Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27681 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9562-2007 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale notarile in

atti;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI

DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato CONCETTI DOMENICO, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2042/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 13/11/2006 R.G.N. 760/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato OTTOLINI TERESA per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 13 novembre 2006, in accoglimento del gravame svolto da A.A. contro la sentenza di primo grado che aveva negato il diritto alla costituzione di una rendita vitalizia per l’infortunio lavorativo occorso il 6 gennaio 1991, dichiarava il diritto del predetto A. alla rendita, nella misura del 12 per cento, a decorrere dal 1 gennaio 2002 e condannava l’INAIL al pagamento della relativa prestazione.

2. La Corte territoriale, premesso che l’infortunio lavorativo non era stato mai disconosciuto dall’INAIL in sede amministrativa, tanto da rimborsare all’azienda sanitaria dalla quale l’ A. dipendeva l’indennità di inabilità temporanea da questa anticipata, riteneva, alla luce dell’istruttoria testimoniale espletata, indiscutibile l’occasione di lavoro e la causa violenta e, quanto agli esiti, faceva proprie le conclusioni del consulente tecnico nominato nel primo grado di giudizio.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’INAIL ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. A. ha solo svolto attività difensiva partecipando alla discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. L’INAIL, denunciando violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, TU e per omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto raggiunta, a partire dal gennaio 2002, la soglia indennizzabile dei postumi permanenti riportati dall’ A. per l’infortunio occorso nel gennaio 1991, riconoscendo giuridica rilevanza ad un aggravamento verificatosi oltre il limite decennale previsto dall’art. 83, cit. TU, senza esplicitare le ragioni del riconoscimento dell’aggravamento ultradecennale.

5. Osserva il Collegio, preliminarmente, che la censura proposta dall’INAIL, incentrata sull’inammissibile riconoscimento dell’aggravamento ultradecennale, per la quale la parte intimata ha dedotto, nel corso della discussione orale, la novità della relativa questione non sollevata nelle precedenti fasi di merito e la formazione del giudicato interno, investe una condizione dell’azione e costituisce un requisito di fondatezza della domanda, proponibile in questa sede di legittimità, tenuto conto del costante insegnamento di questa Corte secondo cui il termine decennale di cui all’art. 83, cit. D.P.R. non incide sull’esercizio, ma sull’esistenza stessa del diritto, per essere riconnessa, ex lege, al trascorrere del tempo una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche dell’assicurato (ex multis, Cass. 20994/2010).

6. Passando all’esame della censura di violazione di legge, il Collegio non può che ribadire quanto ripetutamente statuito da questa Corte, affermando il principio per cui il periodo di dieci anni dalla data dell’infortunio, durante il quale l’infortunato dichiarato guarito senza postumi permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile, può, a norma del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, comma 8, chiedere la liquidazione della rendita se a seguito di aggravamento i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce un periodo di osservazione entro i (soli) limiti del quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi, dopo il suo decorso, una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione dello stato di inabilità conseguente all’infortunio si sia verificata entro il decennio sorge l’eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112 del citato D.P.R., decorrente dal momento dell’intervenuta variazione, e non già dalla scadenza del decennio (v. ex multis, Cass. 19589/2010).

Orbene, poichè la sentenza impugnata ha accertato, sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, la sussistenza di un aggravamento delle conseguenze relative all’infortunio occorso nel gennaio 1991 che hanno determinato una percentuale di invalidità pari al 12 per cento a decorrere dal 1 gennaio 2002, e quindi dopo la scadenza del decennio previsto dalla norma prima citata, deve ritenersi, in applicazione dei principi sopra enunciati, che il diritto alla rendita si era già estinto, come correttamente sostenuto dall’Istituto ricorrente.

8. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo.

9. La sentenza deve essere in definitiva cassata. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, decidendo la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 rigetta la domanda proposta da A.A..

10. Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv.

in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis, infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (ex multis, Cass. 4165/2004; S.U. 3814/2005).

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da A. A.; nulla spese.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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