Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27683 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27683 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 7112-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134 presso lo studio
dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3338

BARTUCCIOTTO GIUSEPPE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1318/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/03/2012 R.G.N. 10543/08;

Data pubblicazione: 21/11/2017

PROC. nr . 7112/2013 RG

RILEVATO
che con sentenza del 21 febbraio- 12 marzo 2012 ( nr. 1318/2012) la
Corte d’Appello di Roma ha parzialmente confermato la sentenza del
Tribunale della stessa sede ( in data 22.11.2007), che aveva accolto la
domanda della lavoratrice e per l’effetto ha dichiarato la nullità del termine
apposto al contratto di lavoro stipulato tra GIUSEPPE BARTUCCIOTTO e

«esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio,
anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti
all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi
nonchè alla attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23
ottobre , 11 dicembre 2001 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002,
congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza
di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo
estivo» e condannato Poste Italiane al pagamento della indennità ex
articolo 32 legge 183/2010;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE
ITALIANE spa, affidato a nove motivi, al quale l’intimato non ha opposto
difese;

CONSIDERATO
che la società POSTE ITALIANE ha dedotto:
– con il primo motivo— ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli articoli 1372 co.1, 1175, 1375, 2697,
1427, 1431 cod.civ. e dell’articolo 100 cod. proc.civ.; ha censurato la
sentenza per avere respinto la eccezione di risoluzione del rapporto di
lavoro per mutuo consenso nonostante la prolungata inerzia del lavoratore
(oltre tre anni dalla cessazione del contratto alla notifica del ricorso
introduttivo del giudizio), la accettazione del TFR e delle altre indennità di
fine rapporto senza riserve, la mancata giustificazione della inerzia, il

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POSTE ITALIANE spa nel periodo dall’ 1 luglio al 30 settembre 2002 per

PROC. nr . 7112/2013 RG

licenziamento intervenuto in data 19 marzo 2009 per non avere ripreso
servizio ;
– con il secondo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione dell’art. 11 D.Lgs. 368/2001 e dell’articolo 25
del CCNL 2001,

in vigore fino al 31.12.2001, per avere

il giudice

dell’appello fatto erroneamente riferimento alla disciplina dell’articolo 1

ancora in vigore le clausole dell’articolo 25 CCNL, la cui sopravvivenza era
stata disposta dall’articolo 11 del D.L.gs. 368/2001 e la cui applicabilità non
era stata contestata dal lavoratore ;
– con il terzo motivo: ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., violazione
e falsa applicazione degli artt.1, co.1 e 2 D.L.vo 368/2001, 4 co.2 D.L.gs.
368/2001, 12 disp.prel. cod.civ., 1362 e ss. cod.civ., 1325 e ss. cod. civ.,
per avere la sentenza ritenuto la genericità della causale organizzativa
senza considerare la specificazione compiuta per relationem, in riferimento
al contenuto degli accordi sindacali indicati in contratto;
– con il quarto motivo: ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt.1, co.1 e 2 D.L.gs. 368/2001, 4
co.2 D.L.gs. 368/2001, 12 disp.prel. cod.civ., 1362 e ss. cod.civ., 1325 e
ss. cod. civ. in relazione alla statuizione di genericità della causale
sostitutiva congiuntamente indicata nel contratto di lavoro per mancata
indicazione del nominativo del lavoratore sostituito e del motivo della
sostituzione;
– con il quinto

motivo —ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.—

insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
sempre sul punto della affermata genericità della causale, ritenuta anche
per la presenza di più ragioni giustificative e senza esaminare il contenuto
degli accordi richiamati nel contratto di lavoro;
– con il sesto motivo— ai sensi dell’art. 360 nr.3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli articoli 4 co.2 D.L.gs. 368/2001, 2697
cod.civ., 115, 116, 244, 253, 421 co.2 cod.proc.civ., per avere la sentenza
posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle
ragioni legittimanti la clausola del termine, prova che comunque era stata

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D.L.gs. 368/2001 laddove all’epoca di stipulazione del contratto erano

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offerta con la produzione degli accordi richiamati in contratto e con la
richiesta della prova orale, reiterata in appello, al fine di evidenziare che i
processi organizzativi avevano coinvolto anche l’unità produttiva di
applicazione del lavoratore. In ogni caso, la valutazione dei capitoli di prova
doveva essere compiuta avendo riguardo al complesso delle allegazioni
difensive ed agli atti di causa e tendendo conto della facoltà del giudice di

-con il settimo motivo: ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 253, 420 e 421
cod.proc.civ., per avere la Corte di merito ritenuto la mancanza di prova
delle esigenze sostitutive laddove il teste LEONARDO CATENA, all’epoca
responsabile del servizio di recapito della Filiale di Perugia, aveva
confermato la sussistenza nella suddetta filiale e nel periodo di causa della
esigenza di sostituire il personale in ferie;
– con l’ottavo motivo, ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc. civ.,
insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il
giudizio ovvero in ordine alla mancata integrazione del quadro probatorio
attraverso l’uso del potere istruttorio di cui agli articoli 253, 420 e 421
cod.proc. civ., invitando POSTE ITALIANE a riformulare il capitolo della
prova orale in termini di maggiore specificità ovvero rivolgendo
direttamente al teste le domande utili a chiarire i fatti;
– con il nono motivo : violazione e falsa applicazione dell’articolo 32
legge 183/2010 e dell’articolo 429 cod.proc.civ., per avere la Corte di
merito emesso condanna al pagamento della indennità ex articolo 32 legge
183/2010 in relazione al periodo maturato fino al deposito del ricorso di
primo grado e delle retribuzioni dalla data di deposito del ricorso— oltre
interessi e rivalutazione— invece di attribuire alla indennità il carattere
onnicomprensivo previsto dal testo di legge;
che ritiene il collegio si debba accogliere il quarto motivo di ricorso;
che, infatti:
– il primo motivo, nonostante la impropria denunzia di un vizio di
violazione di norme di diritto, deduce un vizio di motivazione della
sentenza impugnata giacchè censura il concreto accertamento operato

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chiedere chiarimenti ai testi nonché di integrare gli atti istruttori ex officio ;

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dal giudice del merito in ordine alla assenza della volontà del lavoratore
di risolvere il rapporto di lavoro. Così riqualificata, la censura è tuttavia
inammissibile, in quanto si riferisce a circostanze congruamente
esaminate in sentenza ( decorso del tempo, percezione del TFR) con
ragionamento immune da vizi logici;
– il secondo motivo è inammissibile. La questione della applicabilità

combinazione con l’articolo 23 L. 56/1987, in ragione della disciplina
transitoria dell’articolo 11 D.L.gs. 368/2001 (ed in luogo della disciplina
del D.Lgs 368/2001), non è trattata nella sentenza impugnata. Per
sfuggire al rilievo di novità della censura la parte ricorrente avrebbe
dovuto pertanto indicare attraverso quali atti detta questione era stata
portata all’esame del giudice dell’appello, indicando altresì
specificamente le relative deduzioni e provvedere, poi, al deposito degli
stessi atti, come richiesto dall’articolo 369 co.4 cod.proc.civ. A tali oneri
la parte ricorrente è rimasta inadempiente.
– il terzo ed il quinto motivo, che possono essere esaminati
congiuntamente in quanto entrambi relativi alla affermazione in sentenza
della genericità della causale organizzativa indicata nel contratto di
lavoro, sono infondati. La statuizione impugnata è derivata dall’esame
da parte della Corte di merito non solo del testo riportato nel contratto di
lavoro ma anche del contenuto degli accordi richiamati per relationem ;
la sentenza dà atto della lettura degli accordi ( alla pagina 5) per
concludere che essi «nulla dicono in ordine a specifiche esigenze relative
all’ufficio di destinazione in base alle mansioni e alla qualifica del
lavoratore». Nell’esaminare gli accordi il giudice dell’appello si è
conformato al principio di diritto costantemente enunciato da questa
Corte di legittimità ( ex plurimis: Cass. sez. lav., 23/02/2016, n. 3495 ;
22/02/2016, n. 3412; 1 febbraio 2010 n. 2279; 27 aprile 2010 n.
10033; 25 maggio 2012 n. 8286; 3.10.2014 n. 20946; 9.7.2015 n.
14336) nel senso che la specificazione delle ragioni giustificative del
termine può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro
attraverso il riferimento per relationem ad altri testi scritti accessibili alle

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nella fattispecie di causa della disciplina dell’articolo 25 CCNL 2001, in

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parti ed, in particolare , che la mediazione collettiva ed i relativi esiti
concertativi restano un elemento rilevante di rappresentazione delle
esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei
dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere
attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso
concreto dei requisiti della fattispecie legale di cui all’articolo 1 D.Lgs.

– il sesto motivo ( il cui esame deve essere anteposto alla trattazione del
quarto in quanto

ancora

inammissibile. Con il motivo
mancato raggiungimento della

riferito

alla causale organizzativa) è

si censura una pretesa statuizione di
prova della esigenza organizzativa

laddove tale affermazione non si rinviene nella sentenza impugnata, la
cui ratio decidendi risiede esclusivamente nella valutazione di genericità
della causale organizzativa e non nel difetto della prova della sua
effettività;
Il quarto motivo è fondato. Premesso che la genericità della causale del
termine non può essere ritenuta per la pluralità ed eterogeneità delle
ragioni addotte (cfr. Cass. 16.4.2015 n. 7772; 17 giugno 2008 n.
16396), il giudice dell’appello nell’ affermare la genericità della causale
sostitutiva, indicata nel contratto di lavoro congiuntamente alla causale
organizzativa, ha falsamente applicato i principi già indicati da questa
Corte in relazione a clausole di analogo tenore (

ex plurimis:

25/02/2016, n. 3719; Cass. 17-1-2012 n. 565, Cass. 4-6-2012 n. 8966,
Cass. 20-4-2012 n. 6216, Cass. 30-5-2012 n. 8647, Cass. 26-7-2012 n.
13239, Cass. 2-5-2011 n. 9602, Cass. 6-7-2011 n. 14868). In
particolare è ormai consolidato il principio secondo cui nelle situazioni
aziendali complesse- in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola
persona ma ad una funzione produttiva specifica che sia
occasionalmente scoperta- l’apposizione del termine deve considerarsi
legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni
stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori, quali
l’ambito territoriale di riferimento, le mansioni dei lavoratori da

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368/2001.

PROC. nr . 7112/2013 RG

sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro, che
consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire
ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso,
la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di
legittimità. La sentenza impugnata, pur dando atto di tale assetto e
senza sottoporlo a critica, ha ritenuto la genericità della causale

di lavoro, l’area di inquadramento e le mansioni di portalettere,
ritenendo decisiva la mancata individuazione del numero di lavoratori da
sostituire, delle loro mansioni e del loro diritto alla conservazione del
posto . Si rileva al riguardo che il diritto dei lavoratori assenti alla
conservazione del posto era chiaramente espresso in contratto
attraverso la specificazione della causale delle assenze ovvero il
godimento delle ferie ( causale ex se indicativa del diritto dei lavoratori
assenti al rientro in servizio ) mentre la individuazione del numero dei
lavoratori assenti e delle loro mansioni (in presenza degli altri elementi
di specificazione contenuti nel contratto) non atteneva al piano della
individuazione specifica della causale nel contratto di lavoro ma al
diverso profilo della prova, in corso di giudizio, della relazione concreta
tra la esigenza sostitutiva e la assunzione del lavoratore a termine
effettuata;

che pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al
motivo accolto e gli atti rinviati ad altro giudice, che individua nella Corte
di Appello di Roma in diversa composizione affinché provveda ad un
nuovo esame della causale sostitutiva indicata nel contratto di lavoro alla
luce del principio di diritto sopra esposto; restano assorbiti il settimo e
l’ottavo motivo ( nella parte relativa al difetto di prova della causale
sostitutiva) nonché il nono ( sulle conseguenze economiche della
dichiarata illegittimità del termine)

che il giudice del rinvio provvederà altresì alla disciplina delle spese del
presente grado

PQM

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sostitutiva pur dopo avere evidenziato che il contratto indicava il luogo

PROC. nr . 7112/2013 RG

La Corte accoglie il quarto motivo, rigettati il primo, il secondo, il terzo, il
quinto ed il sesto ed assorbiti il settimo, l’ottavo ed il nono. Cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia— anche per le
spese— alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 19 luglio 2017

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