Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27677 del 03/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 03/12/2020), n.27677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4707-2019 proposto da:

L.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

ANGELICO 78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IELO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CALOGERO ARIOSTO;

– ricorrente –

contro

L.G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 709/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 10/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa BESSO

MARCHEIS CHIARA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con scrittura privata del 29 dicembre 2000 L.G.M. alienava a L.M.C. un esercizio commerciale adibito a vendita al pubblico di prodotti alimentari. Del prezzo pattuito (45 milioni di lire) la somma di lire 20 milioni veniva versata contestualmente alla stipulazione del contratto, mentre per il prezzo residuo era concordato il pagamento entro il 31 dicembre 2001; l’acquirente rilasciava alla venditrice due titoli (uno dell’importo di 20 milioni di lire e l’altro di 5 milioni di lire), titoli che ad avviso di L. non rappresentavano il residuo prezzo, ma avevano esclusivamente funzione di garanzia. Subito dopo l’acquisto, a L. pervenivano richieste di pagamento per debiti, ammontanti a circa 50 milioni di lire, non risultanti dalle scritture contabili, richieste che l’acquirente domandava alla venditrice di adempiere, adempimento che veniva rifiutato dalla venditrice, che minacciava altresì, in caso di mancato pagamento del saldo entro il termine pattuito, di incassare i due assegni. L. adiva quindi l’autorità giudiziaria, chiedendo, ed ottenendo, un provvedimento cautelare di sequestro dei menzionati assegni.

Il giudizio proseguiva nel merito; con sentenza n. 521/2011 il Tribunale di Caltanissetta rigettava la domanda attorea e revocava il disposto sequestro, dichiarando l’inadempimento contrattuale dell’attrice, e la condannava al pagamento degli interessi legali sulla somma di lire 25 milioni “dal 31 dicembre 2001 al soddisfo”. Il Tribunale riteneva, in via preliminare, non provata l’asserita funzione di garanzia dei due assegni versati dall’acquirente all’alienante; affermava poi che l’attrice non era tenuta a pagare quanto richiesto dai creditori della venditrice, trattandosi di debiti non indicati nelle scritture contabili, così che la domanda dell’attrice era infondata con diritto della venditrice di percepire la differenza d’i prezzo corrispondente all’importo dei titoli sequestrati; il Tribunale ha poi rigettato, ritenendola non provata, la domanda riconvenzionale della convenuta secondo cui la mancata disponibilità delle somme aveva aggravato la sua posizione debitoria, riconoscendo dovuti solo gli interessi compensativi.

2. La sentenza era impugnata in via principale da L.M.C. e in via incidentale da L.G.M..

La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza 10 novembre 2018, n. 708, confermava la sentenza impugnata rigettando tanto l’appello principale quanto quello proposto in via incidentale dalla L.G., con cui l’appellata aveva censurato la mancata condanna al risarcimento del danno.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.M.C..

L’intimata L.G.M. non ha proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo lamenta “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” in relazione alla conferma da parte del giudice d’appello di quanto sostenuto dal primo giudice relativamente alla funzione di garanzia dei due assegni.

Il motivo non può essere accolto. La ricorrente contesta non l’omesso esame di fatti storici (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8053/2014), ma la valutazione del quadro probatorio posta in essere dal giudice di merito, in particolare l'”assenza di una attenta analisi delle dichiarazioni” rese dal testimone Giuseppe Vaccaro, valutazione che non può essere censurata di fronte a questa Corte di legittimità.

b) Il secondo motivo è anch’esso rubricato “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” in relazione alla conferma della valutazione del Tribunale circa la debenza di interessi compensativi, da calcolarsi dalla data indicata nei titoli per l’incasso (31 dicembre 2001) sino al soddisfo, decisione circa la quale il giudice d’appello avrebbe unicamente asserito che doveva ritenersi corretta.

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha sì affermato la correttezza della valutazione del Tribunale in ordine al riconoscimento degli interessi compensativi dalla data indicata nei titoli per l’incasso sino al soddisfo, ma ciò ha fatto pronunciandosi sull’appello incidentale con cui Lo Giudice aveva reiterato in secondo grado la propria domanda riconvenzionale, rigettata in prime cure, di risarcimento dei danni da ritardato pagamento; appello che la Corte territoriale ha disatteso ritenendo che la sussistenza dei danni fosse indimostrata e che a Lo Giudice null’altro spettasse oltre gli interessi compensativi alla stessa riconosciuti dal primo giudice.

La statuizione del primo giudice relativa agli interessi compensativi non è stata, per contro, specificamente impugnata con l’appello principale di L., come il Collegio ha rilevato dal diretto esame di tale atto; nessuna impugnativa avverso la suddetta statuizione del primo giudice viene del resto menzionata nè nella esposizione dei quattro motivi di appello svolta nella sentenza gravata (pp. 5-6) nè nella narrativa del processo svolta nel ricorso per cassazione di L. (p. 4). La statuizione attinta dal motivo di ricorso in esame risulta pertanto coperta dal giudicato interno; donde l’inammissibilità del motivo stesso.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla si dispone in punto spese, non avendo l’intimata proposto difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020

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