Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27683 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10928/2007 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA,

che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1068/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/11/2006 R.G.N. 1491/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato FAVATA EMILIA per delega RASPANTI RITA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza del 23 – 29.11.2006, accogliendo il gravame proposto da F.G. nei confronti dell’Inail avverso la pronuncia di prime cure (che, all’esito di CTU medico legale, aveva rigettato la domanda dell’assicurato diretta alla declaratoria dell’illegittimità dell’effettuata revisione della rendita e al ripristino della stessa nella misura precedente o, comunque, in quella ritenuta di giustizia), condannò l’Istituto all’erogazione della rendita (istituita nel 1976, con percentuale del 41% per silicosi, oltre al 3% per sordità) nella percentuale anteriore alla revisione effettuata nel 1996 (che aveva comportato la diminuzione, quanto alla silicosi, all’11% e il successivo aumento, per collegiale concorde, al 16%). A sostegno del decisum la Corte territoriale, a fronte del gravame del F., che aveva invocato l’applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, ritenne:

a) l’intervenuto decorso del termine di consolidamento delle rendite;

b) l’illegittimità della rettifica, per mancata esposizione dei motivi dell’errore, non essendo stato neppure enunciato “se il contestato errore sia rilevante perchè accertato con criteri, metodi di indagine e strumenti disponibili al momento in cui femore venne commesso, come prescritto dal D.L. n. 38 del 2000, art. 9”.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inail ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria.

L’intimato F.G. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, deducendo che la procedura era stata promossa nella vigenza della L. n. 88 del 1989, art. 55, non essendo quindi soggetta al termine decadenziale introdotto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, stante l’intervenuta declaratoria di incostituzionalità dei commi 5, 6 e 7, di tale ultima norma, come da sentenza n. 191/2005 della Corte Costituzionale.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 88 del 1989, art. 55, comma 5, deducendo che tale norma, alla luce della quale la fattispecie doveva essere esaminata, consentiva la rettifica di errore senza alcun limite, nè temporale, nè con riferimento ai mezzi, criteri e metodi di rilevazione dell’errore, nè relativamente alla natura dell’errore.

2. L’eccezione del controricorrente secondo cui la sentenza impugnata conterrebbe l’accertamento che nella fattispecie si sarebbe in presenza di una revisione per miglioramento – accertamento non specificamente impugnato dall’Istituto ricorrente -, non è fondata, atteso che la sentenza della Corte territoriale, pur facendo ampi riferimenti a principi dettati in tema di revisione, enuncia chiaramente che è contestata “la rettifica per errore”, che un termine decennale “si applica anche per la eventuale rettifica per errore”, che “il contestato errore” non era stato accertato secondo le prescrizioni del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, il quale, sotto la rubrica “Rettifica per errore”, indubitabilmente si riferisce a tale tipo di rettifica; ne discende che il richiamo effettuato (anche) alle disposizioni dettate per le revisioni diverse da quelle specifiche per errore (sulla legittimità del quale vertono infatti i motivi di ricorso), non si è tradotto nell’affermazione che il provvedimento contestato abbia natura giuridica diversa dalla rettifica per errore.

3. I due motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che, in tema di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali e con riferimento alla revisione per errore delle rendite, stante la dichiarazione di illegittimità (pronunciata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 191/2005) del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, commi 5, 6 e 7, (che consentiva di impugnare i provvedimenti di rettifica, emanabili senza limiti di tempo, adottati nel vigore della L. n. 88 del 1989, art. 55, comma 5, al fine di far valere retroattivamente la violazione del termine decadenziale decennale introdotto dalla nuova disciplina contenuta nello stesso art. 9), non è più possibile l’applicazione retroattiva del termine decadenziale, con la conseguenza che ai provvedimenti di rettifica adottati prima della entrata in vigore delle disposizioni suddette continua a trovare applicazione la disciplina della L. n. 88 del 1989, art. 55, comma 5, sebbene abrogato espressamente, con effetto ex nunc, dallo stesso D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, comma 4, ancora in vigore alla data della loro adozione (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3486/2007; 11031/2007; 18824/2008; 18302/2009; 21912/2009).

In applicazione di tale principio – a cui il Collegio intende dare continuità, non ravvisando nelle argomentazioni giuridiche della sentenza impugnata ragioni per discostarsene – deve riconoscersi da un lato l’inconferenza della ritenuta applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, e, dall’altro, l’erroneità dei richiami alle regole relative al consolidamento delle rendite, posto che la ridetta L. n. 88 del 1989, art. 55, comma 5, applicabile al caso in esame ancorchè abrogato espressamente, ma con effetto ex nunc, dallo stesso D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, comma 4, stabiliva, senza porre vincoli nè temporali, nè metodologici, nè afferenti alla natura dell’errore, che “Le prestazioni a qualunque titolo erogate dall’INAIL possono essere in qualunque momento rettificate dallo stesso Istituto in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione delle prestazioni”.

4. Questa Corte ha avuto altresì modo di precisare che il D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 14 vicies quater, convenuto, con modificazioni, in L. 17 agosto 2005, n. 168, non ha ripristinato la disciplina giuridica dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 191/05, ma ha disposto, in nome della tutela dell’affidamento, la conservazione della prestazione, e non della rendita (a norma del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, comma 3), per coloro che avessero richiesto (con domanda amministrativa di riesame proposta dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000, alla quale andava assimilata la domanda giudiziaria già proposta negli stessi termini, con autonomo ricorso o nel corso di un giudizio pendente) ed ottenuto dall’Inail il riesame di situazioni soggette alla L. n. 88 del 1989, art. 55, alle più favorevoli condizioni, per l’assicurato, previste dall’art. 9, erroneamente ritenuto retroattivo (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 25849/2006; 18824/2008; 20726/2007). Nella specie, tuttavia, difettano i presupposti per l’applicazione del ridetto D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 14 vicies quater, convertito, con modificazioni, in L. 17 agosto 2005, n. 168, (del resto neppure invocato), posto che il controricorrente non ha ottenuto l’attribuzione della prestazione economica ai sensi dei commi dell’art. 9, D.Lgs. n. 38 del 2000, dichiarati incostituzionali.

5. In definitiva entrambi i motivi sono dunque fondati e, con essi, il ricorso che a loro mezzo è stato svolto; ne discende la cassazione della sentenza impugnata.

Atteso che con il ricorso d’appello era stata (erroneamente, per quanto già spiegato) invocata l’applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 9, (come precisato anche nel controricorso), senza ulteriori questioni inerenti all’accertamento medico legale espletato in prime cure e sull’esito del quale si era fondata la sentenza di primo grado, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e, pertanto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda.

Non è luogo a provvedere sulle spese di lite relative all’intero processo, trovando applicazione, ratione temporis (essendo stato il ricorso introduttivo del giudizio depositato il 20.5.2003), l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo previgente la novella di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convenuto in L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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