Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27684 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27684 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 10030-2012 proposto da:
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO e
LUCIA PUGLISI, che lo rappresentano e difendono,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
3345

contro

MIELE MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PO 43, presso lo studio dell’avvocato PIETRO SIRENA,
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO CUPIDO,

Data pubblicazione: 21/11/2017

giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4432/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/07/2011 R.G.N.
291/2008.

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Rilevato
che il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli rigettò la domanda con la quale
Massimo Miele, vittima di infortunio sul lavoro dell’1.6.1990 per il quale si era
visto riconoscere una rendita del 16% in data 7.4.1992, aveva chiesto un
adeguamento di tale prestazione nella maggior percentuale del 30% a causa

che la Corte d’appello di Napoli (sentenza pubblicata il 7.7.2011), investita
dall’impugnazione del Miele, ha accolto il gravame, dichiarando che la capacità
lavorativa dell’appellante era ridotta del 28% a partire dall’1.4.2011;
che la Corte è pervenuta a tale decisione dopo aver condiviso le conclusioni del
perito d’ufficio, secondo il quale l’aggravamento lamentato dal Miele era dipeso
dalla persistenza della sua esposizione al rischio specifico nello stesso reparto
dove aveva in precedenza operato (“call center” della Telecom), anche dopo il
verificarsi dell’evento che gli aveva causato l’ipoacusia da rumore;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con tre motivi;
che Miele Massimo resiste con controricorso;
che il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso;
considerato
a. che col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt.
83 e 137 del T.U. n. 1124 del 30.6.1965, l’Inail lamenta che la Corte d’appello
ha erroneamente riconosciuto giuridica rilevanza ad un aggravamento dei
postumi verificatosi (1.4.2011) a distanza di oltre dieci anni dall’infortunio
(1.6.1990), allorquando era già scattata da molto tempo la presunzione legale
assoluta di stabilizzazione degli stessi postumi e la rendita non poteva essere
più oggetto di revisione;
b. che col secondo motivo, dedotto per violazione degli artt. 414 e 437 c.p.c.,
il ricorrente lamenta che la Corte d’appello è incorsa in errore nel momento in
cui – in adesione all’elaborato del consulente d’ufficio di secondo grado – ha
riconosciuto l’aggravamento sulla base della circostanza nuova, tardivamente
allegata, dell’asserita continuata esposizione al rischio patogeno per effetto del
mancato allontanamento dalle sorgenti di rumore, con conseguente evoluzione
sia della patologia acustica che dei disturbi neuropsichici secondari al trauma;

del lamentato aggravamento dei postumi invalidanti;

c. che col terzo motivo, proposto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5
c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha errato sia nel ritenere
possibile l’aggravamento oltre il decennio dall’infortunio, sia nel consentire
l’ingresso di nuovi temi di indagine in appello, omettendo di motivare in ordine
all’iter logico-giuridico posto a base della decisione adottata, sia con riguardo

d. che col controricorso il Miele ha eccepito preliminarmente la decadenza
dell’istituto dalla possibilità di riproporre in sede di legittimità la questione
della stabilizzazione dei postumi, dal momento che la stessa era stata
dichiarata inammissibile dal primo giudice, per cui a seguito dell’appello
dell’assicurato l’istituto avrebbe dovuto proporre appello incidentale sul punto,
anziché restare contumace;
e. che, in ogni caso, essendo rimasto contumace nel grado di appello, l’Inali
non poteva riproporre in sede di legittimità le domande e le eccezioni non
riproposte espressamente in secondo grado, dal momento che queste
dovevano intendersi come rinunciate, per cui sussisteva una causa di
inammissibilità sul punto del ricorso per cassazione;
f. che l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso è infondata, in
quanto questa Corte (Cass. Sez. 2, n. 11259 del 20.5.2011) ha statuito che “il
principio secondo cui l’art. 346 cod. proc. civ., il quale dispone la decadenza
dalle domande e dalle eccezioni non riproposte in appello, non si applica con
riferimento alle questioni rilevabili d’ufficio, in quanto esso va coordinato con il
sistema delle preclusioni e con l’art. 342 cod. proc. civ., concernente la
specificità dei motivi d’impugnazione, in virtù dei quali la libera iniziativa del
giudice con riguardo alle questioni rilevabili d’ufficio trova un limite nel caso in
cui una di tali questioni sia stata espressamente decisa nel precedente grado
di giudizio ed il relativo punto non abbia formato oggetto d’impugnazione
ovvero, nel caso di parte praticamente vittoriosa, non sia stato comunque
riproposto al giudice di appello;
g. che il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL
stabilito dagli artt. 83 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965 non è di prescrizione
o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo sull’esistenza stessa
del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il quale assumono

all’asserito aggravamento che alla decorrenza dello stesso;

rilevanza le successive modificazioni, per cui trattandosi di un elemento
costitutivo del diritto non trova applicazione la regola di cui all’art. 346 c.p.c.;
h. che il primo ed il terzo motivo del ricorso, tra loro connessi e, quindi,
esaminabili congiuntamente, sono fondati;
i. che, infatti, trattandosi di infortunio sul lavoro risalente all’1.6.1990, per il

con decorrenza della stessa dal 13.8.1990, occorre considerare che nel caso di
specie al momento del riconoscimento dell’aggravamento a decorrere
dall’1.4.2011 era, comunque, trascorso un periodo di tempo notevolmente
superiore al decennio dalla data dell’infortunio occorso al Miele, così come
previsto dalla norma di cui all’art. 83 del T.U. n. 1124/1965 ai fini della
presunzione di consolidamento dei postumi invalidanti;
I. che anche con riferimento alla data di proposizione del ricorso di primo
grado del 26.11.2003 per il riconoscimento dell’aggravamento in esame era
egualmente decorso un decennio dalla data dell’infortunio;
m. che, pertanto, all’atto del riconoscimento del predetto aggravamento si era
già avverata la presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi
invalidanti causalmente collegati all’evento protetto, per cui la Corte d’appello
non avrebbe potuto riconoscere il diritto ad una maggiorazione della rendita
con riferimento diretto all’infortunio occorso al Miele in epoca antecedente
all’ultimo decennio;
n. che, infatti, questa Corte si è già pronunziata in siffatta materia (Cass. sez.
lav. n. 19589 del 16.9.2010) statuendo che “il periodo di dieci anni dalla data
dell’infortunio durante il quale l’infortunato dichiarato guarito senza postumi
permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile può, a norma
dell’art. 83, ottavo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. infortuni
sul lavoro e malattie professionali), chiedere la liquidazione di rendita se, a
seguito di aggravamento, i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di
indennizzabilità, costituisce l’esclusivo periodo di osservazione entro il quale si
può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato,
determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di
immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione
dello stato di inabilità conseguente all’infortunio si sia verificata entro il

quale il riconoscimento della relativa rendita era avvenuto in data 7.4.1992

decennio sorge l’eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da
esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112
dello stesso d.P.R., decorrente dal momento dell’intervenuta variazione e non
già dalla scadenza del decennio;
o. che si è, altresì, precisato (Cass. Sez. L, n. 20009 del 22/9/2010) che “il

dagli artt. 83 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (di dieci o quindici anni,
rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali) non è di
prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo
sull’esistenza stessa del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il
quale assumono rilevanza le successive modificazioni, “in pejus” o “in melius”,
delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull’attitudine al lavoro, collegando
la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva
stabilizzazione delle condizioni fisiche. Ne consegue che, lo spirare di detti
termini non preclude la proposizione della domanda di revisione, purché
esercitata entro il termine di prescrizione triennale dalla scadenza del periodo
di revisione, fermo restando che l’aggravamento o il miglioramento devono
essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla costituzione della
rendita (in senso conf. v. anche Cass. Sez. Lav. n. 20994 del 12/10/2010,
n. 3870 del 17/2/2011, n. 20897 del 5/10/2007, n. 16056 del 17/8/2004);
p. che, pertanto, in accoglimento del primo e del terzo motivo va pronunziata
la cassazione dell’impugnata sentenza, mentre resta assorbito l’esame del
secondo motivo, dovendo il giudice del rinvio accertare se il lamentato
aggravamento iniziò a manifestarsi nell’arco del primo decennio dalla
verificazione dell’infortunio, per cui la causa va rinviata, anche per le spese,
alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza
impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli
in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 19 luglio 2017

termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito

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