Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2766 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/02/2020, (ud. 04/07/2019, dep. 06/02/2020), n.2766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24838-2018 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VANNICELLI, rappresentato e

difeso dagli avvocati STEFANIA MARCHESINI, STEFANIA DONATI;

– ricorrente –

contro

G.C., G.L., G.V., G.A.,

G.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1458/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con ricorso ex artt. 1168 e 1170 c.c., G.M.L. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna L.E. chiedendo che fosse accertata l’illegittimità delle opere eseguite da L. sulla proprietà M.- G. e, conseguentemente, ordinata la rimessione in pristino dei luoghi; con ordinanza M. veniva autorizzata a intercludere il passaggio e il giudizio proseguiva per la fase di merito; deceduta l’attrice, il processo era proseguito dagli eredi G.C., G.L., G.V., G.A. e G.F. e si chiudeva con la sentenza del Tribunale di Bologna 8 marzo 2011, n. 22, che accoglieva le domande di parte attrice.

2. La sentenza era impugnata da L.E..

Con sentenza 20 giugno 2017, n. 1458, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.E.. Gli intimati G.C., G.L., G.V., G.A. e G.F. non hanno proposto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

II ricorso lamenta come la sentenza impugnata, che pare avere deciso il gravame fatto valere dal ricorrente, abbia in realtà deciso una diversa causa: il giudice d’appello ha rigettato il gravame sulla base di un’istruttoria evidentemente relativa a una causa differente tra parti del tutto diverse sia dall’appellante, il ricorrente, che dagli appellati G.; la sentenza impugnata è quindi totalmente nulla, “non avendo motivato il rigetto del gravame se non in modo apparente, con probabile utilizzo del metodo copia ed incolla di atti processuali differenti”.

Il ricorso è manifestamente fondato, in quanto la sentenza, se nell’intestazione individua quali parti l’appellante L. e gli appellati G., nello “svolgimento del processo e motivi della decisione”, nonchè nel dispositivo fa riferimento a una diversa causa concernente altre parti, tra le quali è stata resa una differente sentenza da parte di un altro tribunale (cfr. le pp. 2-9 della sentenza impugnata).

L’ipotesi del provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio che sia stato emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti configura – secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 6162/2014, Cass. 30067/2011, Cass. 15002/2015) – una ipotesi di inesistenza, o nullità assoluta, ulteriore rispetto all’ipotesi espressamente prevista dall’art. 161 c.p.c., comma 2, inesistenza che è ravvisabile tutte le volte che la sentenza manchi “di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell’effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato”, inesistenza che “va rilevata anche d’ufficio e può essere fatta valere, anche al di fuori dell’impugnazione nello stesso processo, con un’autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un’eccezione ed altresì in sede di opposizione all’esecuzione” (così, ex multis, Cass. 2292/2001).

Va pertanto dichiarata l’inesistenza della sentenza impugnata, che deve essere cassata con rinvio, c.d. restitutorio (ove il giudice “conserva tutti i poteri connaturati alla funzione di giudice dell’impugnazione avverso la sentenza del tribunale, e deve pertanto esaminare tutte le questioni ritualmente proposte che non incidano sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte”, Cass. 23314/2018), alla Corte d’appello di Bologna che procederà alla rinnovazione del grado nella misura necessaria a superare il radicale ed insanabile vizio qui rilevato.

Il giudice di rinvio – che trattandosi di rinvio restitutorio non è vincolato alla diversa composizione (v., da ultimo, Cass. 6326/2019) – provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie ricorso, dichiara l’inesistenza della sentenza impugnata, cassa il provvedimento e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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