Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27660 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27660 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 9353-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
2863

LONGOBARDI CARLO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 927/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 07/04/2010 R.G.N. 10764/2007.

Data pubblicazione: 21/11/2017

RG. 9353/2011

RILEVATO
che con sentenza in data 7.4.2010 la Corte di Appello di Roma,
in parziale accoglimento del gravame proposto da Poste Italiane
s.p.a., confermata l’illegittimità del termine apposto al contratto
intercorso con Longobardi Carlo dal 1.2.2002 al 28.2.2002 per”

particolari e di carattere temporaneo connesse all’introduzione
dell’euro nei paesi dell’Unione e che non possono essere
soddisfatte con il personale di servizio” con conseguente
trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato,
condannava le Poste al risarcimento del danno solo dal
11.11.2005 nei limiti del triennio dallq, cessazione di fatto
dell’ultimo contratto nella misura indicata in sentenza;
che la Corte di appello rilevava che la specificità della causale del
contratto era solo apparente perché non offriva alcun puntuale
riferimento alla situazione concreta dell’ufficio che peraltro non
era stato in concreto quello cui il Longobardi era stato
assegnato; si era indicato il Cuas del Comune di Roma mentre il
lavoratore aveva svolto le sue funzioni presso il CMP di
Fiumicino; inoltre la prova offerta in ordine all’effettività della
causale non era idonea essendo generica e non correlata alla
situazione lavorativa dell’appellato: Infine il danno doveva
limitarsi nella misura prima indicata;
che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto
ricorso affidato a cinque motivi; controparte è rimasta
contumace
CONSIDERATO
che le prime due censure riguardano la pretesa violazione
dell’art. 1 comma 1 e 2 D. Lgs. n. 368/2001 , e dell’art. 4
comma secondo d. Igs. n. 368/2001, nonché dell’ad,. 12

far fronte agli incrementi di attività ed esigenze produttive

preleggi e degli artt. 1362 e 1325 e ss. cod. civ. e l’omessa
motivazione in ordine all’avvenuta allegazione di una causale
specifica coerente con il d.lgs. n. 368/2001;

che

i due motivi da esaminarsi congiuntamente sono

inammissibili in quanto anche la loro fondatezza non porterebbe
all’accoglimento del ricorso posto che comunque la Corte di
appello ha ritenuto che la causale dedotta non sia stata effettiva

diversa da quella indicata in contàtto e che comunque le Poste
non abbiano offerto una prova idonea in ordine all’effettività della
causale indicata, com’era loro onere secondo la consolidata
giurisprudenza di questa Corte ( come si dirà in relazione al terzo
motivo);

che con il terzo motivo si allega la violazione dell’art. 4 comma
secondo d. Igs. n. 368/2001 e degli artt. 2697 cod. civ., degli
artt. 115, 166, 244, 253, 421 cod. civ. proc.: era onere del
lavoratore dimostrare che la causale del contratto non fosse
effettiva;
che anche tale motivo appare infondato Va ricordato quanto
affermato in fattispecie analoghe da questa Corte: “deve
rilevarsi che il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, recante
l’attuazione della direttiva 1999/70 CE, relativa all’accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal
CEP e dal CES, costituisce la nuova fonte regolatrice del
contratto di lavoro a tempo determinato, in sostituzione della L.
18 aprile 1962, n. 230 e della successiva legislazione integrativa.
Il legislatore nazionale, nell’adempiere al suo obbligo
comunitario, ha emanato il D.Lgs. n. 368, il quale nel testo
originario, vigente all’epoca del contratto ora in questione, all’art.
1 prevede che “è consentita l’apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”

2

in quanto il dipendente è stato addetto ad una unità lavorativa

(comma 1) e che “l’apposizione del termine è priva di effetto se
non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1” (comma 2).
Contestualmente al recepimento dell’accordo-quadro il D.Lgs. n.
368 ha disposto dalla data della propria entrata in vigore
(24.10.01) l’abrogazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, della L.
25 marzo 1983, n. 79, art. 8 bis, della L. 28 febbraio 1987, n.

11, comma 1). Il quadro normativo che emerge è, dunque,
caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla L.
n. 230 del 1962 – che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie
legittimanti, peraltro già ripensato dalla successiva normazione
delle L. n. 79 del 1983, e della L. n. 56 del 1987, art. 23, – e
dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali, in
cui l’apposizione del termine è consentita a fronte “di ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Tale
sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo
interno un fondamentale criterio di razionalizzazione costituito
dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto
scritto e di “specificare” in esso le ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate. L’onere di
“specificazione” nell’atto scritto costituisce una perimetrazione
della facoltà riconosciuta all’imprenditore di far ricorso al
contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta
gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie
predeterminate. Tale onere ha lo scopo di evitare l’uso
indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili
alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la
riconoscibilità della motivazione addotta già nel momento della
stipula del contratto. D’altro canto il venir meno del sistema delle
fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia

3

56, art. 23, e di tutte le disposizioni di legge incompatibili (art.

collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma
obiettive, con riferimento alle realtà in cui il contratto viene ad
essere calato (v. Cass. 1.02.10 n. 2279). Non è sufficiente,
dunque, a qualificare le ragioni per le quali è stata disposta
l’assunzione a termine la mera indicazione di esigenze produttive
ed organizzative, essendo necessaria che di tali esigenze si
“specifichi” congruamente la natura. La giurisprudenza di questa

enunciazione delle ragioni adottate a legittimazione
dell’apposizione del termine – l’esame del giudice di merito deve
estendersi a tutti gli elementi di specificazione emergenti dal
contratto allo scopo di acclararne l’effettiva sussistenza (v. la
citata sentenza 2279 del 2010)” ( cfr. cass. n. 8296/2012); la
prova dell’effettiva sussistenza per tale orientamento consolidato
di legittimità grava, quindi, sul datore di lavoro;
che con il quarto motivo si allega l’omessa ed insufficiente
motivazione in ordine alla genericità della prova che poteva
essere emendata con il ricorso ai poteri ufficiosi del Giudice.
che

il quarto motivo appare infondato in quanto per

giurisprudenza costante di questa Corte ci si può lamentare del
mancato esercizio dei poteri ufficiosi del giudice solo se si
dimostri di averne fatto preventivamente richiesta il che non è
comprovato.
che con il quinto motivo si denunzia la violazione ed erronea
applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217 e 1233 c.c., 2094,
2099 c.c. : il ricorrente aveva diritto alle retribuzioni comunque
solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio in quanto il
diritto alla retribuzione postula l’effettivo svolgimento della
prestazione lavorativa. Andava poi applicato l’art. 32 L. n.
183/2010 applicabile come ius superveniens a tutti i processi in
corso;

4

Corte ha ritenuto necessario che – di fronte ad una complessa

che va invece accolta l’ultima parte del motivo concernente
l’applicabilità dell’art. 32 L. n. 183/2010 in quanto la novella di
cui all’art. 32 L. n. 183/2017 è applicabile a tutti i giudizi in corso
come già osservato nella sentenza n. 303/2011 della Corte delle
leggi e confermato nella successiva giurisprudenza di legittimità,
da ultimo anche a sezioni unite ; il che rende superfluo l’esame
delle doglianze concernenti il pregresso regime giuridico in ordine

Pertanto va accolto il solo motivo del ricorso concernente
l’applicabilità dell’art. 32 L. n. 183/2010 rigettato nel resto, va
cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con
rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione.
PQM
Accoglie il motivo concernente l’applicabilità dell’art. 32 L. n.
183/2010, rigetta nel resto il ricorso, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le
spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso nella Adunanza camerale del 23 giugno 2017
li Presidente
(Vittorio Nobile)
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NVO 11

al danno in caso di conversione .

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