Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2767 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/02/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 06/02/2020), n.2767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27470 – 2018 R.G. proposto da:

T.P.P. – c.f. (OMISSIS) – CASTELLUM ASSOCIAZIONE

CULTURALE SPORTIVA DILETTANTISTICA – p. i.v.a. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliati in Roma, alla via Cicerone, n. 28, presso lo studio

dell’avvocato Elisabetta Rampelli che li rappresenta e difende in

virtù di procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

REGIONE LAZIO – c.f. (OMISSIS) – in persona del presidente pro

tempore, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a

margine del controricorso dall’avvocato Adelmo Bianchi ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Marcantonio Colonna, n.

27, presso gli uffici dell’avvocatura regionale.

– controricorrente –

avverso la sentenza del tribunale di Roma n. 4200/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 settembre

2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso al giudice di pace di Roma depositato il 15.3.2008 T.P.P. e la “Castellum Associazione Culturale Sportiva Dilettantistica” proponevano opposizione avverso l’ingiunzione, per la somma di Euro 2.087,90, di cui alla determinazione dirigenziale n. (OMISSIS) del 3.12.2007 emessa dal Comune di Roma a seguito di iscrizione, ad opera della Regione Lazio, di sanzione amministrativa.

Il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza venivano notificati, a cura della cancelleria, alla Regione Lazio.

La Regione Lazio non si costituiva.

2. Con sentenza n. 46161/2013 l’adito giudice di pace rigettava l’opposizione.

3. Avverso tale sentenza proponevano appello T.P.P. e la “Castellum Associazione Culturale Sportiva Dilettantistica”.

Resisteva la Regione Lazio.

4. Con sentenza n. 4200/2018 il tribunale di Roma revocava la sentenza impugnata, disponeva la rimessione degli atti al primo giudice e condannava gli appellanti a rimborsare alla Regione Lazio le spese di lite.

4.1. Dava atto il tribunale della irrituale instaurazione in prime cure del contraddittorio; che invero era stata Roma Capitale che aveva, pur agendo nell’interesse della Regione Lazio, determinato ed irrogato la sanzione; che dunque il primo giudice avrebbe dovuto disporre la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza a Roma Capitale.

5. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso T.P.P. e la “Castellum Associazione Culturale Sportiva Dilettantistica”; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese.

La Regione Lazio ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

7. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.

Deducono che la corte d’appello erroneamente li ha condannati a rimborsare alla Regione Lazio le spese di lite.

8. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.

Deducono che la corte di merito ha omesso di considerare le ragioni per le quali in secondo grado è stata citata la Regione Lazio.

9. I motivi di ricorso sono strettamente connessi; del resto con il secondo mezzo di impugnazione i ricorrenti adducono la stessa censura addotta con il primo mezzo (“avendo (il primo giudice) pronunciato la sentenza nei confronti della Regione Lazio, l’impugnazione non poteva che essere proposta nei confronti dello stesso ente, unico legittimato ad essere chiamato”: così ricorso, pag. 13) seppure sub specie di omesso esame di un fatto decisivo.

I medesimi motivi in ogni caso vanno respinti.

10. Va premesso che la res litigiosa – che gli esperiti mezzi di impugnazione veicolano – concerne propriamente ed esclusivamente la condanna degli appellanti, in questa sede ricorrenti, a rimborsare alla Regione Lazio le spese di seconde cure (“le spese di lite seguono la soccombenza degli appellanti nel presente grado di giudizio e vengono liquidate come da dispositivo”: così sentenza d’appello, pag. 2).

Invero con la sentenza n. 4200/2018 il tribunale di Roma ha revocato la sentenza n. 46161/2013 del giudice di pace di Roma, sicchè del dictum di prime cure è rimasto caducato pur il capo che ha regolato le spese di prima istanza.

10.1. D’altronde questa Corte spiega che il giudice di appello, quando dichiara la nullità della decisione di primo grado per uno dei vizi indicati dall’art. 354 c.p.c., nel rimettere la causa al primo giudice può decidere sulle sole spese della fase processuale che si è svolta davanti a lui, e non anche su quelle del giudizio di primo grado, che devono essere liquidate da quel giudice a seguito della riassunzione del giudizio, la quale non ha luogo d’ufficio ma per iniziativa della parte interessata (cfr. Cass. 12.6.2006, n. 13550).

11. In questo quadro inevitabile è il riferimento all’insegnamento di questo Giudice del diritto.

Ovvero all’insegnamento secondo cui, in base al principio di causalità, la parte soccombente va individuata in quella che, azionando una pretesa accertata come infondata o resistendo ad una pretesa fondata, abbia dato causa al processo o alla sua protrazione e che debba qualificarsi tale in relazione all’esito finale della controversia (cfr. Cass. 30.3.2010, n. 7625; Cass. 15.10.2004, n. 20335, secondo cui la parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che esse hanno sostenuto a cagione del processo, è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi).

12. Su tale scorta devesi dar atto che il giudice di seconde cure ha puntualmente posto in risalto che gli appellanti, in questa sede ricorrenti, a fronte dell’eccezione con cui la Regione Lazio – costituita in appello – aveva addotto il proprio difetto di legittimazione passiva, ne avevano, dal canto loro, prefigurato la tardività e contestato il buon fondamento, prospettando che “era la Regione Lazio ad incamerare la sanzione in conseguenza della violazione della legge regionale, mentre Roma Capitale ha un ruolo meramente intermediario” (così sentenza d’appello, pag. 2).

13. Ebbene nei termini testè enunciati vanno condivisi i rilievi della controricorrente, senz’altro idonei a giustificare la identificazione degli appellanti quali soccombenti – innanzi al tribunale di Roma – giusta il principio di causalità (tanto a prescindere dall’insegnamento di questa Corte n. 13229 del 16.6.2011, secondo cui, in materia di spese processuali, l’identificazione della parte soccombente è rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, con l’unico limite di violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa).

Più esattamente il rilievo per cui “è indubbio che sia stata svolta un’attività processuale, all’esito della quale il giudice di appello ha ritenuto di accogliere la tesi portata avanti dalla Regione e non quella della controparti” (così controricorso, pag. 6) ed il rilievo per cui “ben potevano le controparti, nel proporre l’impugnativa, limitarsi ad eccepire la nullità della sentenza (di primo grado) e chiedere la rimessione degli atti al primo giudice, senza insistere nella strategia difensiva contro la Regione Lazio” (così controricorso, pag. 8).

13.1. In pari tempo restano prive di specifica valenza le prospettazioni dei ricorrenti.

Ovvero l’assunto a tenor del quale “l’appello non poteva che essere notificato alla (…) Regione Lazio” (così ricorso, pag. 13; cfr. memoria, pag. 5), “nei confronti della quale il Giudice di primo grado aveva disposto la notifica dell’opposizione e del provvedimento di fissazione di udienza” (così ricorso, pagg. 13 – 14; cfr. memoria, pag. 5).

E l’ulteriore assunto a tenor del quale la decisione “è stata, dunque, determinata da un errore del giudicante o da una disfunzione degli uffici” (così ricorso, pag. 14; cfr. memoria, pag. 6).

14. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido i ricorrenti, T.P.P. e la “Castellum Associazione Culturale Sportiva Dilettantistica”, a rimborsare alla controricorrente, Regione Lazio, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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