Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27678 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23331-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1029/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 07/06/2007 r.g.n. 57/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega TRIOLO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Inps ha proposto appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Catanzaro ha riconosciuto il diritto di S.R. alla indennità di mobilità per il periodo dal 1.11.1999 al 31.12.1999, assumendo che l’indennità in esame, per espressa previsione della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, poteva essere riconosciuta ai lavoratori collocati in mobilità entro la data del 31.12.1992 – successivamente prorogata fino al 31.12.1993 e poi fino al 31.12.1994 – soltanto fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento d’anzianità; poichè il S. aveva maturato tale diritto dal 1 novembre 1999, non poteva essergli riconosciuto il diritto alla corresponsione dell’indennità di mobilità per i mesi di novembre e dicembre 1999.

La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto il gravame, ritenendo che l’indennità in questione deve essere corrisposta fino al giorno precedente la decorrenza della pensione, e così, nel caso in esame, fino al 31.1.2.1999, posto che la pensione veniva corrisposta al S. con decorrenza dal 1.1.2000. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’Inps affidandosi ad un unico motivo di ricorso.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo si denuncia violazione della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, con riferimento all’art. 12, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale, chiedendo a questa Corte di stabilire se “la durata massima di fruizione dell’indennità di mobilità lunga di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, va determinata in relazione alla data di maturazione dei requisiti del pensionamento di anzianità, oppure in relazione alla concreta percezione della pensione medesima a seguito della presentazione della relativa domanda da parte dell’assicurato”.

2.- Il ricorso è fondato. Ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, nelle aree di cui al comma 6 dello stesso articolo (ovvero quelle del Mezzogiorno e quelle a più alto tasso di disoccupazione), ai lavoratori collocati in mobilità entro la data del 31 dicembre 1992 – termine che è stato successivamente prorogato fino al 31.12.1993 e poi fino al 31.12.1994 in forza, rispettivamente, del D.L. n. 148 del 1993, conv. in L. n. 236 del 1993, e del D.L. n. 299 del 1994, conv. in L. n. 451 del 1994 – i quali, al momento della cessazione del rapporto, abbiano compiuto un’età inferiore di non più di dieci anni rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia e possano far valere nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti un’anzianità contributiva non inferiore a ventotto anni, “l’indennità di mobilità spetta fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento di anzianità” (cd. “mobilità lunga”). La norma è chiara, dunque, nello stabilire che l’indennità di mobilità, nell’ipotesi qui esaminata, spetta solo fino alla “data di maturazione” del diritto al pensionamento di anzianità, e non fino alla data della decorrenza di tale pensione, decorrenza che, come è noto, in presenza dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge, nella vigenza della L. n. 153 del 1969, art. 22 dipendeva dalla data di presentazione della domanda da parte dell’assicurato e, dopo l’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995 è stabilita in base alle regole delle “finestre” indicate dall’art. 1, comma 29, della stessa Legge, essendo sempre richiesta, comunque, la domanda da parte dell’interessato. Nella stessa direzione interpretativa concorrono, d’altra parte, come correttamente osservato dall’Istituto ricorrente, anche considerazioni collegate alla ratto dell’istituto della cd. mobilità lunga, essendone prevista per legge l’erogazione solo fino al compimento del periodo dei sette anni che mancano al raggiungimento dei 35 necessari per beneficiare della pensione di anzianità (la L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, stabilisce, come si è detto, che, ai fini della concessione del beneficio, si debba avere una anzianità contributiva non inferiore a ventotto anni), di modo che, ove si aderisse all’interpretazione secondo cui il lavoratore avrebbe diritto alla corresponsione del beneficio fino a quando non gli fosse garantita in concreto un’altra fonte di reddito (ovvero fino al giorno precedente la decorrenza del trattamento pensionistico, che potrebbe essere richiesto dal lavoratore anche a considerevole distanza di tempo dalla data di maturazione del diritto alla pensione di anzianità), l’erogazione dell’indennità verrebbe ad essere indebitamente prolungata oltre il periodo previsto dalla legge.

3.- Questa Corte ha, del resto, già precisato (cfr. Cass. n. 16169/2002) che la ratio dell’istituto in esame, attraverso le disposizioni che consentono al lavoratore di utilizzare i periodi di erogazione dell’indennità ai fini del diritto e della misura della pensione (L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 9), e di completare così, nello stesso lasso di tempo, i requisiti mancanti per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico, non è quella di offrire un sostegno alla disoccupazione – che altrimenti non vi sarebbe ragione di differenziare i limiti di durata tra lavoratori che si trovano tutti nelle aree svantaggiate dal punto di vista occupazionale – ma quella di permettere l’acquisizione del trattamento pensionistico a cui il lavoratore è prossimo. Per quanto concerne, in particolare, il comma settimo, “il trattamento di mobilità viene prolungato fino al momento della maturazione della pensione di anzianità, la quale, com’è noto, compete ove si possano far valere un’anzianità assicurativa di 35 anni ed almeno 35 anni di contribuzione effettiva (cfr. L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 22)”; e tutto ciò, oltre a derivare dal testo della legge, è coerente con la ratto della disposizione “perchè il possesso dei 28 anni di contribuzione è idoneo a circoscrivere l’erogazione dell’indennità al periodo dei sette anni che mancano al raggiungimento dei 35 necessari per la pensione di anzianità”.

4.- In conclusione, il ricorso il ricorso va accolto in base al principio secondo cui nell’ipotesi prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 7, (cd. mobilità lunga), secondo quanto emerge dal dato testuale e dalla ratio della disposizione, l’indennità di mobilità spetta fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento di anzianità, e non fino alla data della decorrenza del trattamento pensionistico, che è condizionata alla presentazione della relativa domanda da parte dell’interessato.

5.- All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata e la decisione della causa nel merito (art. 384 c.p.c., comma 2) sulla base del principio di diritto sopra enunciato, con la pronuncia di rigetto della domanda proposta dall’originario ricorrente.

6.- Non deve provvedersi in ordine alle spese dei precedenti gradi e del giudizio di legittimità, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile ratione temporis l’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo precedente alla innovazione introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda; nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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