Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27678 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 30/10/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 30/10/2018), n.27678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11869/2014 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., c.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER

NIUTTA, ANTONIO ARMENTANO, che la rappresentano e difendono, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M., VOICE S.R.L., T.L.C. S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 207/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 03/05/2013 R.G.N. 681/2012.

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte di appello di Ancona con la sentenza n. 207/2013 aveva rigettato il gravame proposto da Telecom italia spa avverso le decisioni (sentenza non definitiva e definitiva) con cui il tribunale di Ascoli Piceno aveva ritenuto che i contratti intercorsi tra M.M. e T.L.C. srl e Voice srl, subentrata alla precedente, (formalmente di collaborazione a progetto), non soddisfacessero le condizioni di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 e che i rapporti di lavoro avessero quindi natura di lavoro subordinato a tempo indeterminato, rispetto ai quali sussisteva il vincolo di solidarietà tra Telecom spa e Voice srl e T.L.C. srl, ai sensi del D.Lgs. n. 176 del 2003, art. 29, comma 2, avendo, il rapporto tra le società, natura di appalto di servizi e non di agenzia. Con la sentenza definitiva il tribunale aveva condannato Voice srl al pagamento in favore della ricorrente di Euro 18.479,60 e TLC srl in solido con la prima al pagamento di una quota parte del predetto importo pari ad Euro 4.786,31; aveva altresì condannato Voice srl al risarcimento del danno pari alle retribuzioni di fatto maturate dalla notifica del ricorso al ripristino del rapporto pari ad Euro 48.948,08 sino al 31.3.2012 oltre Euro 1.114,31 mensili sino all’effettivo ripristino; aveva infine dichiarato Telecom Italia solidalmente responsabile di tutti i crediti accertati in giudizio nei confronti di Voice srl condannando infine quest’ultima a tenere indenne Telecom di tutte le somme eventualmente pagate in ragione del vincolo di solidarietà.

La corte territoriale aveva confermato la predetta decisione e quindi ritenuto di escludere la natura di agenzia ai rapporti intercorsi tra le società in quanto assente la individuazione della “zona” ed invece costante la determinazione di Telecom spa nella individuazione dei clienti il cui contatto era rimesso alla società Voice e TLC e per questa alla lavoratrice (addetta al cali center). L’assenza di ogni margine di autonomia nella ricerca ed individuazione della clientela contrastava con l’ipotesi e la natura del contratto di agenzia formalmente voluto dalle parti, collocando la realtà contrattuale nella corrispondente ipotesi di appalto di servizi. In ragione di ciò e della configurazione del rapporto in questione, rimessa essenzialmente alla volontà e determinazione del committente Telecom, doveva ritenersi applicabile alla fattispecie il principio di solidarietà di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, con riferimento, oltre che alle retribuzioni maturate nel rapporto di lavoro, anche al risarcimento del danno subito, parametrato alle retribuzioni globali di fatto maturate dal ricorso all’effettivo ripristino del rapporto.

Avverso detta decisione Telecom Italia spa proponeva 4 motivi di ricorso. M.M., Voice srl e T.L.C. SRL rimanevano intimati.

TIM spa, subentrata a Telecom Italia spa, depositava successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo Telecom Italia spa denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver, erroneamente, la corte territoriale, ritenuto che nel contratto di agenzia stipulato tra Telecom e Voice srl non fosse individuata la “zona” di assegnazione e clientela.

Rileva la società che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello, nell’allegato 1) del contratto di agenzia sia stata espressamente indicata la zona di pertinenza dell’agente.

Il motivo risulta inammissibile.

Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 17761/2016)

Ha anche specificato che “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (Cass. n. 23238/2017).

La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla

disposizione richiamata rilevanza assoluta poichè determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).

Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.

Nel caso di specie la decisività non solo non è stata idoneamente illustrata nel motivo di censura, ma risulta comunque contraddetta dallo stesso tenore della decisione con riguardo al presunto contratto di agenzia, escluso oltre che per l’assenza della indicazione della “zona”, anche per la circostanza che la Telecom era arbitro unico della individuazione dei clienti e nella cura e selezione degli stessi.

Tale articolata valutazione, fondata dalla Corte sui risultati della indagine istruttoria svolta, evidenzia la non decisività del motivo relativo alla “zona”, la cui eventuale omissione, comunque assorbita dalle ulteriori ragioni poste a fondamento della decisione assunta, non risulterebbe quindi sufficiente a caducare il decisum.

2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1742,1746,1748,1655 e 1667 c.c., art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la corte di merito, erroneamente ritenuto il rapporto intercorso tra Telecom e Voice srl come appalto, in contrasto al nomen iuris di agenzia attribuito dalle parti.

La società lamenta in sostanza la valutazione svolta dalla corte di appello sull’esatto contenuto del rapporto intercorso tra le società, e richiama a conferma della natura di agenzia, le diverse clausole contenute nel contratto.

Risulta evidente dalla sentenza impugnata come il giudizio sul differente contenuto contrattuale e sulla qualificazione del rapporto come appalto e non agenzia, sia stato basato sulle concrete modalità con le quali si è atteggiato il rapporto come risultate dalla indagine istruttoria svolta. La corte territoriale ha infatti rilevato che, anche al di là della assenza della individuazione della “zona” nel contratto, comunque l’assoggettamento dell’attività di individuazione e selezione del cliente all’unilaterale giudizio della società committente, rendeva quel rapporto non qualificabile come agenzia in quanto del tutto assente il margine di apprezzamento ed autonomia dell’agente.

Rispetto a tale determinazione basata sulle concrete risultanze istruttorie, come chiarito dalla corte d’appello, risulta quindi inconferente la censura invece motivata dal differente contenuto dell’accordo contrattuale, evidentemente in contrasto con le risultanze di merito, ma non idoneo a sconfessarne la veridicità. Il motivo è infondato.

3) Con il terzo motivo la società ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 e degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, 1, n. 3, per aver, la corte di appello, erroneamente ritenuto applicabile la garanzia della responsabilità solidale di cui all’art. 29, anche alle ipotesi in cui il contratto stipulato tra le società aveva ad oggetto il rapporto di agenzia.

Deve preliminarmente rilevarsi che l’applicazione della disposizione di cui al richiamato art. 29, è stata preceduta, nella decisone della corte territoriale, dalla valutazione della tipologia del rapporto intercorso tra le società committente e quella fornitrice del servizio, e dalla qualificazione di questo come appalto. Già tale ragione rende incoerente il motivo di censura diretto ad evidenziare la errata applicazione della norma della solidarietà a fattispecie (agenzia) non considerate dalla stessa. Il Giudice del merito ha infatti prioritariamente qualificato quale appalto il rapporto in questione ed ha poi applicato la disposizione di cui all’art. 29. Solo con ulteriore motivazione ha avvalorato la scelta decisoria anche con argomentazioni relative alla valenza di principio generale del disposto sulla responsabilità solidale, applicabile anche alle altre ipotesi contrattuali (somministrazione cessione di azienda) in cui sono presenti analoghe esigenze di tutela del lavoratore.

Peraltro la decisione assunta troverebbe comunque conforto in quanto osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 254/017. In tale decisione il Giudice delle leggi, pur se interpellato su questione attinente al contratto di subfornitura, in punto di applicazione in detta ipotesi del principio di solidarietà ha statuito che:

“All’obiezione per cui la natura eccezionale della norma sulla responsabilità solidale del committente osterebbe ad una sua applicazione estensiva in favore di una platea di soggetti diversi dai dipendenti dell’appaltatore o subappaltatore (ai quali soltanto la norma stessa fa testuale riferimento) si replica, infatti, che l’eccezionalità della responsabilità del committente è tale rispetto alla disciplina ordinaria della responsabilità civile – che esige di correlarsi alla condotta di un soggetto determinato – ma non lo è più se riferita all’ambito, ove pur distinto, ma comunque omogeneo in termini di lavoro indiretto, dei rapporti di subfornitura.

Ciò in quanto la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente – che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale – non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento”.

Il motivo deve e pertanto disatteso.

4) Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 e della L. n. 300 del 1970, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la corte d’appello ritenuto applicabile il regime di solidarietà anche alle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno riconosciuto in ragione dell’illegittimo licenziamento. La società ha rilevato la erroneità della estensione del regime solidaristico anche alle somme non direttamente collegate alla prestazione di lavoro in favore del committente quali quelle maturate a seguito dell’illegittimo licenziamento a titolo di risarcimento del danno.

Il motivo risulta fondato. La logica della solidarietà tra l’appaltatore ed il committente sancita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all’appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative, nonchè il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussiste solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall’ appalto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi, ed il termine biennale dalla cessazione dell’ appalto previsto dalla suddetta disposizione ha natura di termine di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziale per i crediti per i quali vi sia tale possibilità (Cass. n. 17725/2017; Cass. n. 19740/2015).

Questa Corte ha avuto occasione di chiarire che In tema di responsabilità solidale del committente con l’appaltatore di servizi, la locuzione “trattamenti retributivi” di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, dev’essere interpretata in maniera rigorosa, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro risulti tenuto a corrispondere ai propri dipendenti” (Cass. n. 10354/2016).

La decisione del giudice d’appello risulta inconferente rispetto al significato della stessa disposizione legislativa come interpretata dai principi di questa Corte, sicchè il motivo deve essere accolto e cassata a riguardo la decisione con rinvio alla corte di appello di Ancona perchè, in differente composizione, decida sul punto, alla luce dei principi esposti, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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