Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27661 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27661 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 20464-2012 proposto da:
SCLOCCHINI ANTONINA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio
dell’avvocato LUCIANA CANNAS, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARCO SERMARINI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. c.f. 97103880585;
– intimata –

2017
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Nonché da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

Data pubblicazione: 21/11/2017

. dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
)

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

SCLOCCHINI ANTONINA, elettivamente domiciliata in

dell’avvocato LUCIANA CANNAS, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARCO SERMARINI, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 19/2012 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 17/03/2012 R.G.N. 289/2011.

ROMA, VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio

RG.20464 /2012

RILEVATO
che con sentenza in data 13.1.2012 la Corte di Appello di Ancona, in
parziale accoglimento del gravame proposto da Poste Italiane s.p.a.,
confermata l’illegittimità del termine apposto al contratto intercorso
con Sclocchini Antonina dal 1.12.2003 ai sensi dell’art. 1 della legge

alla conservazione del posto, addetto al recapito presso il Polo
corrispondenza Marche Umbria e la costituzione di un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dalla scadenza
del termine,applicava l’art. 32 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e
determinava il risarcimento nella misura di otto mensilità dell’ultima
retribuzione di fatto;
che la Corte territoriale osservava che non era stata offerta la prova
che il contratto di tipo sostitutivo avesse trovato effettività posto la
carenza della documentazione prodotta dalle Poste in ordine al
personale assente ed a quello assunto a termine in relazione al periodo
del contratto; inoltre non era stato indicato il nominativo del lavoratore
sostituito; andava inoltre applicato lo ius superveniens di cui all’art. 32
L. n. 183/2010 con liquidazione di un’indennità omnicomprensiva nella
misura di otto mensilità;
che avverso tale sentenza

ha proposto ricorso principale

la

Sclocchini con tre motivi; resistono le Poste con controricorso che
hanno proposto anche ricorso incidentale affidato a cinque motivi.
Sono state depositate memorie..
CONSIDERATO
che appare preliminare ed opportuno esaminare il primo motivo del
ricorso incidentale con il quale si allega la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 d.lgs. n. 368/2001 , nonché il secondo motivo
concernente la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 368/2001 in
relazione ala direttiva n. 99/70 e dell’accordo quadro in materia
che i detti motivi sono infondati atteso che la Corte territoriale non si
è discostata dal consolidato orientamento di questa Corte che ha
ripetutamente affermato che “in tema di assunzione a termine di

n. 368 del 2001 per la sostituzione di personale assente, con diritto

lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della
sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata
dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001, l’onere di specificazione delle
predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la
veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità
della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali
complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona,

l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione
dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad
assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata
dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di
riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei
lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del
posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori
da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma
restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del
prospettato presupposto di legittimità.” (cfr. Cass. 26/01/2010 nn.
1576 e 1577 e numerose altre successive, si veda tra le molte Cass.
01/03/2016 n. 4020, 04/07/2016 n. 13587, 23/06/2016 n. 13055 e
ord. sez. VI-L 07/04/2017 n.9134). La Corte di appello, infatti, pur
sostenendo erroneamente che occorreva indicare il nome del
lavoratore sostituto ha però aggiunto che le Poste non avevano offerto
una prova adeguata ( anche per la carenza della documentazione ) che
la causale indicata avesse trovato effettività come era suo onere
dimostrare. Pertanto non è stata violata la giurisprudenza di questa
Corte;
che con il terzo motivo del ricorso incidentale si allega la violazione
degli artt. 12 disp. legge in generale, art. 1419 c.c., dell’art. 1 d.lgs n.
368/2001 , e dell’art. 115 c.p.c.
che il motivo è infondato. L’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, anche
anteriormente alla modifica introdotta dall’art. 39 della legge n. 247
del 2007, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di
lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo

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ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta,

l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del
tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante
l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo”. Pertanto, in caso di insussistenza delle
ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che
sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai
principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di
eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonché alla stregua

direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto),
e nel sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro
subordinato, tracciato dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del
2005, all’illegittimità del termine ed alla nullità della clausola di
apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale relativa alla sola
clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
(cfr. Cass 21.5.2008 n. 12985).
che con il quarto motivo si allega la violazione dell’art. 2697 cod. cv . t
dell’art. 414 cod. civ. proc., nonché l’omessa o insufficiente
motivazione della sentenza impugnata in ordine al danno liquidato.
che il motivo è inammissibile in quanto fuori sesto avendo la Corte di
appello attribuito l’indennità di cui all’art. 32 L. n. 183/2010 che
esonera il lavoratore dalla prova del danno che viene liquidato alla luce
dei criteri indicati nella norma tra un minimo ed un massimo ( Corte
cost. n. 303/2011).
che con il quinto motivo si allega l’omessa ed insufficiente motivazione
e violazione dell’art. 8 L. n. 604/77 e dell’art. 32 L. n. 183/2010. Le
Poste avevano firmato numerosi accordi di stabilizzazione per cui
l’entità dell’indennità andava ridotta alla metà; inoltre era stata
liquidata in modo eccessivo.
Il motivo è inammissibile perché richiama una serie di accordi senza
indicarli chiaramente e dettagliatamente e spiegarne le disposizioni
analiticamente; inoltre tali accordi -tenuto conto della data della
sentenza impugnata che è stata depositata nel 2012- andavano
prodotti in appello, il che non è comprovato sia stato fatto; la Corte di
appello, circa la determinazione in concreto del numero di retribuzioni

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dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla

spettanti, ha fatto correttamente

tOc’

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del suo potere discrezionale

motivando la sua scelta ( cfr. pag. 9 della sentenza impugnata)
che con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione
dell’art. lie cod. civ. proc. : le Poste avevano chiesto la riforma di una
sentenza errata che non era quella tra le parti;
che il motivo appare infondato avendo la Corte di appello già
correttamente osservato che si trattava di un mero lapsus calami che
non impediva di identificare il provvedimento impugnato ;

norme di diritto. L’indennità di cui all’art. 32 L. n. 183 /2010 era
aggiuntiva e non sostitutiva del danno civilistico altrimenti la norma si
configurerebbe come retroattiva e quindi in violazione del diritto
dell’Unione.
che il motivo appare infondato alla luce della sentenza n. 303/2011 e
della successiva, costante, giurisprudenza di questa Corte, da ultimo a
sezioni unite.
che con l’ultimo motivo del ricorso principale si allega l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia. Si era chiesto la riforma di una sentenza che si riferiva
ad altre persone ed inoltre era errata l’indicazione del nominativo della
ricorrente in primo grado.
che il motivo come il primo è infondato in quanto la Corte di appello
ha già correttamente osservato che si tratta di meri errori materiali che
non impediscono di identificare la sentenza effettivamente impugnata e
l’identità della parte resistente in appello.
Si devono quindi rigettare il ricorso principale e quello incidentale con
compensazione – stante la reciproca soccombenza- tra le parti delle
spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte, rigetta i ricorsi e compensa tra le parti le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 22.6.2017

che con il secondo motivo si allega la violazione o falsa applicazione di

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