Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27669 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 20/12/2011), n.27669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33099-2006 proposto da:

ELECTRICAL GOJA S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA BALDUINA, 7, presso l’avvocato CONCETTA M. RITA

TROVATO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CAMERANO MARIO, BONO ROBERTO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO NUOVA LUMEN ILLUMINAZIONE S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Curatore dott. D.R., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO, 34, presso l’avvocato

D’INNOCENZO PAOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato GANDINI

GIOVANNI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1385/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato CONCETTA TROVATO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 22.9.2000, il Fallimento Nuova Lumen Illuminazione s.r.l. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Varese la Electrical Goja srl., chiedendo che, accertata l’avvenuta corresponsione di somme a titolo di pagamento di debito liquido ed esigibile nell’anno anteriore al decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo e la sussistenza in capo al percettore della conoscenza dello stato di insolvenza della Nuova Lumen Illuminazione s.r.l., venisse dichiarata l’inefficacia nei confronti dei creditori dei pagamenti medesimi, ai sensi dell’art. 67, comma 2, L. Fall..

La Electrical Goja s.r.l. si costituiva, contestando la fondatezza delle domande proposte dal Fallimento e chiedendone il rigetto; in via riconvenzionale, chiedeva che il Fallimento venisse condannato al risarcimento del danno conseguente alla temeraria azione cautelare proposta nei confronti di essa convenuta ed alla sua esecuzione, nella misura di L. 250.000.000.

Con sentenza n. 269 del 10.3/28.3.2003, il Tribunale di Varese dichiarava l’inefficacia dei pagamenti per complessive lire 104.086.139 eseguiti dalla Electrical Goja s.r.l. dal 16.12.1998 al 12.1.1999 e condannava la stessa al pagamento di detta somma, pari a Euro 53.756,00, oltre interessi; rigettava la domanda di risarcimento danni proposta in via riconvenzionale dalla Electrical Goja s.r.l.;

condannava la stessa a rifondere le spese sostenute dal Fallimento, che liquidava in complessivi Euro 14.050,00. Avverso tale sentenza, notificata il 27.5.2003, la Electrical Goja s.r.l. proponeva gravame davanti alla Corte d’Appello con atto di citazione notificato il 23.6.2003, chiedendo che, in riforma della stessa, venisse rigettata la domanda proposta dal Fallimento e venisse accolta la domanda riconvenzionale formulata da essa appellante nel primo grado del giudizio. Costituendosi in giudizio, il Fallimento contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto; proponeva appello incidentale, chiedendo che venisse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’art. 67, comma 2, L. Fall., degli ulteriori pagamenti eseguiti dalla Nuova Lumen Illuminazione s.r.l. nell’anno anteriore al decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo e che Electrical Goja s.r.l. venisse condannata alla restituzione delle somme ricevute.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 1385/06 , accoglieva l’appello principale per quanto di ragione, e accoglieva altresì l’appello incidentale e,-in parziale riforma della sentenza impugnata, – dichiarava l’inefficacia dei pagamenti per complessive L. 264.786.139 (anzichè per complessive lire 104.086.139) eseguiti dalla Electrical Goja s.r.l. dal 16.12.1998 all’8.2.1999 e condannava la stessa al pagamento dell’ulteriore somma di L. 160.700.000,pari a Euro 82.994,62, oltre a quella di L. 104.086.139, pari a Euro 53.756,00, determinata dal Tribunale; provvedeva inoltre sulle spese.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Electrical Goja srl sulla base di cinque motivi illustrati con memoria cui resiste con controricorso il fallimento Nuova Lumen Illuminazione srl.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la domanda di restituzione dei pagamenti effettuati dovesse ritenersi implicita nella domanda di revoca ex art. 67, comma 1 dei pagamenti stessi.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto un pagamento, ai sensi dell’art. 67.

L. Fall., mira ad ottenere la reintegrazione della garanzia patrimoniale del debitore fallito, che intanto si realizza in quanto il corrispondente importo sia recuperato attraverso la sua restituzione; ne consegue che per la produzione di tale effetto non è necessaria un’esplicita domanda, perchè il suo perseguimento è compreso necessariamente nel “petitum” originario il debito di restituzione sorge infatti con la sentenza costitutiva che, pronunciando la revoca, attualizza, al momento del suo passaggio in giudicato, il diritto potestativo esercitato dalla massa con l’azione del curatore e volto proprio ad ottenere il recupero delle somme versate dal debitore in violazione della par condicio (Cass. 19989/09).

Il secondo motivo,con cui si lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c. per avere il giudice di seconde cure ammesso la produzione documentale del fallimento in grado di appello, è anch’esso infondato. Questa Corte ha ormai definitivamente chiarito che con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’art. 345 c.p.c., comma 3 va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova nuovi – la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione. (Cass. 8203/05 sez. un.).

Tale giudizio di indispensabilità, da effettuarsi nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, consiste nell’accertare la sussistenza di un’influenza causale più incisiva delle nuove prove rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; tale facoltà va peraltro esercitata in modo non arbitrario, in quanto il giudizio di indispensabilità, positivo o negativo, deve comunque essere espresso in un provvedimento motivato.

(Cass. 21980/09). Posto che nel caso di specie i documenti sono stati tempestivamente proposti in appello all’udienza di prima comparizione, il giudizio di indispensabilità della produzione è stato correttamente effettuato dalla Corte d’appello che ha rilevato che la documentazione relativamente agli assegni era stata prodotta dal fallimento nel giudizio di primo grado in fotocopia solo relativamente alla parte anteriore degli assegni e per questo era stata contestata dalla controparte e ritenuta non sufficiente dal Tribunale.

La produzione in appello conteneva, invece, anche la parte posteriore degli assegni e dunque costituiva solo un completamento di quanto già prodotto in primo grado ed in questo senso necessario ai fini del decidere.

Il motivo va quindi respinto.

Il terzo motivo, con cui ci si duole della valutazione da parte della sentenza della mancata dimostrazione da parte del fallimento della causale dei pagamenti è infondato.

Premesso che la prova dell’avvenuto pagamento è stata accertata dalla Corte d’appello sulla base degli assegni e degli estratti conto prodotti in causa, deve ritenersi che non fosse necessario fornire la prova del titolo giustificatore di tali pagamenti alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato che in tema di revocatoria di cui alla L. Fall., art. 67, comma 2, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili devono essere considerati atti giuridici distinti dal rapporto che ne costituisce la causa, rilevando nella loro obiettiva natura di atti estintivi delle obbligazioni del fallito e pregiudizievoli per la massa dei creditori, e, quindi, suscettibili di revoca indipendentemente dalla revocabilità dei negozi in adempimento dei quali essi sono stati effettuati. (Cass. 3583/11).

Con il quarto ed il quinto motivo la ricorrente si duole sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione rispettivamente, da un lato, della ritenuta sussistenza da parte della sentenza impugnata della conoscenza dello stato d’insolvenza e, dall’altro, del rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.

Entrambi i motivi sono inammissibili perchè sprovvisti di quesiti sotto forma di sintesi.

Al ricorso per cassazione in questione devono infatti essere applicate le disposizioni di cui al capo 1 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 137 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura; in altri termini deve (cioè, contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass sez. un 20603/07).

Il ricorso va pertanto respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di causa liquidate in Euro 3500, 00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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