminia SVP s.r.l.per la gestione dei crediti e dei

contenziosi, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHIANA 48,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO ALEANDRI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MARINA CAVEDAL;

– controricorrente –

e contro

DO BANK SPA, GIA’ MEDIOVENEZIA BANCA SPA, BANCA DI MONASTIER E DEL

SILE CREDITO COOPERATIVO SCARL GIA’ BANCA CRED COOP CASIER SCARL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1190/2018 del TRIBUNALE di TREVISO, depositata

il 07/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – L’avvocato B.R. propone tempestivo ricorso per Cassazione notificato il 27.8.2018 (lunedì) articolato in due motivi nei confronti di Flaminia SPV s.r.l., Do Bank s.p.a., Banca di Monastier e del Sile credito cooperativo s.c. a r.l. e della Società per la Gestione di Attività SGA s.p.a., per la cassazione della sentenza n. 1190/2018, pubblicata dal Tribunale di Treviso il 7.6.2018, notificata il 26.6.2018.

2. – Resiste con controricorso la SGA, non in proprio ma quale procuratrice speciale di Flaminia SPV per la gestione dei crediti e dei relativi contenziosi, a suo tempo ceduti a Veneto Banca.

3. – Nel corso del giudizio il ricorrente ha rinunciato agli atti nei confronti di Do Bank, Banca di Monastier e del Sile credito cooperativo s.c. a r.l. e della Società per la Gestione di Attività SGA, ed in particolare ha rinunciato al motivo n. 2 per la parte che riguarda le suddette intimate.

4. – Rimangono quindi in causa il ricorrente avv. B. e la Flaminia SPV s.r.l., per la quale si è costituita come procuratore la SGA s.p.a., nella persona della Team Leader Bo.Da., a tanto abilitata in virtù di procura speciale in atti, conferita con atto autenticato.

5. – Questi i fatti.

5.1. – Dal 1994 al 2017 è pendente dinanzi al tribunale di Treviso una procedura esecutiva immobiliare nei confronti della società agricola Le Castrette, che vedeva ben 33 lotti pignorati e successivamente venduti. Nel 2012 la società esecutata viene cancellata dal registro delle imprese.

5.2. – Nel 2017, subito prima della udienza per l’approvazione del piano di distribuzione, interviene per un proprio credito professionale l’avvocato B., che assume di aver svolto nel corso degli anni attività professionale continuativa in favore della Azienda Agricola Le Castrette, in forza di un atto di riconoscimento di debito per prestazioni professionali per la somma di Euro 600.000,00 che indicava come costituente una parte del credito professionale maturato, atto di riconoscimento rilasciato in suo favore da M.C. e M.F., socie dell’azienda agricola. Il riconoscimento di debito così recita:

La presente ricognizione è fatta espressamente con riferimento ai debiti sociali ed impegna le sottoscritte in conformità a quanto previsto nell’art. 2495 c.c., comma 2, nei soli limiti del residuo attivo sociale non ancora liquidato”.

5.3. – Il giudice dell’esecuzione dichiarò l’intervento dell’avv. B. inammissibile, in quanto privo di titolo, perché la dichiarazione contenente riconoscimento di debito proveniva dalle ex socie, e non dalla società debitrice, disciolta anni prima. Puntualizzò che il credito dell’avv. B. avrebbe potuto godere solo del privilegio generale mobiliare, ex art. 2776 c.c., con possibilità di collocazione a preferenza sui seditori chirografari e non anche sui privilegiati, ma solo nel caso in cui egli avesse dato la prova della preventiva, infruttuosa esecuzione sui beni mobili della società debitrice, prova non offerta. Rilevò che, essendo un credito sorto dopo il pignoramento, ex art. 2916 c.c., n. 3, non gli spettava alcun privilegio.

5.4. – Avverso questa ordinanza proponeva opposizione agli atti esecutivi l’avvocato B. il quale successivamente proponeva opposizione anche al piano di riparto definitivo, che lo escludeva.

5.5. – I due giudizi venivano riuniti e il tribunale di Treviso, con la sentenza qui impugnata, rigettava entrambe le opposizioni proposte dall’avvocato B. condannandolo al pagamento delle spese nei confronti dei quattro creditori costituiti.

5.6. – Il tribunale nel provvedimento impugnato così ricostruisce la situazione: l’attore è intervenuto nella esecuzione immobiliare iniziata contro la società Le Castrette, chiedendo di partecipare all’udienza fissata, ex art. 596 c.p.c., per la discussione e l’approvazione del progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati, depositando l’atto ricognitivo firmato dalle socie e sostenendo che, essendo la società estinta, le socie erano succedute nei debiti della società e in tale veste avevano rilasciato l’atto notarile ricognitivo del debito della società determinando il quantum dovuto all’attore in forza dell’attività professionale svolta. L’avv. B. assumeva quindi che quella dichiarazione, rilasciata dalle socie a società già sciolta da anni, avrebbe costituito un titolo per agire esecutivamente sui beni sociali residui, rappresentati dal ricavato della vendita dell’ultimo lotto; sosteneva peraltro di poter utilmente intervenire quale creditore privilegiato ex art. 2776 c.c., il che avrebbe reso non tardivo il suo intervento.

5.6.1. – Il tribunale afferma che la dichiarazione di debito non avrebbe potuto impegnare la società, in quanto soggetto giuridico non più esistente da anni, ma al più avrebbe potuto impegnare le sole socie che l’avevano resa, che avrebbero potuto essere chiamate a rispondere nei confronti del professionista nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione e nei limiti di diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione.

5.6.2. – Afferma poi che l’avvocato, intervenuto tardivamente nella procedura esecutiva per un credito chirografario, anche se fosse stato ammesso, era destinato a non essere soddisfatto stante l’incapienza del ricavato, insufficiente a soddisfare i creditori chirografari tempestivi.

5.6.3. – Esclude infatti che l’avvocato potesse far valere il privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2, dettato a tutela dei crediti professionali, non avendo preventivamente provveduto all’escussione del patrimonio delle socie nei limiti della loro responsabilità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2495 c.c., con riferimento alla responsabilità, legittimazione, e successione dei soci superstiti di una società cancellata dal registro delle imprese, con riferimento agli effetti del pignoramento sui beni della società nonché con riferimento all’interesse ad intervenire.

Segnala che sul punto sarebbe opportuna una riforma legislativa atta a meglio tutelare la condizione dei creditori nei confronti dei soci di una società disciolta. Sostiene di aver agito esecutivamente per recuperare il proprio credito anche nei confronti delle socie, imputandolo a residui non liquidati o a sopravvenienze, in quanto i debiti della società disciolta si trasferiscono ai soci, nei limiti dell’attivo liquidato e loro distribuito, con un fenomeno di tipo successorio.

Puntualizza di essere intervenuto dopo l’udienza prevista dall’art. 564 (udienza di autorizzazione alla vendita) ma prima di quella prevista dall’art. 596 (udienza di formazione del progetto di distribuzione), e quindi ritiene che la sua posizione avrebbe dovuto essere equiparata a quella dei creditori chirografari tempestivi e come tale avrebbe potuto concorrere sul ricavato d’asta destinato ai chirografari. Ciò in quanto i creditori muniti di privilegio formatosi dopo il pignoramento, possono intervenire e devono essere trattati come chirografari tempestivi, ex art. 2776 c.c., che non costituisce in loro favore un nuovo privilegio, ma solo deroga alla par condicio creditorum in sede di distribuzione.

Sostiene inoltre di aver agito sulla base di un credito professionale, come tale assistito dal privilegio generale sui mobili, di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2 (le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione), che ad esso si applica l’art. 2776 c.c., comma 2 (“I crediti indicati dagli artt. 2751 e 2751 bis c.c., ad eccezione di quelli di cui al precedente comma, ed i crediti…sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma 1” e, quindi, sostiene che il suo credito avrebbe dovuto essere considerato ed aveva diritto ad essere soddisfatto prima dei crediti chirografari.

Il motivo è infondato, al limite della inammissibilità, in quanto eccentrico: il ricorrente pretendeva di intervenire, in sede di distribuzione del ricavato, quale creditore della disciolta società Le Castrette, in virtù di un titolo (riconoscimento di debito) formatosi ben dopo lo scioglimento della società e formatosi nei confronti delle socie.

Il tribunale ha affermato che il ricorrente non aveva titolo esecutivo nei confronti della società perché quell’atto impegnava solo la responsabilità della socie, nei limiti di cui all’art. 2945 c.c.. Il motivo non si confronta neppure efficacemente con il punto della sentenza impugnata che ha negato al riconoscimento di debito emesso da soggetto diverso dal debitore esecutato e dopo il venir meno del debitore esecutato, valore di titolo esecutivo nei confronti del debitore. In questo giudizio, il documento prodotto a fondamento del credito, ovvero il riconoscimento di debito emesso da soggetto diverso rispetto al debitore esecutato per prestazioni professionali, non soltanto non ha alcun valore privilegiato, ma non è neppure la prova di un credito certo e liquido verso la società, atteso che non ha come sostrato nessuna liquidazione da parte del competente Consiglio dell’ordine professionale, nessuna documentazione dell’attività svolta (i documenti che sono stati prodotti sono esclusivamente dei preavvisi di fattura emessi a carico della società a distanza di cinque anni dal suo scioglimento), non reca neppure alcun riferimento all’attività svolta con maggior precisione di una mera generica indicazione: se si perde – come si è perso – il valore dell’astrazione processuale tipico di un riconoscimento di debito in quanto esso non proviene dal debitore, il titolare del riconoscimento di debito è tenuto a provare integralmente il suo credito e non lo ha provato.

Il ricorrente non contesta questo profilo della sentenza, ma afferma che avrebbe potuto vantare comunque il suo credito verso le socie. Questo profilo non è escluso dalla sentenza impugnata, che esclude, al contrario, che il ricorrente abbia provato la ricorrenza dei presupposti per vantare tale credito. Conformemente a quanto affermato da Cass. U.U. n. 6070 del 2013, in base all’art. 2945 c.c., il creditore sociale non soddisfatto di una società estinta può far valere il proprio credito nei confronti dei soci ma solo fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Con accertamento in fatto, riportato a pag. 12 del provvedimento impugnato e non contestato, il tribunale ha affermato che nulla avrebbe allegato l’intervenuto in relazione alla collocazione dei beni pignorati nel bilancio finale di liquidazione della società.

Si aggiunga che correttamente è stato escluso che il credito vantato dall’intervenuto potesse godere del privilegio generale sui beni mobili ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, perché quel privilegio potrebbe spettare solo ove avesse fornito la prova di aver tentato, infruttuosamente l’esecuzione sui beni mobili del debitore, prima dell’udienza ex art. 596 c.p.c., o dell’udienza di discussione del progetto di riparto/ ma è giudizialmente accertato che così non è stato, perché solo in sede di opposizione agli atti il creditore avrebbe dato la prova di aver notificato un precetto e tentato un pignoramento nei confronti delle M..

Inoltre, il privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, in ogni caso, potrebbe spettare solo per le retribuzioni professionali dovute per gli ultimi due anni, mentre tutti i crediti professionali richiesti, che risalgono all’indietro per ben 23 anni, si collocano oltre due anni prima all’intervento nell’esecuzione e quindi, anche qualora fossero da ritenere provati nella loro debenza e nel loro ammontare, non potrebbero fruire del predetto privilegio, in quanto potrebbero godere del privilegio solo le prestazioni effettuate nei due anni precedenti al momento dell’intervento, ovvero al gennaio 2017.

Infine, non emerge dal provvedimento impugnato e non è neppure indicato dal ricorrente che egli avesse attivato una procedura esecutiva mobiliare nei confronti della estinta società o delle socie, idonea ad attivare il privilegio generale sui mobili di cui all’art. 2776 c.c., che gli avrebbe consentito di essere preferito rispetto agli altri creditori chirografari sul ricavato della vendita degli immobili. In tema di privilegio generale sui mobili, ai fini della collocazione sussidiaria del credito sul prezzo degli immobili, di cui all’art. 2776 c.c., grava sul creditore l’onere di provare che, prima di partecipare alla distribuzione nella quale invoca il privilegio (e non anche prima di aver dispiegato l’azione esecutiva, pure soltanto mediante intervento), è rimasto incapiente nell’esecuzione direttamente proposta ed impossibilitato ad intervenire nelle precedenti esecuzioni (ad esempio, perché il suo credito non era ancora certo, liquido ed esigibile), ovvero che il suo intervento era (o sarebbe) stato superfluo per l’insufficienza del patrimonio mobiliare del debitore a soddisfare il suo credito, anche se privilegiato (Cass. n. 5724 del 2019).

Con il secondo motivo, il ricorrente avv. B. denuncia la violazione e falsa applicazione delle disposizioni all’art. 100 c.p.c., con riferimento all’interesse ad agire per i creditori non aventi titolo a partecipare al piano di riparto. In realtà, contesta di essere stato condannato a pagare le spese di lite in favore di tutte le controparti, anziché nei soli confronti di quei creditori che sarebbero stati destinati a subire gli effetti dell’accoglimento della controversia distributiva, che erano i soli litisconsorti necessari nella controversia distributiva. Sostiene che la sua opposizione avrebbe potuto incidere solo sulla parte del piano di riparto riservata alla liquidazione dei creditori chirografari (per complessivi Euro 687.084,94) e quindi che non toccava affatto i creditori antergati, quali SGA, Banca Monastier e del Sile, Veneto Banca (la cui memoria, sostiene, era anche tardiva).

Il ricorrente ha rinunciato al ricorso, ed in particolare al secondo motivo di ricorso, nei confronti di Do Bank, Banca Monastier e del Sile, Veneto Banca, che sono rimaste intimate, perché l’unica ad aver svolto attività processuale dinanzi a questa Corte è la Flaminia SVP, a mezzo del suo procuratore speciale S.G.A..

Il motivo è comunque infondato.

La controricorrente sottolinea che buona parte di quell’attività professionale della quale del tutto irritualmente l’avv. B. ha chiesto la liquidazione in sede esecutiva è stata svolta al fine di ostacolare con ogni mezzo ogni attività esecutiva nei confronti della estinta azienda agricola, ritardando la soddisfazione dei creditori, che adesso vorrebbe escludere dalla liquidazione delle spese del giudizio di opposizione.

Neppure risulta, dal ricorso, che l’opposizione fosse volta a contestare solo la distribuzione in favore dei chirografari, in quanto il ricorrente asserisce, benché infondatamente, di essere munito di titolo e di essere privilegiato.

Nell’opposizione proposta avverso il piano di distribuzione del ricavato di una procedura esecutiva immobiliare, i creditori che si costituiscono hanno diritto, ove l’opposizione venga rigettata, alla liquidazione delle spese legali perché, a prescindere dal fatto che siano o meno litisconsorti necessari, hanno un interesse a costituirsi, atteso che la pendenza della causa ritarda il conseguimento in sede distributiva del loro credito. La liquidazione delle spese di lite è stata quindi correttamente effettuata in favore di tutti i creditori che si sono costituiti in giudizio contrastando l’opposizione alla distribuzione del ricavato proposta dall’avv. B..

Il ricorso è complessivamente infondato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 8.200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

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