Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27662 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 11566 del R.G. anno 2006 proposto da:

Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia – A.R.T.E. di

(OMISSIS), elett.te dom.ta in Roma via G.G. Belli 36 presso

l’avv.

Manfredini Ornella con l’avv. Giovanni Di Sibio del Foro di La Spezia

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C. e M.A. elett.te domiciliati in ROMA,

L.re Flaminio 46 presso dr. G. Grez con l’avv. Stanziola Nadia del

Foro di La Spezia che li rappresenta e difende giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 899 in data 22.10.2005 della Corte di Appello

di Genova.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24.11.2011 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito, per il controricorrente, e per delega, l’avv. Omelia

Manfredini;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale che ha concluso per il l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.C. e M.A. convennero innanzi al Tribunale di La Spezia il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’ARTE di (OMISSIS) esponendo di esser assegnatari, quali profughi giuliani, di due alloggi costruiti dall’IACP in (OMISSIS) ex lege n. 640 del 1954 e di aver diritto – ai sensi della L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24 – al trasferimento in proprietà di essi alle condizioni di cui alla L. n. 2 del 1959, art. 26 come modificato dalla L. n. 231 del 1962, art. 14 (al prezzo pari al 50% del costo di costruzione).

Costituitosi il Ministero E.F. e costituitasi l’ARTE il Tribunale, disattesa l’eccezione di incompetenza per territorio, dispose la trasformazione del rito ex art. 442 c.p.c. e, medio tempore ceduti gli immobili dal Ministero all’ARTE di (OMISSIS), con sentenza 10.11.2004 dichiarò il diritto degli attori all’acquisito degli alloggi al prezzo di cui alla L. n. 2 del 1959, art. 26 e successive modifiche. La Corte di Appello di Genova, andando di contrario avviso ed accogliendo l’appello di ARTE di (OMISSIS), con sentenza 22.10.2005, rigettò le domande degli attori precisando, per quel che ancora rileva: che, sebbene non fosse da condividersi la decisione del primo giudice di applicare alla causa il rito di cui all’art. 443 c.p.c., nondimeno nulla ostacolava la sua trattazione in appello con il rito ordinario, che il Tribunale aveva ricostruito il rapporto tra le due categorie di beneficiari di interventi abitativi di cui alla L. n. 137 del 1952, artt. 17 e 18 in relazione alle previsioni di alienazione degli alloggi alle condizioni di favore di Legge (L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24), e, nonostante la ARTE avesse dedotto che tali condizioni potessero applicarsi solo per gli alloggi specificamente destinati ai sensi dell’art. 18 (come pur ritenuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza 13949 del 1999), aveva dato rilievo assorbente alla sopravvenuta norma di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 45, comma 3 e pertanto aveva ritenuto applicabile la condizione di miglior favore a tutti i “profughi” di cui alla L. n. 137, che di contro andava rammentato che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 223 aveva interpretato la L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24 nel senso che gli alloggi di cui alla L. n. 137 del 1952, art. 18 dovevano essere ceduti in proprietà alle condizioni previste alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio, che pertanto la previsione vincolava alla sussistenza dette norme regolanti le condizioni al di della domanda, con la conseguenza per la quale, trattandosi di domanda del 1994, essa non poteva beneficiare della norma di interpretazione di cui alla L. n. 350 del 2003. Per la cassazione di tale sentenza i sigg.ri C. e M. hanno proposto ricorso il 4.4.2006 al quale si è opposto ARTE di (OMISSIS) con controricorso del 10.5.2006. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 278 c.p.c. ed il difensore di ARTE ha discusso oralmente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che, infondato il secondo motivo, sia invece condivisibile la censura posta nel primo mezzo. Si espongono quindi i due motivi articolati in ricorso. Primo motivo: Ad avviso dei ricorrenti, alla iniziale interpretazione restrittiva del complesso normativo da applicare era seguita con la L. n. 388 del 2000, art. 45, comma 3 (che disciplinava la proroga dei termini per la cessione degli alloggi di cui alla L. n. 137 del 1952, artt. 17 e 18) una interpretazione estensiva e generale, con la conseguenza che a tutti i beneficiari, ivi compresi quelli assegnatari di alloggio ex lege n. 640 del 1954, dovessero praticarsi le condizioni di cui alla L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24.

Secondo motivo: con esso si lamenta che la Corte abbia esclusa la natura previdenziale della controversia, trattandosi di attività di sostegno a carattere sociale assistenziale.

Sulla appena indicata censura, afferente il rito, non appare inutile rammentare che la cognizione della contestazione alla decisione di recesso e/o alla intimazione di sfratto spetta al giudice ordinario (come ricordato da S.U. 14956 del 2011 e 24764 del 2009) e che la relativa controversia non è certo attinente a prestazioni assistenziali (sul cui ambito vd. S.U. 18480 del 2010): la doglianza appare quindi priva di consistenza.

Venendo al primo motivo si ricorda che Arte, in controricorso, muovendosi sulla stessa linea argomentativa della Corte di Genova, ha rilevato che, quand’anche la posizione degli attori fosse comprensibile nella L. n. 137 del 1952, art. 17 nondimeno le condizioni di miglior favore estese agli stessi L. n. 388 del 2000, ex art. 45, comma 3 resterebbero correlate alle sole domande presentate dopo la predetta L. 388 del 2000. In memoria ARTE aggiunge che, a ben vedere, correlando più esattamente la pretesa alla assegnazione avveratasi nella specie ex lege 640 del 1954 la applicazione di dette condizioni sarebbe stata da escludersi per effetto del radicale fenomeno abrogativo di esse.

Ebbene la pronunzia della Corte di Genova segue la logica che si può come appresso sintetizzare: tenendo conto della pronunzia di Cass. 13949 del 1999 (per la quale sarebbe affermabile la esistenza di una riserva del beneficio di miglior favore alle sole condizioni di cui all’art. 18) e del fatto che gli attori non ricadevano in dette condizioni, la nuova norma di estensione a tutti i beneficiari ex lege n. 137 del 1952 (la L. n. 388 del 2000, art. 45, comma 3) non potrebbe operare che per l’avvenire, tranne che di essa non potesse affermarsi la natura di norma di interpretazione autentica. Il che parrebbe da escludere. Resta poi il rilievo che la L. del 2003, art. 4, comma 223 nel ribadire che a tutti gli assegnatari (artt. 17 e 18) spettava la cessione in proprietà ha collegato la determinazione del prezzo alle norme in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto, nella specie il 1994, quando non erano assegnatari (solo la norma interpretativa del 2003 li avrebbe compresi semmai in tal categoria), e ad essi non si potevano estendere le condizioni di miglior favore.

Al Collegio, in condivisione dei rilievi mossi dai ricorrenti, non sembra esatto quanto detto dalla Corte di Appello di Genova se pur la fondatezza della domanda a suo tempo proposta dai C. – M. è assicurata da un altro ordine di valutazioni, non formulate dalla Corte di merito perchè la sua decisione è stata condizionata da premesse errate: siffatte premesse, per completezza e per la necessaria chiarificazione di un quadro normativo che si vedrà essere interdipendente, devono esporsi unitamente alla corretta ricostruzione dette norme esaminate.

Si procede pertanto in un primo punto alla ricostruzione delle norme applicate dalla Corte di merito e, quindi, in successivo punto, alla individuazione degli esatti riferimenti normativi (alle prime norme, come detto, strettamente connessi).

1) Il problema delle esigenze abitative provenienti dall’esodo dei profughi giuliani e dalmati verso l’Italia, venne affrontato con un primo intervento legislativo nel 1952 con la L. n. 137 con la quale si delinearono due tipi di misure:

– l’obbligo, a carico degli I.A.C.P. e dell’U.N.R.R.A casa, e per tempo determinato, di riservare ai profughi un’aliquota del 15% degli alloggi costruiti ed abitabili dal 1 gennaio 1952 (art. 17 i cd.

alloggi riservati).

– per lo stesso tempo, la costruzione, a spese dello Stato, di fabbricati a carattere popolare, la cui gestione era affidata agli I.A.C.P., e che si sarebbero dovuti assegnare in locazione ai profughi all’epoca ricoverati presso i centri di raccolta amministrati dal Ministero dell’Interno (art. 18 i cd. alloggi dedicati).

Entrambi gli interventi sono stati, nel tempo, oggetto di proroghe legislative sino a pervenire alla ultima, e definitiva, quella di cui al D.L. n. 542 del 1996, art. 5 convertito in L. n. 649 del 1996.

E’ quindi intervenuto la L. 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, comma 24 a tenore del quale: “gli assegna tari degli alloggi realizzati ai sensi della L. 4 marzo 1952, n. 137 e successive modificazioni … ne possono chiedere la cessione in proprietà entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge beneficiando delle condizioni di miglior favore contenute nell’art. 26 delle norme approvate con D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 come sostituito dalla L. 27 aprile 1962, n. 231, art. 14” e cioè al prezzo pari al 50% del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell’alloggio, se anteriore.

In ordine a detta ultima disposizione sono sorte questioni interpretative aventi ad oggetto l’estensione da attribuire all’indicato art. 1, comma 24, opponendosi due diverse interpretazioni:

– da un canto quella per la quale la possibilità di acquisto agevolato ivi prevista andava limitata ai soli alloggi costruiti appositamente in favore dei profughi e, dunque quelli di cui alla L. n. 137 del 1952, art. 18 (tesi seguita da questa Corte con la sentenza 13949 del 1999, richiamata dalla Corte di Genova).

– dall’altro canto quella che riteneva la detta disposizione applicabile anche agli alloggi comunque assegnati ai sensi dell’art. 17. E’ quindi intervenuta la n. 388 del 2000 che, all’art. 45, comma 3 ha disposto: “Il termine per la domanda di cessione di immobili a profughi di cui alla L. 4 marzo 1952, n. 137, artt. 1, 17 e 18 e successive modificazioni, nonchè di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, comma 24, è prorogato sino al 30 dicembre 2005. Le disposizioni di cui al D.L. 23 ottobre 1996, n, 542, art. 5 convertito, con modificazioni, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 649, si applicano a tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla predetta L. 4 marzo 1952, n. 137 e successive modificazioni; tra i predetti immobili sono ricompresi anche quelli realizzati nelle regioni a statuto speciale, o di proprietà dell’ex Opera Profughi, dell’ex EGAS e dell’ex Ente Nazionale Tre Venezie. Gli immobili citati nel presente comma sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo. “Il riferimento esplicito “anche” agli alloggi realizzati nelle Regioni a statuto speciale indica che la previsione è stata estesa a tutti gli alloggi cui si riferisce.

La disposizione, di natura innovativa rispetto alla precedente disciplina, unifica gli interventi previsti dalla L. del 1952, artt. 17 e 18 e dispone che le condizioni di miglior favore per la determinazione del prezzo di cessione si applichino a tutti gli immobili destinati ai profughi. Nella stessa linea della interpretazione della L. n. 388 del 2000, art. 45 così come delineata, sono poi intervenuti la L. n. 350 del 2003, art. 4, commi 223 e 224 che nell’affermare (comma 223) che “le disposizioni di cui al D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, art. 5 si applicano a tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla L. 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni” senza alcuna distinzione, attestano la insostenibilità di una distinzione tra soggetti che abbiano ottenuto alloggi costruiti con i fondi destinati e soggetti che quegli alloggi avevano ottenuto in forza della riserva nell’assegnazione prevista in loro favore. La disposizione, nella parte finale, fa rinvio, per la determinazione delle condizioni di vendita (tra le quali quelle afferenti prezzo e modalità di suo pagamento), “alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell’alloggio”.

In sostanza la condizione di prezzo di cui alla L. n. 231 del 1962 art. 14 non poteva non applicarsi alle assegnazioni in disamina per effetto delle successive interpretazioni estensive provenienti dalla legge alla assegnazione in quanto profugo giuliano dalmata ex lege 137 del 1952: si applicava la detta condizione prima in virtù della L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24 quindi alla stregua della L. n. 388 del 2000, art. 45, comma 3 e della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 223.

2) Ma vi è una considerazione di rilievo assorbente da formulare con riguardo ad un dato pur percepito dal primo giudice, se pur nel quadro di una non chiara “doppia argomentazione” ma neanche valutata dalla Corte territoriale. In realtà il Tribunale aveva accertato, e la Corte di Appello non ha contraddetto – e la stessa difesa ARTE anche in memoria finale oggi espressamente assevera – che l’assegnazione ai C. – M. era avvenuta non già in forza delle norme di assistenza abitativa ai profughi giuliano- dalmati bensì ex lege n. 640 del 1954 (legge che assegnava provvidenze abitative ai cittadini abitanti in condizioni di estremo degrado), si che la questione afferente la entità del prezzo di cessione per tal categoria di assegnatari di alloggi era risolta sin dalla L. n. 231 del 1962, art. 14 che, sostituendo il D.P.R. n. 2 del 1959, art. 26 disponeva che il prezzo di cessione per gli alloggi costruiti ai sensi della L. n. 640 del 1954 fosse pari al cinquanta per cento del costo di costruzione di ogni alloggio (alla data di ultimazione della costruzione ovvero a quella di assegnazione se anteriore, come precisato dalla norma interpretativa contenuta nel D.L. n. 542 del 1996, art. 5, comma 2 convertito in L. n. 649 del 1996).

Di nessun rilievo è poi il dato, ricordato in memoria da ARTE, relativo a fatto che la L. n. 513 del 1977, art. 27, comma 1 abbia abrogato il D.P.R. n. 2 del 1959 il cui art. 26 era stato modificato nel senso appena ricordato dalla L. n. 231 del 1962, art. 14: non da questo poteva infatti derivare che fossero definitivamente venute meno le “condizioni di miglior favore” già spettanti agli assegnatari ex lege n. 640 del 1954 e che avessero, come nella specie, proposto domanda nel 1994. Ed infatti, va certamente definita come singolare la sopravvivenza (rectius la “reviviscenza”) di quelle condizioni anche dopo l’abrogazione operata dall’art. 27:

disciplinando il diritto degli assegnatari “giuliano-dalmati” ad ottenere le assegnazioni degli alloggi in godimento ex lege n. 137 del 1952, infatti, la L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24 dianzi citato, ha evocato non già e soltanto quelle stesse condizioni di miglior favore a suo tempo disciplinate dalle norme contenute nel D.P.R. n. 2 del 1959, art. 26 si da far ritenere sol riprodotte ex nunc le norme a suo tempo contenute in disposizione abrogata; la disposizione ha di contro richiamato direttamente le norme contenute nel testo del 1959 come novellato dalla L. n. 231 del 1962, art. 14 si da farle ritenere esse stesse nuovamente vigenti, direttamente ed immediatamente, dalla data del loro richiamo.

Ma di qui la conseguente loro applicazione in primis alle situazioni per le quali quei benefici erano stati sin dall’inizio previsti (proprio e soltanto gli alloggi ex lege n. 640 del 1954) e quindi, e per effetto del detto richiamo, alle assegnazioni a beneficio dei profughi ex lege n. 137 del 1952 sulla estensione dei quali si è dianzi vista la disparità di opinioni che ne originò.

Nello stesso segno si iscrive poi l’intervento di proroga delle assegnazioni di cui al D.L. n. 542 del 1996, art. 5 convertito con la L. n. 649 del 1996, anch’esso presupponente un già avverrato ripristino di vigenza del D.P.R. n. 2 del 1959, art. 26 nel testo sostituito dalla L. n. 231 del 1962, art. 14: viene infatti all’art. 5, comma 2 operata una interpretazione autentica direttamente della condizione di miglior favore de qua, disponendo il ragguaglio quoad tempus del costo di costruzione alla data alternativa della ultimazione della costruzione o della (anteriore) assegnazione. Una interpretazione autentica appunto eloquente della vigenza della norma interpretata sin dalla data della sua reintroduzione (con L. 24 dicembre 1993, n. 560).

E come si è dianzi rammentato quando i C. – M. presentarono domanda di riscatto (anno 1994) la applicazione della condizione in discorso al loro rapporto, originato dalla L. n. 640 del 1954, era indiscutibilmente assicurata dalla detta reintroduzione operata con la L. del 1993, art. 1, comma 24.

Va anche rammentato che la L. n. 388 del 2000, art. 45, comma 3 ebbe ad operare una generale riapertura dei termini per realizzare le cessioni tanto con riguardo a tutti i profughi indicati nella L. n. 137 del 1952 quanto a favore degli assegnatari “ulteriori”: ed in tal senso è chiaro il richiamo alla L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 24 che a sua volta estendeva ai profughi giuliano-dalmati le condizioni di miglior favore a suo tempo previste per gli assegnatari ex lege n. 640 del 1954 e che, pertanto, tali condizioni conservava per siffatti assegnatari. Del resto, e conclusivamente, nella stessa logica devesi leggere il disposto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 442 che conserva il diritto all’acquisto L. n. 560 del 1993, ex art. 1, comma 27 proprio in favore degli assegnatari ex lege n. 640 del 1954, rimettendo alle norme vigenti alla data di presentazione della domanda l’individuazione delle regole applicabili per il prezzo: e poichè nel 1994, come dianzi detto, gli odierni ricorrenti avevano maturato (e “stabilizzato” L. n. 560 del 1993, ex art. 1, comma 24) il diritto alle condizioni “di miglior favore”, ne discende la fondatezza della originaria domanda.

Su tali premesse, va quindi accolto il primo motivo del ricorso e va cassata la impugnata sentenza.

Poichè nessun accertamento in fatto è residuato ben può procedersi alla decisione del merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. pertanto dichiarando il diritto, rettamente riconosciuto dal Tribunale nella sentenza 10.11.2004, all’acquisto dei rispettivi alloggi da ARTE di La Spezia alle condizioni di cui al D.P.R. 2 del 1959, art. 26 come sostituito dalla L. n. 231 del 1962, art. 14 e nel testo di cui alla norma interpretativa contenuta nel D.L. n. 542 del 1996, art. 5, comma 2. Ne consegue il rigetto dell’appello di ARTE. Va certamente condivisa la decisione dei giudici del merito di compensare, state la controvertibilità de complesso normativo esaminato, le spese dei due gradi di giudizio.

La fondatezza del ricorso per cassazione induce, di contro, a regolare le spese del qui definito giudizio, secondo soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’appello di ARTE di La Spezia; compensa per intero tra le parti le spese dei due giudizi di merito e condanna ARTE a pagare ai ricorrenti, e per essi all’avv. Nadia Stanziola dichiaratasi antistataria, le spese di giudizio che determina in Euro 4.200 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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