Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27663 del 11/12/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 27663 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: MELONI MARINA
SENTENZA
sul ricorso 18894-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso 1’AVVOCÀ5FURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
401
contro
ITEQ CORPORATION in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA GERMANICO 146, presso lo studio
dell’avvocato MOCCI ERNESTO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati FONTANA VALERIA
Data pubblicazione: 11/12/2013
GRAZIA BRUNA, LEONE GREGORIO giusta delega a margine;
– controrícorrente
–
avverso la sentenza n. 31/2009 della COMM.TRIB.REG.
di VENEZIA, depositata il 15/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GRUMETTO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato LEONE che ha
chiesto il rigetto e deposita copia della Gazzetta
Ufficiale delle Comunità europee L.158/96;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
udienza del 05/02/2013 dal Consigliere Dott. MARINA
Svolgimento del processo
A seguito di notifica di sette avvisi di rettifica
dall’Agenzia delle Dogane Direzione di Venezia,
relativi ad altrettante operazioni di importazione
da Taiwan da parte della Iteq Corporation, di fogli
di politetrafluoroetilene (commercialmente detto
teflon) ricoperti su entrambi i lati con un foglio
di rame, veniva disposto il recupero del maggior
dazio doganale e dell’IVA relativo al nuovo valore
imponibile, in quanto il prodotto, destinato a
fabbricare circuiti stampati, era stato
classificato 7410210010 con esenzione dal dazio
mentre avrebbe dovuto essere classificato
7410210090 soggetto al dazio del 5% in quanto non
contenente teflon.
In pendenza del ricorso proposto dalla società
importatrice Iteq Corporation avverso i suddetti
avvisi di rettifica davanti alla Commissione
Tributaria provinciale di Venezia, l’Agenzia delle
Dogane Direzione di Venezia annullava cinque dei
sette avvisi di rettifica emessi in precedenza per
la parte riguardante il recupero dell’IVA,
1
dell’accertamento, emessi in data 10/12/2005
contestualmente
emettendo
altri cinque atti in autotutela in data 31/1/2006,
a quasi tre anni di tempo dalle importazioni
effettuate, per il recupero del maggior dazio
doganale oltre interessi.
società importatrice presentava nuovo ricorso, che
veniva riunito al precedente, nel quale lamentava
l’errata classificazione nella tariffa applicata
dall’autorità doganale sulla base di informazioni
reperite sul sito internet della stessa Iteq
Corporation, nonché l’errore commesso dall’Ufficio
che giustificava l’applicazione dell’art. 220 cdc.
La Commissione tributaria provinciale di Venezia
con sentenza nr.110/01/06 accoglieva i ricorsi
riuniti. Su ricorso in appello proposto dalla
Agenzia delle Dogane di Venezia, la Commissione
tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, con
sentenza nr.31/24/09 depositata in data 15/6/2009,
confermava la sentenza di primo grado. Avverso la
sentenza della Commissione Tributaria regionale del
Friuli Venezia Giulia ha proposto ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Dogane di Venezia con
quattro motivi ed ha resistito la Iteq Corporation
con controricorso.
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Avverso i cinque nuovi avvisi di rettifica la
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, da
trattare congiuntamente in quanto strettamente
Dogane lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.
220 CDC REG.CEE 2913/1992
del
12/10/1992 in relazione all’art. 360 nr.5 cpc
in quanto la CTR ha omesso di motivare in
ordine ad un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, ritenendo l’applicabilità alla
fattispecie dell’art. 220 CDC poichè l’errore
di classificazione della merce da parte
dell’importatore sarebbe stato determinato da
un precedente errore di classificazione di
merce
dello
stesso
tipo
compiuto
dall’Amministrazione doganale.
2. Infatti, secondo i giudici di appello,
nel
2005 la medesima società aveva effettuato
connessi tra loro, la ricorrente Agenzia delle
presso la Dogana di Venezia tre importazioni
aventi ad oggetto identici prodotti e tale
merce era stata classificata con dazio sospeso
e pertanto non appariva censurabile il
comportamento della Iteq Corporation la quale,
in perfetta buona fede, non era in grado di
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r
riconoscere
l’errore commesso
dall’agenzia delle Dogane.
3. Il vizio di motivazione così denunciato è
fondato. La circostanza dedotta al riguardo
non è sufficiente infatti a concretizzare la
fede
dell’importatore
e
l’errore
“attivo” della dogana secondo
l’interpretazione che di tali condizioni ha
dato la giurisprudenza europea e della Corte
di Cassazione e di cui ai paragrafi
successivi. Infatti la circostanza che
precedenti importazioni effettuate con le
stesse modalità non fossero state oggetto di
controllo non è sufficiente a legittimare le
violazioni successive.
4. In ordine alla violazione e falsa applicazione
dell’art. 220 CDC occorre premettere che “in
tema
di
imposizione
fiscale
delle
importazioni, l’esenzione prevista dall’art.
buona
220, secondo comma, lett. b), del Reg. CEE n.
2913 del 1992 (cosiddetto Codice doganale
comunitario),
che
preclude
a
contabilizzazione
la
posteriori
dell’obbligazione doganale in presenza di un
errore dell’autorità doganale e della buona
4
\r\
dell’operatore,
fede
intende tutelare il legittimo affidamento del
debitore circa la fondatezza degli elementi
che intervengono nella decisione di recuperare
o meno i dazi. Per essere applicata, essa
giudice sulla ricorrenza della buona fede che
deve essere dimostrata dal soggetto che
intende avvalersi dell’agevolazione,
attraverso la prova della sussistenza
cumulativa di tutti i presupposti indicati
dalla norma perchè resti impedito il recupero
daziario, ed in particolare: a) un errore
imputabile alle autorità competenti; b) un
errore di natura tale da non poter essere
riconosciuto dal debitore in buona fede,
nonostante la sua esperienza e diligenza, ed
in ogni caso determinato da un comportamento
attivo delle autorità medesime, non
richiede un compiuto esame da parte del
rientrandovi quello indotto da dichiarazioni
inesatte dell’operatore; c) l’osservanza da
parte del debitore di tutte le disposizioni
previste per la sua dichiarazione in dogana
dalla normativa vigente. (Sez. 5, Sentenza n.
15297 del 10/06/2008).
5
e
erroneamente
5.A tale proposito
la
sentenza della CTR ha ravvisato nella
fattispecie un errore occulto commesso in via
autonoma dalle Autorità Doganali locali in
quanto, nel caso in esame, l’errore delle
riscossione del tributo non era di natura tale
da non poter essere ragionevolmente scoperto
dall’importatore in buona fede, considerata la
natura di operatore professionale nonché sulla
base della natura delle merci. L’esenzione
prevista dall’art. 220, secondo comma, lett.
b), del Codice doganale comunitario, che
preclude la contabilizzazione a posteriori
dell’obbligazione doganale in presenza di un
errore dell’autorità doganale e della buona
fede dell’operatore, presuppone lo stato
soggettivo di buona fede,di cui il debitore
deve dare prova, mentre all’Autorità doganale
incombe esclusivamente l’onere di dare
dimostrazione delle irregolarità delle
certificazioni presentate o della inesattezza
della classificazione, atteso che qualsiasi
irregolarità o inesattezza autorizza in via di
principio il recupero a posteriori.
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Autorità Doganali che ha impedito l’immediata
6. E’
da
ribadire
che il fatto di
aver effettuato in precedenza analoghe
importazioni non è sufficiente a concretizzare
i due profili suddetti, perché non è precluso
all’autorità doganale controllare a posteriori
controllato.
7. Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere
accolto in relazione al primo e secondo motivo,
assorbiti il terzo ed il quarto, con rinvio ad
altra sezione della CTR del Veneto anche per le
spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto, cassa la sentenza,
rinvia ad altra sezione della CTR del Veneto anche
per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 5/2/2013
ciò che prima non aveva adeguatamente