Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27680 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27680 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA

sul ricorso 22944-2012 proposto da:
BERTIERI ROBERTO C.F. BRTRRT42R21B832U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MARIA ADELAIDE 8, presso lo
studio dell’avvocato PAOLA TANFERNA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANDRO
CASTRO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3296

MINISTERO DELLA SALUTE C.F. 80184430587, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI 12;

Data pubblicazione: 21/11/2017

- controrícorrente nonché contro

AZIENDA OSPEDALIERA PISANA “SPEDALI RIUNITI DI SANTA
CHIARA”;
– intimata –

di GENOVA, depositata il 12/04/2012 R.G.N. 508/2011.

avverso la sentenza n. 292/2012 della CORTE D’APPELLO

R.G. 22944/2012

RILEVATO
che, con sentenza n. 292 del 12 aprile 2012, la Corte di appello di Genova, pronunciando
sull’appello proposto da Bertieri Roberto nei confronti del Ministero della Salute, della
Regione Toscana, dell’Asl di Massa Carrara e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa,
ha accolto parzialmente il gravame relativamente alle statuizioni concernenti le spese di lite

respinto la domanda di indennizzo ex L. n. 210 del 1992, avanzata dal Bertieri; con la
medesima sentenza il Tribunale di Massa aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva
della Regione Toscana, della Asl di Massa Carrara e dell’Azienda Ospedaliera Pisana,
riconoscendo la titolarità passiva solo in capo al Ministero della Salute;
che il Bertieri aveva agito affinché venisse accertato il suo diritto alla corresponsione dei
benefici di cui alla Legge n. 210 del 1992 per i danni da contagio HCV (cat. 7°, Tab. A
allegata al d.P.R. n. 834/81), che assumeva essergli derivato da alcune trasfusioni
effettuate nel periodo maggio 2001/settembre 2002; la domanda amministrativa era stata
respinta per difetto del nesso di causalità tra le trasfusioni e l’infermità, alla stregua della
diniego formulato dalla 1° Commissione medico-ospedaliera del Dipartimento militare di
Medicina legale di La Spezia, che aveva escluso la positività di alcuno dei donatori;
che la Corte di appello ha ritenuto infondati i rilievi mossi dal Bertieri alla sentenza di primo
grado, osservando quanto segue:
– la Asl di Massa aveva riferito di avere fornito una sola delle sacche somministrate e che il
donatore presentava esami negativi sia alla data del prelievo, sia in occasione di ben
ventotto successive donazioni, di cui l’ultima nell’ottobre 2009;
– la Asl di Viareggio aveva riferito che i donatori erano risultati tutti negativi agli esami sia in
occasione della fornitura di sangue utilizzata per il ricorrente, sia in occasione di successive
donazioni e controlli;
– la Asl n. 5 di Pisa aveva riferito di due donazioni, i cui donatori erano risultati negativi sia
all’epoca degli esami, sia successivamente, con verifiche a tutto il luglio 2008 per uno dei
donatori e a tutto l’aprile 2010 per l’altro;
– tali informative erano state fornite dai responsabili dei Centri trasfusionali all’Autorità
giudiziaria e non si trattava di attestazioni di parte a fini difensivi;

un’eventuale c.t.u. avrebbe avuto natura meramente esplorativa sui documenti

preesistenti, non potendosi direttamente stabilire con ipotetiche analisi (all’attualità) sui
donatori se all’epoca dei fatti vi fosse positività al fattore infettivo, né del resto vi era
ragione di dubitare di quanto attestato dalle informative rese;

di primo grado e ha confermato nel resto la pronuncia del Tribunale di Massa, che aveva

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– la consulenza tecnica di parte ricorrente non valeva a contrastare le risultanze istruttorie,
in quanto incentrata sul rilievo della verosimiglianza temporale tra trasfusioni ed evento, del
tutto insufficiente a comprovare il nesso causale, visto che l’infezione avrebbe potuto avere
anche un’altra origine;
– quanto alle spese legali, era giustificata la condanna del ricorrente al pagamento le spese
nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Pisana, essendo tale ente del tutto estraneo alla
domanda proposta, che non aveva ad oggetto pretese risarcitorie, ma un indennizzo che

che avverso tale sentenza Bertieri Roberto ha proposto ricorso affidato a due motivi, al
quale ha opposto difese il Ministero della Salute con controricorso;
che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 111
Cost., degli artt. 1218, 2050 e 2697 c.c., difetto di motivazione e motivazione insufficiente
o contraddittoria in relazione alla ritenuta mancanza di nesso causale tra le trasfusioni e la
patologia, violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. per difetto di istruttoria e
travisamento di fatti, censura la sentenza per avere fondato il rigetto della domanda
unicamente sulle informazioni fornite dai responsabili dei Centri trasfusionali, i quali si erano
limitati a riferire dei risultati delle analisi eseguite sui campioni di sangue prelevati e sulle
sacche di emoderivati somministrate al ricorrente, senza però allegare le cartelle contenenti
i risultati delle analisi, né le informazioni specifiche inerenti i singoli donatori. Si sostiene che
non poteva farsi carico al ricorrente della prova dell’esistenza del nesso causale tra le
trasfusioni eseguite e l’insorgenza dell’infermità senza potere accedere agli atti interni delle
Asl e dei Centri trasfusionali, mentre i Giudici di merito ben avrebbero potuto disporre una
c.t.u. medico-legale, autorizzando il consulente a recarsi presso le menzionate autorità
pubbliche a fine di acquisire la necessaria documentazione. Si deduce che il mancato
approfondimento istruttorio aveva leso il diritto di difesa del ricorrente tutelato dall’art. 24
Cost. e che è viziato un giudizio fondato solo su generiche asserzioni provenienti dalle
Amministrazioni resistenti, evidentemente interessate a non sopportare le conseguenze di
un potenziale accertamento di riconduzione causale dell’infermità alla effettuata attività
medica;
che il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2050 c.c. e degli
artt. 91 e 92 c.p.c., illogicità della condanna del ricorrente al pagamento le spese di lite per
il dichiarato difetto di legittimazione passiva nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Pisana;
che è infondato – per le ragioni che seguono – il primo motivo di ricorso, avente ad oggetto
la conferma nel merito del rigetto della domanda proposta nei confronti del Ministero della
Salute:

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grava per legge sull’Amministrazione preposta alla corrispondente erogazione;

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1.

l’indennizzo ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed

emoderivati, di cui alla legge n. 210 del 1992, ha natura non risarcitoria, ma assistenziale in
senso lato, riconducibile agli artt. 2 e 32 Cost. e alle prestazioni poste a carico dello Stato in
ragione del dovere di solidarietà sociale (ex plurimis, Cass. 6799 del 2002);
2. la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, ai fini del sorgere del diritto
all’indennizzo previsto in favore di coloro che presentino danni irreversibili derivanti da
epatiti post-trasfusionali dall’art. 1, comma terzo, della legge 25 febbraio 1992,n. 210, la

verificarsi dei danni anzidetti e il nesso causale tra i primi e la seconda, da valutarsi
secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica (cfr. Cass. 753 del 2005);
3. se è vero che l’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, che appunto
contempla un’indennità in favore dei soggetti emotrasfusi per danni irreversibili da epatiti
post-trasfusionali, a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 28 del
2009, deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato e dunque alla luce del
nuovo significato che l’enunciato normativo ha assunto in forza della predetta declaratoria di
illegittimità costituzionale, nonché di altra precedente recata dalla sentenza n. 476 del 2002
(Cass. n. 9148 del 2013), occorre pur sempre che sia allegato dall’interessato il fatto
generatore del danno e che in giudizio risulti provato il nesso, secondo un criterio di
ragionevole probabilità scientifica, tra la terapia trasfusionale e il danno epatico;
4. le Sezioni Unite (in particolare sentenze n. 576 e 581 del 2008) hanno inquadrato il
problema della conoscenza del virus e dei test rivelatori nell’ambito della c.d. causalità
adeguata o regolarità causale. Per pervenire ad una causalità giuridicamente rilevante
all’interno delle serie causali determinate ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., hanno dato rilievo
solo a quelle cause che, nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiono del
tutto inverosimili, ma si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il
principio della regolarità causale. Con la conseguenza, che ciascuno è responsabile soltanto
delle conseguenze della sua condotta, attiva o omissiva, che appaiono sufficientemente
prevedibili al momento nel quale ha agito. Prevedibilità, effettuata con giudizio ex ante, e
prevedibilità obiettiva, individuata in astratto e non in concreto, non con il metro di
valutazione della conoscenza dell’uomo medio, ma con quello delle migliori conoscenze
scientifiche del momento; divenendo così rilevante, non la prevedibilità da parte dell’agente,
ma la prevedibilità secondo le regole scientifiche (v. pure Cass. n. 3216 del 2016);
5. in tale contesto, grava sul Ministero un obbligo di controllo, di direttive e di vigilanza in
materia di impiego di sangue umano per uso terapeutico (emotrasfusioni o preparazione di
emoderivati), anche strumentale alle funzioni di programmazione e coordinamento in
materia sanitaria, affinché sia utilizzato sangue non infetto e proveniente da donatori
conformi agli standard di esclusione di rischi;

3

prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della terapia trasfusionale, il

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6. la Corte di appello ha riferito – a seguito dell’accertamento di fatto che le compete – che i
dovuti controlli previsti per legge erano stati eseguiti e che i donatori erano risultati sani,
anche a distanza di tempo dalle donazioni effettuate; risultavano rispettati gli obblighi
normativi esistenti al tempo dell’intervento e relativi alle trasfusioni di sangue, quali quelli
concernenti la identificabilità del donatore e del centro trasfusionale di provenienza, cd.
tracciabilità del sangue (cfr. Sez. Un. nn. 577 e 582 del 2008); non vi erano quindi elementi
per ritenere, secondo l’evidenziato criterio probabilistico, che fosse stato utilizzato sangue

7. anche le censure che involgono il mancato esercizio dei poteri istruttori sono infondate; è
ben vero che, nel rito del lavoro, la necessità di assicurare un’effettiva tutela del diritto di
difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui
all’art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, comporta l’attribuzione
di una maggiore rilevanza allo scopo del processo – costituito dalla tendente finalizzazione
ad una decisione di merito – che impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere
il diritto di difesa della parte

(cfr. Cass. n. 18410 del 2013); tale principio rileva

significativamente in tema di acquisizione probatoria, traducendosi nel dovere del giudice di
pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito
– da qualunque parte processuale provenga – con una valutazione non atomistica ma globale
nel quadro di una indagine unitaria ed organica, suscettibile di sindacato, in sede di
legittimità, per vizi di motivazione e, ove ne ricorrano gli estremi, per scorretta applicazione
delle norme riguardanti l’acquisizione della prova (cfr. Cass. n. 21909 del 2013); tuttavia, la
maggiore pregnanza del dovere del giudice di pronunciare nel merito della causa sulla base
del materiale probatorio ritualmente acquisito non interferisce direttamente sulle regole che
presiedono all’esercizio del potere istruttorio d’ufficio (artt. 421 e 437 c.p.c.);
8. l’esercizio di tale potere presuppone la ricorrenza di alcune circostanze: l’insussistenza di
colpevole inerzia della parte interessata, con conseguente preclusione per inottemperanza
ad oneri procedurali; l’opportunità di integrare un quadro probatorio tempestivamente
delineato dalle parti; l’indispensabilità dell’iniziativa ufficiosa, volta non a superare gli effetti
inerenti ad una tardiva richiesta istruttoria o a supplire ad una carenza probatoria totale sui
fatti costitutivi della domanda, ma solo a colmare eventuali lacune delle risultanze di causa
(Cass. n. 5878 del 2011; n. 154 del 2006);
9. nel caso di specie, il rigetto delle istanze istruttorie è basato sul rilievo che non vi erano
elementi atti ad accreditare un plausibile dubbio circa gli esiti delle indagini eseguite sui
donatori e sul sangue utilizzato per le trasfusioni, da ritenere eseguite (in difetto di contrarie
emergenze processuali) in corretto adempimento di quanto prescritto dalla normativa
all’epoca vigente in tema di verifiche e controlli in materia di emotrasfusioni; le attestazioni
provenienti dai Centri trasfusionali che avevano fornito il sangue somministrato attestavan

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infetto;

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l’esecuzione degli adempimenti posti a carico delle strutture sanitarie, a fronte delle quali
era onere del ricorrente allegare elementi atti ad infirmarne il contenuto, non potendo la
carenza di allegazioni in tal senso essere colmate con il ricorso ad accertamenti di tipo
esplorativo;
10. infine, le censure per vizi di motivazione non vertono su errori di logica giuridica, ma
denunciano un’errata valutazione degli elementi acquisiti al processo, con l’inammissibile
intento di sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal

che il secondo motivo di ricorso, proposto nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Pisana è
inammissibile, poiché la notifica, effettuata a mezzo del servizio postale, non è corredata
dell’avviso di ricevimento della raccomandata:
11. in materia di notificazione a mezzo posta, l’avviso di ricevimento, pur non essendo
elemento costitutivo del procedimento di notificazione, costituisce il solo documento idoneo
a provare sia l’intervenuta consegna dell’atto al destinatario, sia la data di questa e l’identità
e l’idoneità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita; ne deriva che,
secondo costante giurisprudenza di questa Corte, mancando il deposito dell’avviso
(unitamente al ricorso o successivamente, in base all’art. 372 c.p.c.) e l’intimato non si sia
costituito, il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile (S.U. n. 627 del 2008;
nonché Cass. n. 9342 del 2008, n. 1694 del 2009, n. 9487 del 2010, n. 14421 del 2010, n.
9453 del 2011, n. 13923 del 2011, n. 14780 del 2014);
12. la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della
sua ammissibilità, deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, la cui
assenza non può essere superata con la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c.,
non vertendosi in un’ipotesi di mera nullità (Cass. n. 26108 del 2015), salvo che
l’impugnante ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi
tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale, a norma dell’art. 6,
comma 1, della legge 20 novembre 1982, n. 890, un duplicato dell’avviso stesso (Cass.
19623 del 2015);

Giudice del merito;

13 nel caso in esame, la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto
introduttivo non è stata data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento (non prodotto
neppure in vista dell’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.), né il ricorrente ha
avanzato alcuna istanza di rimessione in termini, con le modalità di cui sopra; la mancata
produzione dell’avviso di ricevimento – ed in assenza di costituzione dell’Azienda Ospedaliera
Pisana – comporta che il ricorso per cassazione va dichiarato in parte qua inammissibile,
trattandosi di situazione rispetto alla quale valgono le stesse conseguenze derivanti dal vizio
A011,di giuridica inesistenza della notificazione (Cass. n. 20893 del 2015 e n. 12509 del 2011, n4 .d
4595 del 2009);

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14. quanto all’onere delle spese, alla fattispecie è applicabile l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel
testo modificato dall’art. 42, comma 11 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n.
326 del 2003, secondo cui “L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di
instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula
apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si
impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti
di reddito verificatesi nell’anno precedente”. Tale norma si interpreta nel senso che l’onere

del giudizio di primo grado ed esplica la sua efficacia, senza necessità di ulteriore
reiterazione, anche nelle fasi successive, valendo, fino all’esito definitivo del processo,
l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti che facciano venire
meno le condizioni di esonero (cfr. ex plurimis, Cass. n. 10875 del 2009; Cass. n. 17197 del
2010; Cass. nn. 13367 e 16284 del 2011);
15. nel caso in esame, i giudici di merito di primo e secondo grado, ponendo a carico del
ricorrente l’onere delle spese, hanno implicitamente accertato l’insussistenza dei presupposti
reddituali per fare applicazione della regola dell’esonero; non essendo tali statuizioni state
impugnate e non essendo intervenute dichiarazioni relative ad una variazione reddituale,
deve ritenersi il difetto delle condizioni per l’irripetibilità delle spese. Pertanto, il ricorrente
va condannato al pagamento delle spese nei confronti del Ministero della Salute, mentre non
vi è luogo a provvedere sulle spese quanto all’Azienda ospedaliera, non costituitasi nel
giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Salute; dichiara
inammissibile il ricorso nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Pisana Spedali Riuniti di Santa
Chiara; condanna il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti del Ministero della
Salute, liquidate in C 1.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Nulla per le
spese nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Spedali Riuniti di Santa Chiara.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 luglio 2017

autocertificativo imposto alla parte ricorrente deve essere assolto con il ricorso introduttivo

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