Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27674 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 30/10/2018, (ud. 05/07/2018, dep. 30/10/2018), n.27674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26781/2013 proposto da:

S.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’Avvocato GIANLUCA CAPOROSSI,

unitamente all’Avvocato CARDENA’ CLAUDIA, che lo rappresenta e lo

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE ANCONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, V. COLLAZIA 2-F, presso lo studio dell’Avvocato

FEDERICO CANALINI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato GIANNI FRATICELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1077/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 20/11/2012 R.G.N. 368/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARDENA’ CLAUDIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Ancona, a conferma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda di S.D., dirigente del Comando di Polizia Municipale del Comune di Ancona, il quale aveva appellato il provvedimento di accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal Comune, al fine di ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per il giudizio di responsabilità contabile svoltosi a suo carico, e concluso con il proscioglimento dello S., con il quale gli era stato contestato di aver archiviato e annullato – tra il 1992 e il 1994 – più di quattrocento verbali di contravvenzione elevati dai vigili urbani per infrazioni al codice della strada. La Corte territoriale ha rigettato il gravame, ritenendo inapplicabile ratione temporis del D.L. n. 543 del 1996, art. 3, comma 2, convertito in L. n. 639 del 1996, il quale disciplina la fattispecie del rimborso delle spese legali da parte dell’Amministrazione nei confronti del dipendente sottoposto a giudizio contabile; la Corte ha altresì accertato che la motivazione del provvedimento di proscioglimento non escludeva del tutto la sussistenza di un grado di colpa nella condotta dell’appellante, e ha stabilito la permanenza di una situazione di conflitto d’interessi tra le parti, derivante dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto di lavoro, la quale escludeva la pretesa di rimborso delle spese legali. La cassazione della sentenza è domandata da S.D. per mezzo di due motivi. Il Comune di Ancona resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente deduce “Violazione di legge (principio generale di rimborsabilità; art. 1720 c.c. ecc.); vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”. Sostiene che dall’insieme delle disposizioni normative e dall’orientamento interpretativo della giurisprudenza civile e amministrativa si ricava – anche con riferimento al giudizio contabile – un principio generale di rimborsabilità delle spese legali sostenute per fatti connessi all’attività istituzionale, quand’anche gli stessi si siano verificati anteriormente all’entrata in vigore del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, art. 3, conv. in L. 20 dicembre 1996, n. 639, nonchè a prescindere dalla sussistenza di un conflitto di interessi tra il dipendente e l’Amministrazione. Col secondo motivo di ricorso, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, lamenta “Violazione di legge (principio generale di rimborsabilità; art. 1720 c.c., art. 1176 c.c.); vizio di nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione (insufficiente, illogica o contraddittoria) in violazione dell’art. 132 c.p.c.; vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”. La censura contesta l’affermazione dei Giudici dell’Appello, secondo cui il grado di colpa accertato nel giudizio contabile di proscioglimento, pur insufficiente a giustificare la condanna per colpa grave del dipendente, non avrebbe, comunque, scongiurato l’esistenza di un conflitto d’interesse con l’Amministrazione. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, non meritano accoglimento. La materia della responsabilità contabile è soggetta a un trattamento normativo specifico, nell’ambito del quale riceve disciplina altresì la fattispecie del diritto al rimborso delle spese legali del dipendente sottoposto a giudizio di responsabilità per fatti connessi all’attività lavorativa. Il D.L. n. 543 del 1996, art. 1, comma 1, conv. in L. n. 639 del 1996, rubricato “Azione di responsabilità” prevede che “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo e colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”. L’art. 3, comma 2 del provvedimento precisa che “In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dalla L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”. Tuttavia, detta normativa, invocata dal ricorrente a sostegno della sua pretesa, non trova applicazione all’ipotesi in esame, in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, correttamente richiamata dalla sentenza impugnata, essa si applica ai soli giudizi iniziati dopo la sua entrata in vigore (Cass. n. 15054 del 2007). La Corte territoriale ha accertato che il giudizio contabile aveva avuto inizio con atto di citazione del 26 ottobre 1996, e, considerando i vari gradi del medesimo nella loro unitarietà, ha ritenuto che la normativa innanzi richiamata non è suscettibile di essere applicata al caso in esame. Il ricorrente deduce, inoltre, che la decisione impugnata, nell’affermare che l’accertamento contabile non avesse escluso del tutto la colpa dello S., avrebbe sottovalutato l’obiettivo clima d’incertezza sull’interpretazione della regolamentazione (pareri e circolari amministrative) disciplinante l’esercizio del potere di autotutela. La Corte territoriale ha rilevato che, sebbene non sussistente il grado di gravità richiesto per l’accertamento della responsabilità contabile, tuttavia la pronuncia di proscioglimento non aveva escluso la completa insussistenza della colpa in capo al dipendente, e ciò, pur volendo tener conto delle incertezze interpretative in materia di annullamento in autotutela delle infrazioni al codice della strada, invocate a sua discolpa dal dipendente. Stante la chiarezza e la coerenza del decisum, le doglianze del ricorrente non colgono nel segno, limitandosi genericamente a richiamare le obiettive incertezze interpretative della normativa in tema di autotutela, già ritenute ininfluenti dalla corte d’Appello ai fini del riconoscimento della pretesa dell’odierno ricorrente. Le censure non si confrontano neanche con la parte della motivazione con cui la Corte d’Appello ha accertato l’esistenza di un conflitto d’interessi tra le parti, “potenzialmente insito, comunque, nel mancato introito delle sanzioni indebitamente annullate, fonte di possibile responsabilità (civile, contrattuale) per violazione dei doveri inerenti il rapporto di lavoro” (p. 3 e 4 sent.), sì come causa ostativa del rimborso delle spese legali. Il Giudice del merito, dando corretta attuazione alla giurisprudenza di questa Corte, ha altresì affermato che la presenza di un possibile conflitto d’interesse con il dipendente sottoposto a giudizio, rappresenta, in re ipsa, un impedimento all’assunzione di un difensore di comune gradimento il cui onere di spesa debba ricadere sull’Amministrazione (Cfr. da ultimo Cass. n. 25976 del 2017). A tale espressa statuizione parte ricorrente non aggiunge alcun elemento che si riveli atto a confutarla. Il ricorso ignora, infatti, questa seconda autonoma ratio decidendi, di tal che, in questa sede va riaffermato il principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui “Allorquando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse “rationes decidendi”, idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla “ratio decidendi” non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse” (Cass. n. 14740 del 2005). In definitiva, non meritando le censure accoglimento, il ricorso è rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, nei confronti del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, nell’Udienza Pubblica, il 5 luglio 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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