Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27655 del 21/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 27655 Anno 2017
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA
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53-2016 proposto da:

MANCUSO ANTONIO GIUSEPPE, elettivamente

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in ROMA, 110 CONTE ROSSO 5, presso lo seni
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Ler – all’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO,

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– ricorrente –

2017
contro

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MESSINA,

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AUTONOMO PER LE CASE ROPOLARL

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in persona del

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elettivamente domici]lEcro

Data pubblicazione: 21/11/2017

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in ROMA,

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E.I. T P

dell’avvocato GRAZIELLA RUSSO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FiT,IJCE GAMDADAURO, q!_usta delega in
atti;
controricorrente –

di MESSINA, depositata il 24/T3/2 R.G.N. 8/ 1 6;
udita la relazione della causa sa nel a pubblica
udienza del 13/06/2017 dal Consigilers Dott. IRENE
TRICOMI;
udito il P.M. in persona del SosHtuto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’inammissibilità o in subordino il rigetto del
ricorso.
udito

l’Avvocato

SALVATORE

VITALE

SCOGNAMIGLIO;

udito l’Avvocato FELICE GAMBADAURO.

e

CLAUDIO

avverso la sentenza n. 488/2M6 (j.ela CORTE D’APPELLO

R.G. n. 13753 del 2016

FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 488 del
2016, decidendo sul reclamo proposto ai sensi della legge n. 92 del 2012
da Mancuso Antonio Giuseppe nei confronti dell’ Istituto autonomo per le
case popolari

(IACP) della Provincia di Messina, avverso la sentenza n.

2211/15 emessa dal Tribunale di Messina 1’11 dicembre 2015, confermava
la sentenza del Tribunale di Messina che aveva rigettato l’opposizione

proposta dal Mancuso avverso il rigetto della domanda di declaratoria della
illegittimità del licenziamento per superamento del periodo massimo di
comporto e per la dedotta ragione ritorsiva.
2. La Corte d’Appello, in particolare, riteneva che la domanda
avente ad oggetto la natura ritorsiva del licenziamento e quella relativa
all’erroneità del calcolo aritmetico, in quanto formulate solo in sede di
opposizione erano inammissibili per mutamento della causa petendi ossia
per introduzione di un tema di indagine completamente nuovo.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello
ricorre Mancuso Antonio Giuseppe prospettando otto motivi di ricorso.
4. Resiste con controricorso lo IACP di Messina.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità
dell’udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa
applicazione dell’art. 1, comma 47, ssg., della legge n. 92 del 2012, nonché
dell’art. 1421 cod. civ., anche in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello
riteneva inammissibili la domanda avente ad oggetto la natura ritorsiva del
licenziamento e quella relativa all’erroneo criterio ermeneutico di calcolo in
quanto formulate solo in sede di opposizione, per mutamento della causa
petendi,

ossia per l’introduzione di un tema di indagine di fatto

completamente diverso.
Ed infatti il ricorrente aveva da subito, già con il ricorso
introduttivo, dedotto l’intento discriminatorio del licenziamento e la
violazione dell’art. 54 – bis del d.lgs. n. 165 del 2001.
Con riguardo alla censura relativa alla erroneità del criterio
aritmetico di calcolo

dei giorni utili alla maturazione del periodo di
i

R.G. n. 13753 del 2016

comporto, proposta in sede di opposizione, osserva il ricorrente che
l’opposizione ex art 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, non ha
natura impugnatoria e sono pertanto ammissibili domande nuove, pure se
attinenti a diversi profili oggettivi rispetto a quelli oggetto della prima fase.
Richiama, in proposito, la sentenza Corte cost. n. 78 del 2015 e la sentenza
Cass. n. 25046 del 2015. Inoltre sin dal ricorso ex art. 1, comma 47, della
legge 92 del 2012, esso ricorrente chiedeva accertarsi l’illegittimità del

licenziamento per mancato superamento del periodo di comporto anche in
relazione al computo dei giorni di malattia.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto per quanto di
ragione.
Come questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass., nn.
22656 del 2016, 19919 del 2016, 17329 del 2016, 19142 del 2015) la fase
dell’opposizione ai sensi della legge n. 92 del 2012, art. 1, comma 51, non
costituisce un grado diverso rispetto al giudizio a cognizione sommaria:
essa non è, in altre parole, una revisio prioris instantiae,

ma solo una

prosecuzione del giudizio di primo grado in forma ordinaria e non più
urgente (Cass., S.U., ord. n. 19674 del 2014, Cass. n. 3136 del 2015, n.
4223 del 2016).
Quello introdotto dalla cd. legge Fornero, come sottolineato dalle
Sezioni Unite (Cass., S.U. n. 19674 del 2014), è un nuovo speciale rito
finalizzato all’accelerazione dei tempi del processo, che si caratterizza per
l’articolazione del giudizio di primo grado in due fasi: una fase a cognizione
semplificata (o sommaria) e l’altra, definita di opposizione, a cognizione
piena nello stesso grado.
Mentre la prima fase è caratterizzata, ancorché il ricorso debba
avere i requisiti di cui all’art. 125 cod. proc. civ., dalla mancanza di
formalità, poiché rispetto al rito ordinario delle controversie di lavoro non è
previsto il rigido meccanismo delle decadenze e delle preclusioni di cui agli
artt. 414 e 416 cod. proc. civ. e l’istruttoria, semplificata, è limitata agli
“atti di istruzione indispensabili”, la seconda fase è invece introdotta con un
atto di opposizione proposto con ricorso.
Tale opposizione, come precisato dalle Sezioni Unite nella citata
pronuncia n. 19674 del 2014, e sopra ricordato, “non è una revisio prioris
istantiae, ma una prosecuzione del giudizio di primo grado, ricondotto in
2

R.G. n. 13753 del 2016

linea di massima al modello ordinario, con cognizione piena a mezzo di tutti
gli “atti di istruzione ammissibili e rilevanti”.
In sostanza “dopo una fase iniziale concentrata e de formalizzata
– mirata a riconoscere, sussistendone i presupposti, al lavoratore ricorrente
una tutela rapida ed immediata e ad assegnargli un vantaggio processuale
(da parte ricorrente a parte eventualmente opposta), ove il fondamento
della sua domanda risulti prima facie sussistere alla luce dei soli “atti di

istruzione indispensabili”- il procedimento si riespande, nella fase
dell’opposizione, alla dimensione ordinaria della cognizione piena con
accesso per le parti a tutti gli “atti di istruzione ammissibili e rilevanti”.
Va, comunque, ricordato (Cass., n. 7687 del 2017) che il
giudice non può rilevare di ufficio una ragione di nullità del licenziamento
diversa da quella eccepita dalla parte, trovando tale conclusione riscontro
nella previsione dell’art. 18, comma 7, della legge n. 300 del 1970, come
modificato dalla legge n. 92 del 2012, e dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2015,
nella parte in cui fanno riferimento alla applicazione delle tutele previste per
il licenziamento discriminatorio, quindi affetto da nullità, “sulla base della
domanda formulata dal lavoratore”.
Pertanto, in ragione degli esposti principi, erroneamente la Corte
d’Appello ha ritenuto che, nel caso di specie, sia la deduzione della natura
ritorsiva del licenziamento, che quella relativa all’erroneo criterio aritmetico
di calcolo, poiché formulate solo in sede di opposizione devono ritenersi
domande nuove e inammissibili per mutamenti della causa petendi, ossia
per introduzione di un tema di indagine completamente diverso.
Ciò, anche considerato che sono fatti costitutivi del diritto
soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e, sul piano processuale,
dell’azione di impugnazione del licenziamento l’esistenza del rapporto di
lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, e che la mancanza di
funzione impugnatoria e il ruolo di giudizio di primo grado dell’opposizione
consente di introdurre ulteriori prospettazioni di invalidità de iure (criterio
computo aritmetico, intento ritorsivo) del recesso datoriale.
Va, altresì, ricordato che

si ha domanda nuova – per

modificazione della “causa petendi” solo quando i nuovi elementi, dedotti
dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti
costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione
3

R.G. n. 13753 del 2016

ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa
diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado
e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass., n.
15506 del 2015, n. 15101 del 2012), e che tale evenienza non è ravvisabile
nella statuizione della Corte d’Appello, laddove si indicano come fatti
costitutivi nuovi l’erroneità del calcolo aritmetico e l’intento ritorsivo,
entrambi pur sempre riferiti alla domanda introduttiva del giudizio di

3. All’accoglimento per quanto di ragione del primo motivo di
ricorso, per la violazione processuale che ha dato luogo ad un vaglio
limitato del thema decidendum da parte della Corte d’Appello, segue
l’assorbimento degli ulteriori secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo
ed ottavo motivi di ricorso.
4. La sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le
spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Messina in diversa
composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di
ragione. Assorbiti il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto, il
settimo e l’ ottavo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia
anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Messina in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno
2017.

declaratoria dell’illegittimità del licenziamento e reintegra.

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