Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27674 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 20/12/2011), n.27674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12987-2007 proposto da:

M.E., + ALTRI OMESSI

tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, LARGO ANTONELLI 4, presso lo studio dell’avvocato COSTANZO

ANDREA, rappresentati e difesi dall’avvocato INFANTINO LORENZO

SALVATORE, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso.

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 197/2006 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 09/05/2006 R.G.N. 506/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO per delega TRIOLO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso, assorbimento degli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I ricorrenti, collocati in mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991, ed essendosi associati in cooperativa, hanno chiesto la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità, come previsto dall’art. 7, comma 5, L. cit..

Il Tribunale di Gela ha rigettato la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’appello di Caltanissetta, che, sul presupposto della natura previdenziale della prestazione in esame, e quindi della sua riconducibilità al novero delle prestazioni di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 ha ritenuto applicabile alla fattispecie il termine di decadenza di un anno per la proposizione dell’azione giudiziaria previsto dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv. in L. n. 438 del 1992, osservando che comunque la domanda di anticipazione dell’indennità di mobilità doveva considerarsi tardiva in quanto proposta oltre il termine di sessanta giorni (come previsto dalla normativa in materia di disoccupazione involontaria) a decorrere dalla data di costituzione della cooperativa.

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione i lavoratori affidandosi a tre motivi di ricorso. L’Inps ha depositato procura in calce al ricorso notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si lamenta la violazione del D.L. n. 384 del 1992, art. 4, D.P.R. n. 639 del 1970, L. n. 88 del 1989, artt. 24 e 37, L. n. 223 del 1991, art. 7, artt. 12 e 14 disp. gen. chiedendo a questa Corte di stabilire se “il termine decadenziale di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4 che ha modificato il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 opera esclusivamente per le controversie in materia di prestazioni elencate nella L. n. 88 del 1989, art. 24 ovvero per quelle di natura previdenziale che, pur non indicate, devono necessariamente fare capo alla gestione di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 con la conseguenza che l’indennità di mobilità, in quanto non ricompresa, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12, tra le varie prestazioni di cui al cit. art. 24, ma, al contrario, tra quelle elargite dalla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’art 37 della predetta legge, non è soggetta al termine decadenziale di cui sopra”; in secondo luogo, se “il termine decadenziaìe di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4 … opera esclusivamente per le controversie in materia di prestazioni elencate nella L. n. 88 del 1989, art. 24 e tale disciplina, in quanto applicabile all’indennità di disoccupazione ordinaria, non è estensibile all’indennità di mobilità, stante che il termine decadenziale non trae origine dalla regolamentazione sostanziale dell’istituto della disoccupazione involontaria, ma dal fatto che essa (disoccupazione involontaria) risulta inclusa nell’elenco delle prestazioni previste dalla L. n. 88 del 1989, art. 24 al quale il D.L. n. 384 del 1992, art. 4 ha rinviato ai fini dell’individuazione delle prestazioni nei confronti delle quali il citato termine decadenziale opera e, altresì, dall’esistenza della disposizione particolare in materia di mobilità, dal contenuto incompatibile con la disciplina applicabile all’indennità di disoccupazione, nel senso che non la ricomprende tra le prestazioni della L. n. 88 del 1989, ex art. 24”; se inoltre se “il termine decadenziale di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4 … non può essere oggetto di applicazione analogica e/o estensiva e conseguentemente opera esclusivamente per le controversie in materia di prestazioni elencate nella L. n. 88 del 1989, art. 24 ovvero per quelle di natura previdenziale che, pur non indicate, devono necessariamente fare capo alla gestione di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 con la conseguenza che l’indennità di mobilità, in quanto non ricompresa, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12, tra le varie prestazioni di cui al cit. art. 24, ma, al contrario, tra quelle elargite dalla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’art. 37 della predetta legge, non è soggetta al termine decadenziale di cui sopra”.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.L. n. 47, art. 4, D.P.R. n. 639 del 1970, L. n. 88 del 1989, artt. 24 e 37, L. n. 223 del 1991, art. 7, art. 12 disp. gen., nonchè vizio di motivazione chiedendo a questa Corte di stabilire se “l’indennità di mobilità versata in un’unica soluzione ed in via anticipata, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, assume la natura di contributo finanziario e conseguentemente perda, quale effetto necessario, quella eventualmente previdenziale, e conseguentemente, in relazione a tale nuova qualità, non può essere ricompresa e/o ricondotta per tale ulteriore ed autonoma ragione tra le ed. forme di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 ovvero ad altra prestazione elencata dalla citata disposizione, con l’ulteriore conseguenza che non opererà il termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 …

espressamente previsto in materia di prestazioni della gestione di cui al citato art. 24”.

3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione della L. n. 223 del 1991, art. 7, R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129, D.M. 17 febbraio 1993, n. 142 e art. 14 disp. gen., chiedendo a questa Corte di stabilire se “la domanda per l’erogazione dell’indennità di mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, può essere richiesta non solo prima dell’inizio dell’attività, ma anche subito dopo, non essendo previsto dalla legge alcun termine per la richiesta diretta a conseguire la corresponsione anticipata della predetta indennità e tenuto conto che l’INPS non può imporre requisiti e/o condizioni non espressamente previsti dalla legge neanche mediante l’applicazione analogica e/o estensiva del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129”.

4.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.

La fattispecie riguarda l’ipotesi della richiesta di corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, in base al quale può essere corrisposta, in unica soluzione ed in via anticipata, ai lavoratori che ne facciano richiesta l’indennità di mobilità per intraprendere una attività lavorativa autonoma o associarsi in cooperativa in conformità alle norme vigenti. Nel caso in esame si controverte sull’applicabilità a tale ipotesi del termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 3, così come sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv. con modificazioni nella L. n. 438 del 1992, secondo cui “per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”, e cioè dalla data di comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo.

I ricorrenti sostengono che la norma in questione non potrebbe essere applicata al caso in esame, in quanto l’indennità di mobilità non rientrerebbe tra le prestazioni di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 che riguarda la gestione delle forme di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni, bensì tra quelle previste a carico della gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui alla predetta L. n. 88 del 1989, art. 37 che viene richiamato dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12, a tenore del quale l’indennità di mobilità “è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonchè dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 37 “.

5.- L’assunto non è condivisibile. Questa Corte ha già ripetutamente affermato, anche in fattispecie relative alla corresponsione anticipata dell’indennità in questione – cfr. Cass. sez. unite n. 17389/2002, nonchè Cass. n. 5009/2004 – che l’indennità di mobilità regolata dalla L. n. 223 del 1991, art. 7 configura una prestazione previdenziale che, come l’indennità di disoccupazione, è sostitutiva – nei limiti nello stesso articolo indicati – del trattamento economico di cui i lavoratori godevano prima della messa in mobilità. E che nessun dubbio possa sorgere sulla indicata natura dell’indennità in esame si evince tra l’altro dai commi 8 (“l’indennità di mobilità sostituisce ogni altra prestazione di disoccupazione nonchè l’indennità di malattia e di maternità eventualmente spettanti”) e comma 12 (“l’indennità prevista dal presente articolo è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonchè dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 37”) del già cit. L. n. 223 del 1991, art. 7 e dal D.L. n. 148 del 1993, art. 6, comma 7, conv.

in L. n. 236 del 1993, che – a conferma, appunto, della natura previdenziale della prestazione volta al sostegno economico di chi si trova in stato di bisogno – introduce il divieto di cumulo del trattamento di mobilità con la pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria; laddove, come ha già correttamente evidenziato la Corte territoriale, il richiamo alle disposizioni di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 37 contenuto nell’art. 7, comma 12, della L. n. 223 del 1991, art. 7 va interpretato come riferito esclusivamente alla individuazione della gestione a carico della quale vengono posti gli oneri finanziari relativi alla prestazione in esame – in perfetta coerenza con quanto già previsto, nello stesso art. 37, in ordine ai “trattamenti di integrazione salariale straordinaria” e ai “trattamenti speciali di disoccupazione” o ad “ogni altro trattamento similare posto per legge a carico dello Stato” – e non certamente come diretto ad escludere tale prestazione dal novero di tutte quelle altre forme di previdenza a carattere temporaneo diverse dalle pensioni, alle quali si riferisce la L. n. 88 del 1989, art. 24. Nè, per escludere l’applicabilità del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 alla fattispecie in esame, varrebbe richiamare l’orientamento espresso in talune pronunce di questa Corte secondo cui, in caso di corresponsione anticipata dell’indennità, questa perderebbe la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale per assumere la natura di contributo finanziario destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolge in proprio (cfr. Cass. n. 1587/2004, Cass. n. 9007/2002, cui adde Cass. n. 12746/2010), giacchè con le suddette pronunce si è inteso, in realtà, precisare i limiti della portata del rinvio operato dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12 alla disciplina generale dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria nel caso particolare della corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità (precisando, quindi, che, in questo caso, l’indennità non deve necessariamente essere richiesta prima dell’inizio dell’attività che si intende esercitare, ma può anche essere richiesta dopo aver intrapreso la suddetta attività), ma non si è mai affermata la totale inapplicabilità della predetta disciplina, che viene richiamata, “in quanto applicabile”, dall’art. 7, comma 12, L. cit., in relazione a tutte le ipotesi di corresponsione dell’indennità di mobilità previste dallo stesso articolo.

6.- Questa Corte ha, del resto, già stabilito (cfr. Cass. n. 16342/2007) – sia pure in materia di disciplina dei lavori socialmente utili, ma sempre in tema di definizione del carattere temporaneo della prestazione – che il sussidio previsto dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 5, conv. con modificazioni in L. n. 608 del 1996, costituisce espressione della previdenza sociale in senso ampio – in quanto partecipe della stessa natura delle prestazioni di disoccupazione o di mobilità o di integrazione salariale – e soggiace, dunque, al termine annuale di decadenza stabilito dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 in relazione alle controversie in materia di prestazioni di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24 siccome rientrante nell’ampia formula di “ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni” nell’ambito della quale si radica l’anzidetta disciplina. Ed ha precisato, nella stessa occasione, che tali prestazioni risultano certamente estranee a quelle considerate dalla L. n. 88 del 1989, art. 37 giacchè “le prestazioni temporanee sono menzionate nella lett. d) dell’articolo (trattamenti di integrazione salariale straordinaria e trattamenti speciali di disoccupazione), non come tali, ma solo al fine di precisare che le agevolazioni contributive concesse al riguardo sono gestite al fine di sostenere le gestioni previdenziali competenti” (cfr. in motivazione Cass. n, 16342/2007; nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 18213/2011).

7.- I motivi in esame debbono essere pertanto respinti. Il terzo motivo, con cui vengono censurate le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale in ordine a una diversa e autonoma ratio decidendi, su cui pure si fonda la sentenza impugnata, è assorbito dal rigetto dei primi due.

8.- Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile ratione temporis l’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo precedente alla innovazione introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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