Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27676 del 11/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27676 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 2964-2008 proposto da:
OSI SPA IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato BULTRINI
NICOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato POTITO
ENRICO giusta delega a margine;
– ricorrente –

2013
1221

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 11/12/2013

- controri corrente –

avverso la sentenza n. 45/2006 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 21/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/04/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

Avvocato POTITO che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato FIORENTINO
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato PURI delega

PREMESSO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 45/33/06, depositata il 21.12.06, la
Commissione Tributaria Regionale del Piemonte rigettava
l’appello proposto dall’O.S.I. s.p.a. in liquidazione avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato
rigettato il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti dell’avviso di accertamento emesso dall’ Amministrazione finanziaria ai fini IVA per l’anno 2000.
2. La CTR – confermando la decisione di prime cure – riteneva, invero, che la MAC s.p.a., acquirente di merce
dalla O.S.I. s.p.a. in regime di esenzione da imposta ex
art. 8, co. 1, lett. c) d.P.R. 633/72, avesse emesso alcune fatture nei confronti di quest’ultima simulando delle vere e proprie rivendite degli stessi beni soggette ad
IVA. Di contro, ad avviso del giudice di appello, le fatture dissimulavano l’azzeramento della pregressa vendita,
per difetti dei beni ceduti dalla O.S.I. s.p.a. alla MAC
s.p.a., per cui – a parere del giudice di appello – si
trattava, con tutta evidenza, di operazione non assoggettabile ad IVA, poiché non costituente cessione di beni o
prestazione di servizi.
3. Per la cassazione della sentenza n. 45/33/06 ha proposto ricorso la 0.5.1. s.p.a. in liquidazione affidato a
due motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato
con controricorso. La ricorrente ha prodotto memoria ex
art. 378 c.p.c.
OSSERVA IN DIRITTO.
l. La Guardia di Finanza del Piemonte, nel corso di una
verifica fiscale eseguita presso la O.S.I. s.p.a., culminata nel processo verbale di constatazione dell’11.12.02,
accertava che la predetta società aveva effettuato, negli
anni 1999 e 2000, la vendita di diversi stampi industriali a favore della ditta MAC s.p.a., emettendo una serie
di fatture senza addebito di IVA, ai sensi dell’art. 8,
co.1, lett. c) d.P.R. 633/72, a seguito di regolare dichiarazione di intenti emessa dall’acquirente, esportatore abituale. E tuttavia, i verbalizzanti accertavano, altresì, che, nel novembre 2000, le parti avevano provveduto ad azzerare la pregressa vendita, per vizi e difetti
riscontrati nei beni ceduti, e che tale operazione era
stata effettuata mediante emissione, nei confronti della
società venditrice, di sei fatture rettificativa da parte
dell’acquirente MAC s.p.a., del medesimo importo di quello dell’operazione principale, ma con addebito di IVA alla O.S.I. s.p.a. Quest’ultima provvedeva – dipoi – a detrarre l’imposta addebitatale, ai sensi dell’art. 19
d.P.R. 633/72.
1.1. A seguito di tali fatti, l’Ufficio – ritenendo non
dovuta la detrazione dell’IVA relativa all’ operazione
suindicata – emetteva avviso di accertamento nei confronti della 0.S.I. s.p.a., recuperando a tassazione l’ imposta – a suo parere – indebitamente detratta.
1.2. L’atto impositivo veniva, quindi, impugnato in sede
giurisdizionale dalla contribuente, con esito negativo
in entrambi i gradi di merito. Avverso la sentenza di appello n. 45/33/06, ha, pertanto, proposto ricorso per
cassazione la O.S.I. s.p.a., sulla base di due censure.

2

2. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro stretta
connessione, vanno esaminati congiuntamente – la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 7 d.lgs. n. 546/92, 19 e 26 d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa e contradittoría motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel configurare senza, peraltro, procedere ai dovuti approfondimenti
istruttori, ai sensi dell’art. 7 d.lgs. n. 546/92 l’operazione intercorsa tra la MAC s.p.a. e la O.S.I.
s.p.a., di azzeramento della vendita precedente, come una
rivendita simulata degli stessi beni gravata da IVA, laddove tale argomento non era stato mai introdotto nel processo.
2.2. Inoltre, a parere della ricorrente, contrariamente
all’assunto del giudice di appello, quand’anche si fosse
trattato di emissione di fatture, da parte dell’ originaria acquirente, che annullavano la pregressa vendita, la
variazione in diminuzione delle originarie fatture, ai
sensi dell’art. 26 d.P.R. 633/72 costituirebbe una mera
facoltà, e non un obbligo per i soggetti dell’operazione.
Per di più tale procedimento di variazione non avrebbe
potuto essere seguito, nel caso di specie, essendo decorso oltre un anno dalla pregressa operazione di cessione,
ed essendo intercorso tra le parti un accordo risolutivo
della precedente vendita.
2.3. In ogni caso, ad avviso della O.S.I. s.p.a., il
principio di neutralità dell’IVA postulerebbe che il diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi degli artt.
17 e 19 d.P.R. 633/72 (riconosciuto anche in cado di variazione in riduzione dell’ammontare imponibile
dell’operazione, dall’art. art. 26 dello stesso decreto)
non potrebbe essere disconosciuto, se non in caso di macroscopica distorsione del meccanismo della rivalsa e
della detrazione: come nel caso di fatturazione per operazioni inesistenti, o di acquisto di beni non inerenti
all’esercizio dell’impresa. Tale diritto non potrebbe, di
contro, essere escluso laddove l’operazione rientri comunque nel campo di applicazione dell’IVA, e vi sia una
stretta connessione tra acquisto ed esercizio
dell’attività in questione, ancorchè il regime di tassazione risulti errato, come – a parere della ricorrente sarebbe accaduto nel caso concreto.
3. Le censure suesposte sono infondate.
3.1. Va osservato, infatti, che, ai sensi dell’art. 19
del d.P.R. n. 633/72, “è detraibile dall’ammontare
dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello
dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a
lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni
ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio
dell’impresa, arte o professione”. Ed è di chiara evidenza che è proprio attraverso il sistema della rivalsa e
della detrazione, che la neutralità dell’IVA per
liberoimprenditoriale
o
l’esercente
un’attività
professionale, può essere adeguatamente assicurata.

Senonchè, tale disposizione – in combinato disposto con
l’art. 17 del decreto cit. – non può che essere interpretata, per il carattere sovraordinato e cogente della normativa di riferimento, in coerenza con quanto prescritto
dagli artt. 17 e 20 della sesta direttiva del Consiglio
C.E.E. del 15 maggio 1977, n. 77/388, e dei principi affermati, al riguardo, dalla Corte di giustizia delle Comunità Europee (oggi Unione Europea).
3.2. In tal senso, va osservato che il diritto alla detrazione, prefigurato dalla succitata normativa nazionale, non può essere esercitato se non limitatamente alle
imposte effettivamente dovute, vale a dire alle imposte
corrispondenti ad un’operazione soggetta ad IVA, o che
siano state versate in quanto dovute secondo la normativa
relativa all’imposta in parola. In altri termini il diritto in questione, essenziale nel sistema comunitario
dell’IVA, non può essere riconosciuto se non nelle ipotesi in cui una cessione di beni o una prestazione di servizi – costituenti il presupposto per l’assoggettabilità
ad IVA di una determinata operazione economica (artt. 2
sesta Direttiva CE n. 388/77, art. l d.P.R. 633/72) siano state realmente poste in essere ((cfr. C. Giust.
CE, 13.12.89, C-342/87, C. Giust. CE, 29.4.04, C-152/02).
Per converso, il diritto in parola non si estende – difettando i summenzionati presupposti per l’applicabilità
stessa dell’IVA – a quei casi nei quali l’imposta sia
stata pagata per il semplice fatto di essere stata indicata in fattura, e senza che sia configurabile un’ operazione di cessione di beni o di prestazione di servizi, ai
sensi delle disposizioni succitate (cfr. Cass. 12756/02,
8959/03, 12146/09).
3.3. Ciò premesso in via di principio, rileva la Corte
che, nel caso di specie, non è in alcun modo ravvisabile
il compimento di una delle suddette operazioni, presupposti per l’applicabilità dell’IVA, da parte dei soggetti
della transazione oggetto di accertamento da parte
dell’Amministrazione finanziaria.
Ed invero, come si evince, in maniera del tutto palese,
dalla stessa intestazione delle fatture emesse
dall’originaria acquirente MAC s.p.a., recanti la dizione
“fatturazione per non riconoscimento costo attrezzature
da voi fatturateci, come da accordi raggiunti”,
l’emissione delle fatture contestate dall’Ufficio non
ineriva né a cessioni di beni, né a prestazione di servizi, bensì all’azzeramento della vendita a monte, dalla
O.S.I. s.p.a. alla MAC s.p.a., degli stampi industriali
per vizi e difetti dei prodotti ceduti.
Ne discende che, nelle predette fatture, l’IVA non avrebbe dovuto in alcun modo essere addebitata all’apparente
retro-cessionario (0.S.I. s.p.a.), trattandosi – com’è
del tutto evidente – di operazione al di fuori del campo
di applicazione dell’imposta in questione.
3.4. Per il che, non vertendosi in ipotesi di operazione
assoggettata ad IVA, è chiaro che l’originaria cedente
avrebbe dovuto emettere una nota di credito a favore della cessionaria, al fine di annullare – in tutto o in parte – la vendita pregressa, senza essere neppure tenuta,

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4

- 4 –

contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente nel
ricorso, al rispetto del termine di cui all’art. 26
d.P.R. 633/72, non applicabile alla fattispecie concreta,
per le ragioni suesposte.
3.5. Ed è appena il caso di soggiungere che, a fronte
della fatturazione non dovuta effettuata dalla MAC nei
confronti della 0.S.I., del tutto irrilevante si palesa
l’ulteriore doglianza che quest’ultima ha mosso
all’impugnata sentenza, relativamente all’istruttoria che
la CTR avrebbe, a suo parere, potuto (e dovuto) – al contrario di quanto affermato in sentenza – espletare per
chiarire ulteriormente la vicenda. E’ di tutta evidenza,
infatti, che l’esclusione del diritto alla detrazione,
correttamente operata dalla CTR sulla base del riscontro
documentale dell’insussistenza di un’operazione assoggettabile ad IVA, rendeva certamente pleonastico il ricorso
all’interrogatorio dei legali rappresentanti della MAC
s.r.1., che la CTR – con argomentazione inserita nel tessuto motivazionale soltanto ad abundantiam
ha ritenuto
di non potere effettuare, trattandosi di soggetti estranei al processo.
4. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso della O.S.I. s.p.a. in liquidazione non può che essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente
alle spese del presente giudizio di legittimità, nella
misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso
delle spese del presente giudizio, che liquida in C
20.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
SeCosì deciso in Roma, nella camera di consigl . e .-

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