Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27675 del 21/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 27675 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 20554-2012 proposto da:
S.A.T.A.P. S.P.A. – AUTOSTRADE A4 TORINO – MILANO e
A21 TORINO – PIACENZA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ANTONIO CHINOTTO 1, presso lo studio
dell’avvocato PASQUALE PRINZI, che la rappresenta e
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difende unitamente all’avvocato MARILENA MESIANO,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

FUSCO ANTONELLO, elettivamente domiciliato in ROMA,

Data pubblicazione: 21/11/2017

VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE
NAPPI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 134/2012 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO
NEGRI DELLA TORRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del primo e secondo motivo, parziale
accoglimento del terzo motivo del ricorso;
udito l’Avvocato MESIANO MARILENA.

di TORINO, depositata il 19/03/2012 R.G.N. 180/2011;

R.G. 20554/2012

Fatti di causa
Con sentenza n. 134/2012, depositata il 19 marzo 2012, la Corte di appello di Torino, in
parziale accoglimento del gravame del lavoratore, dichiarava la nullità del termine
apposto al contratto stipulato il 27/9/2005 da Antonello Fusco e da S.A.T.A.P. S.p.A. –

31/12/2005, “ai sensi del d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368, nonché dell’art. 2, punto 2,
lett. C) del C.C.N.L. 15/07/2005 per sopperire alle necessità di servizio in conseguenza
dell’attuazione di programmi di riorganizzazione e di revisioni tecnico-organizzative
riguardanti il settore esazione pedaggi”, con la condanna della società al pagamento di
sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto a titolo di indennizzo ex art. 32,
comma 5, I. n. 183/2010 e con la condanna altresì al pagamento delle retribuzioni
maturate dal 26/10/2009, data di deposito del ricorso di primo grado.
La Corte riteneva, quanto alla ritenuta nullità del termine, che nella specie fosse stato
violato il principio di specificità di cui all’art. 1, co. 2, d.lgs. n. 368/2001, non essendo
sufficiente a tal fine il solo accenno, contenuto nel contratto individuale, alla circostanza
che il processo di riorganizzazione riguardasse il settore pedaggi, nell’assenza di alcun
riferimento ai tempi di tale processo e di ragioni che facessero comprendere la necessità
di fare ricorso all’assunzione nel periodo indicato.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con tre motivi; il Fusco ha
resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Ragioni della decisione

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre
2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. n.
368/2001 nonché violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali
di settore per avere la Corte di merito ritenuto illegittimo il contratto in data 27/9/2005 a
motivo del mancato richiamo, nella relativa lettera di assunzione, e a differenza di altri
contratti a termine stipulati dalle medesime parti, dell’accordo aziendale del 21/9/2005,
tralasciando, tuttavia, l’esame di tale accordo, come di ogni altra fonte collettiva agli atti,
esame dal quale sarebbe risultata evidente la prova, anche per il contratto dichiarato
illegittimo, dell’effettiva ricorrenza degli elementi giustificativi del termine.

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Autostrade A4 Torino-Milano e A21 Torino-Piacenza, per il periodo dall’1/10/2005 al

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. n.
368/2001, nonché contraddittoria motivazione e omesso esame di fatti decisivi, per non
avere la Corte considerato che l’onere di specificazione della causale nell’atto scritto di
assunzione si propone di delimitare la facoltà riconosciuta dal legislatore di fare ricorso al
contratto di lavoro a termine per soddisfare esigenze aziendali e per non avere valutato
in modo idoneo l’ampia documentazione prodotta, che tali esigenze avrebbe comprovato,
peraltro contraddittoriamente ritenute esistenti, sulla base della stessa documentazione,
per gli altri contratti dichiarati legittimi.
Con il terzo motivo viene dedotta la violazione di legge con riferimento all’art. 32 I. n.
183/2010 per non avere la Corte considerato la natura onnicomprensiva dell’indennità
stabilita da tale norma, quale invece precisata dalla giurisprudenza costituzionale (con la
sentenza n. 303/2011) e poi riconosciuta a livello legislativo con I. n. 92/2012.
Il primo e il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto
connessi, sono infondati.
La Corte di merito ha, infatti, verificato, con valutazione di merito non sindacabile nella
presente sede di legittimità, l’assenza nel contratto 27/9/2005 del presupposto previsto
dall’art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001 per l’apposizione del termine ai contratti di
lavoro, avendo la società fatto riferimento nella lettera di assunzione alle ‘necessità di
servizio in conseguenza dell’attuazione di programmi di riorganizzazione e di revisioni
tecnico-organizzative riguardanti il settore Esazione Pedaggi’ (senza altro e contestuale
riferimento “ai tempi di tale processo” di riorganizzazione e alle ragioni che, in base ad
esso, avrebbero determinato “la necessità di fare ricorso all’assunzione del Fusco per il
quadrimestre ivi indicato”: cfr. sentenza, p. 14): e cioè ad esigenze non sufficienti a
motivare il ricorso al contratto a termine, il quale richiede invece che tali ragioni vengano
in concreto esplicitate e puntualmente motivate.
In proposito questa Corte, con la sentenza n. 1931/2011, ha affermato – e ritiene ora di
ribadire – che, in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore ha
imposto, attraverso la norma di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 368/2001, un onere di
specificazione delle ragioni giustificatrici (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo) del termine apposto alla durata del contratto, ragioni che debbono essere
sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro
effettiva portata e il relativo controllo di effettività, dovendosi ritenere tale scelta in linea
con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e l’accordo quadro in essa trasfuso, come
interpretati dalla Corte di Giustizia (sentenza del 23 aprile 2009, in causa C – 378/07 ed
altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C – 144/04).
E’ invece fondato, e deve essere accolto, il terzo motivo di ricorso.
La Corte di merito, stabilendo che l’indennità prevista dall’art. 32 I. n. 183/2010 andasse
a ristorare il pregiudizio sofferto dal lavoratore fino alla data di deposito del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado (con la condanna della società al pagamento delle
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retribuzioni per il periodo successivo), non si è invero attenuta al principio di diritto, per il
quale “in tema di risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a
tempo determinato, l’indennità di cui all’art. 32, commi 5 e 7, della legge 4 novembre
2010, n. 183, come disciplinata dall’art. 1, comma 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92,
con norma di interpretazione autentica, ha carattere ‘forfetizzato’ ed ‘onnicomprensivo’ e,
pertanto, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore per i danni causati dalla
nullità del termine nel periodo cosiddetto ‘intermedio’, che decorre dalla scadenza del
termine sino alla sentenza di conversione e non sino al deposito del ricorso introduttivo

L’impugnata sentenza della Corte di appello di Torino n. 134/2012 deve, pertanto, essere
cassata in relazione al terzo motivo e la causa rinviata, anche per le spese del presente
giudizio di legittimità, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale, uniformandosi
al principio di diritto richiamato, provvederà a determinare l’indennità prevista dall’art.
32, co. 5, I. n. 183/2010, secondo i criteri indicati dalla norma, accertando l’esistenza di
eventuali contratti o accordi collettivi ai sensi del comma 6 e facendo applicazione, ove
necessario, delle disposizioni di natura processuale fissate nel comma 7 della medesima
legge

p.q.m.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo; cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte
di appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’Il luglio 2017.

del giudizio (Corte cost., sentenza n. 303 del 2011)”: Cass. n. 151/2015.

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