Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27682 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27682 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 3473-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3320

CICCANTI SIMONA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO COLUCCI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASSIMO MONALDI,
giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 21/11/2017

- controricorrente –

avverso la sentenza definitiva n. 29/2012 della CORTE
D’APPELLO di ANCONA, depositata il 24/01/2012 R.G.N.
30/2010;
avverso la sentenza non definitiva n. 189/2011 della

R.G.N. 30/2010;

CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 28/04/2011

R.G. n. 3473/13

RILEVATO

che con sentenza n. 41/09 il Tribunale di Ancona,
dichiarata la nullità del termine apposto al contratto di
lavoro stipulato da Simona Ciccanti e Poste Italiane

tra le parti d’un rapporto di, lavoro subordinato a tempo
indeterminato, condannando la società al ripristino del
rapporto medesimo;
che all’esito delle sentenze n. 189/11 e n. 29/12 rispettivamente non definitiva e definitiva – la Corte
d’appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di
prime cure, condannava Poste Italiane S.p.A. a pagare
alla lavoratrice 8 mensilità dell’ultima retribuzione a
titolo di indennità ex art. 32 legge n. 183 del 2010, oltre
rivalutazione e interessi dalla stipula del contratto al
saldo;
che

per la cassazione della sentenza ricorre Poste

Italiane S.p.A. affidandosi a quattro motivi, poi
ulteriormente illustrati con memoria ex art. 380-bis cod.
proc. civ.;
che Simona Ciccanti resiste con controricorso;
CONSIDERATO

che

il primo motivo denuncia violazione e falsa

applicazione degli artt. 116, 421 e 437 cod. proc. civ. e
dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la Corte
territoriale ha fatto cattivo governo delle risultanze
processuali in tema di ritenuta violazione della clausola di
contingentamento ed ha omesso di esercitare i propri
poteri istruttori al fine d’un miglior accertamento sul

S.p.A. per il periodo 5.7. – 30.9.99, accertava l’esistenza

R.G. n. 3473/13

punto; in particolare, prosegue il ricorso, la sentenza ha
dato della deposizione del teste Rossi un’interpretazione
erronea circa il criterio utilizzato dalla società per
calcolare il rapporto fra personale a tempo indeterminato

che doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere
anche nel secondo motivo, sotto forma di denuncia di
vizio di motivazione;
che con il terzo motivo ci si duole di vizio di motivazione
e di violazione e falsa applicazione dell’art. 8 legge n.
604 del 1966, per avere la sentenza impugnata, nel
commisurare l’indennità di cui all’art. 32 legge n. 183 del
2010, omesso di applicare al caso concreto tutti i
parametri previsti dalla prima delle norme
summenzionate;
che

il quarto motivo prospetta violazione e falsa

applicazione dell’art. 32 legge n. 183 del 2010 e dell’art.
429, comma 3, cod. proc. civ., per avere la sentenza
impugnata applicato rivalutazione e interessi
sull’indennità ex art. 32 cit. dalla data di stipula del
contratto al saldo, invece di negare qualsiasi
maggiorazione a tale titolo o, in subordine, di applicarla
soltanto a decorrere dalla data di emissione della
sentenza;
che ritiene il Collegio che i primi due motivi – da
esaminarsi congiuntamente perché connessi – sono
infondati perché in sostanza mirano ad una rivisitazione
nel merito delle risultanze istruttorie e, in particolare,
della deposizione del teste Rossi, che non può essere

e lavoratori assunti a termine;

RG. n. 3473/13

oggetto di rivisitazione innanzi a questa S.C.; quanto al
mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, occorre
che chi se ne dolga dimostri di averne sollecitato
l’esercizio investendo il giudice di una specifica richiesta

(cfr., da ultimo e per tutte, Cass.

n.

22534/14), il che

non risulta dalle conclusioni riportate nella sentenza
impugnata (da essa risulta soltanto una richiesta di
ordine di esibizione al fine di accertare un eventuale
aliunde perceptum per eventuali attività lavorative nelle
more svolte dalla lavoratrice per conto di altri);
che il terzo motivo è infondato, avendo la sentenza

impugnata valutato – nel quantificare l’indennità ex art.
32 cit. – tutti i parametri previsti dall’art. 8 legge n. 604
del 1966, vale a dire dimensioni nazionali aziendali
(parametro che sostanzialmente rinvia anche al numero
dei dipendenti), pretestuosità del termine
originariamente apposto al contratto (che rinvia al
comportamento delle parti) e limitata anzianità di
servizio della lavoratrice;
che è invece fondato il quarto motivo, dovendosi dare

continuità alla giurisprudenza di questa S.C. secondo cui
sull’indennità di cui all’art. 32 legge n. 183 del 2010
vanno applicati interessi e rivalutazione a decorrere dalla
data della pronuncia giudiziaria dichiarativa
dell’illegittimità della clausola appositiva del termine al
contratto di lavoro subordinato (cfr., per tutte, Cass. n.
3062/16);

in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori

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che, in conclusione, va accolto solo il quarto motivo, con
rigetto di tutte le altre censure e cassazione
dell’impugnata sentenza n. 29/12 della Corte d’appello di
Ancona in relazione al motivo accolto;

fatto, ex art. 384, comma 2, cod. proc. cjv., la causa può
essere decisa nel merito disponendo che sull’indennità
liquidata dalla sentenza impugnata siano applicati
interessi e rivalutazione a decorrere dalla data della
pronuncia giudiziaria dichiarativa dell’illegittimità della
clausola appositiva del termine al contratto di lavoro
subordinato;

che le spese dei gradi di merito si quantificano nella
stessa misura liquidata dalla sentenza n. 29/12 della
Corte d’appello di Ancona, mentre quelle del presente
giudizio di legittimità, compensate per 1/4 tra le parti, per
i restanti 3/4, liquidati come da dispositivo, seguono la
prevalente soccombenza di Poste Italiane S.p.A.

P.Q.M.
accoglie il quarto motivo, rigetta tutti gli altri motivi di
ricorso, cassa la sentenza impugnata (n. 29/12 della
Corte d’appello di Ancona) in relazione al motivo accolto
e, decidendo nel merito, dispone che sull’indennità
liquidata dalla sentenza impugnata siano applicati
interessi e rivalutazione a decorrere dalla data della
pronuncia giudiziaria dichiarativa dell’illegittimità della
clausola appositiva del termine al contratto di lavoro
subordinato.

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di

R.G. n. 3473/13

Condanna la società ricorrente a pagare in favore della
controricorrente le spese dei gradi di merito nella stessa
misura liquidata dalla sentenza n. 29/12 della Corte
d’appello di Ancona, nonché a pagare le spese del

iiquida per i restanti 3/4 in Euro 3.000,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,
agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di
legge, spese – queste ultime – da distrarsi in favore
dell’avv. Massimo Monaldi, antistatario.
Così deciso nella Adunanza camerale del 19 luglio 2017.
Il Presidente
Dott. Giovanni Amuroso

li FtInZiO
Dotta

presente giudizio di legittimità che, compensate per 1/4,

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