Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2766 del 02/02/2017

Cassazione civile, sez. I, 02/02/2017, (ud. 17/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in Roma, Silvio Pellico 2

presso lo studio dell’avv. Francesca Crimi, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Ernesto Cacciuttolo, per delega a

margine del ricorso e dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo presso il fax 06/89829878 e la p.e.c.

francescacrimi.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

nei confronti di:

A.S., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Colli

Portuensi 579, presso lo studio dell’avv. Dino Ruta, rappresentata e

difesa dagli avv.ti Luigi Scornajenghi e Andrea Di Salvo, per

procura a margine del controricorso, che dichiarano di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo presso il telefax n.

06/65746717;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3031/13 della Corte d’appello di Milano emessa

in data 12 giugno 2013 e depositata il 25 luglio 2013, R.G. n.

4123/12;

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore

generale dott. Zeno Immacolata che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 1159/12, ha pronunciato la separazione dei coniugi F.L. e A.S. e posto a carico del F. un assegno di mantenimento mensile di 250 Euro in favore della A.. Ha respinto le domande, proposte dal F., di addebito della separazione e di imposizione a carico della A. di un contributo mensile al mantenimento del figlio M. convivente con il padre.

2. La Corte di appello di Milano ha respinto l’appello del F. e, in accoglimento di quello incidentale della A., ha elevato a 600 Euro mensili l’assegno di mantenimento. Ha confermato nel resto la decisione di primo grado e condannato il F. al pagamento di due terzi delle spese del primo grado e per l’intero delle spese del giudizio di appello.

3. Ricorre per cassazione F.L. affidandosi a tre motivi di impugnazione.

4. Si difende con controricorso A.S..

Diritto

RITENUTO

che:

5. Con il primo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 156 c.c.” nonchè “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio: assenza della prova sulla non addebitabilità della separazione alla signora A.S.”.

6. Il motivo è inammissibile. Non viene infatti specificato da parte del ricorrente per quali motivi ritiene violate le norme indicate. Quanto al difetto di motivazione si osserva che l’impugnazione è soggetta all’applicazione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 con conseguente preclusione della possibilità di impugnare la decisione per insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Inoltre il fatto controverso e decisivo su cui si appunta la censura di insufficiente e contraddittoria motivazione non può essere considerato alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, citato n. 5 come un fatto di cui sia stato omesso l’esame trattandosi piuttosto della valutazione espressa dai giudici dell’appello circa l’assenza di prova (e di deduzione di una prova) circa una relazione affettiva della A. con un altro uomo. La Corte di appello, rendendo sul punto una esauriente motivazione, ha ritenuto non addebitabile la separazione all’allontanamento della A. dalla residenza familiare in quanto ha rilevato che, a partire dal 2003 e per sei anni prima di agire per la separazione giudiziale, i coniugi adottarono un regime di separazione di fatto con alternanza nella residenza degli stessi presso l’abitazione familiare, dimostrando così una comune volontà di vivere separati sul presupposto implicito della intollerabilità per entrambi della prosecuzione della convivenza.

7. Con il secondo motivo di ricorso si censura la decisione della Corte di appello contestando la sussistenza della prova relativa all’inadeguatezza del reddito della A. a consentirle una tendenziale conservazione del tenore di vita precedente alla separazione. Come per il precedente motivo non può che rilevarsi la non specificità della impugnazione relativa alla violazione e falsa applicazione di legge. Mentre per quanto concerne la censura di insufficiente e contraddittoria motivazione la preclusione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 comporta l’inammissibilità del motivo. La Corte di appello ha esaminato tutti gli elementi di fatto evidenziati nella illustrazione del motivo pervenendo alla conclusione di una evidente sproporzione reddituale e patrimoniale fra i coniugi a favore del F. che si associa al godimento esclusivo della casa familiare e all’onere per la A. del pagamento di un canone di locazione per le proprie esigenze abitative.

8. Con il terzo motivo di ricorso si censura la decisione sulle spese che è invece conforme al principio della soccombenza dato che, nella specie, la Corte di appello ha correttamente rilevato come l’esito del giudizio per le domande del F. sia stato negativo, parzialmente per il primo grado e totalmente per il secondo. Anche in questo caso consegue la inammissibilità del motivo di ricorso palesemente infondato quanto alla censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 e contrastante con il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

9. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 5.200 di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese fortettarie.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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