Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27653 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. I, 20/12/2011, n.27653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31291-2007 proposto da:

B.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 8/2, presso l’avvocato VILLANI

LUDOVICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BUGLIONI GIORGIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.L. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA POLONIA, 7, presso lo STUDIO BARTOCCI-SABLONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati SARNI MARIA LUISA e VIANI

ANDREA, rispettivamente giusta procura in calce al controricorso e

procura speciale per Notaio LUIGI FRANCESCO RISSO di GENOVA – Rep. n.

28710 del 9.11.2011;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1244/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato VILLANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso (ed eccepisce l’irritualità del deposito

dei documenti tramite memoria);

udito, per la controricorrente, l’Avvocato GIANCARLO PIZZI, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1244 depositata il 13 dicembre 2006 – la Corte d’appello di Genova, provvedendo sui gravami proposti avverso precedente decisione del Tribunale di Genova in via principale da B.G. ed in via incidentale da C.L., ha confermato il rigetto della domanda proposta dal B. tesa ad ottenere la condanna del coniuge alla restituzione della somma pari alla metà delle spese da lui sostenute nel tempo nell’importo di L. 360.00.000 per il mantenimento della figlia A., affetta da disturbi psichici e poi interdetta, a lui affidata ed in subordine di quella di arricchimento senza causa e di utile gestione.

Avverso questa decisione B.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi resistiti dall’intimata con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memori difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In linea preliminare va dichiarata l’irricevibilità della documentazione allegata alla memoria difensiva del ricorrente relativa al procedimento da lui attivato per ottenere la modifica delle condizioni patrimoniali stabilite in sede di divorzio, neppure notifica alla controparte, siccome la sua produzione non è ammessa dal disposto dell’art. 372 c.p.c. non riferendosi alle ipotesi tipiche ivi contemplate.

Il ricorrente deduce col primo motivo vizio d’omessa e/o contraddittoria motivazione su fatto decisivo, riscontrabile nell’articolazione della motivazione in passaggi argomentativi la cui lettura, secondo la rappresentata frammentazione (1.- affermazione della validità della rinuncia al contributo del coniuge, perchè riferita a diritto disponibile, 2.- qualificazione degli esborsi sostenuti in termini di liberalità non ripetibili, 3.- rilievo decisivo attribuito all’omessa assunzione di iniziative intese alla modifica delle condizioni patrimoniali stabilite in sede di divorzio, 4.-. omesso accertamento delle capacità economiche della C. al fine di accertare la sua quota di contribuzione ai bisogni della figlia), ne evidenzierebbe l’incongruenza. Denuncia inoltre il vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte del merito, per aver preso in considerazione le condizioni economiche di controparte in carenza della relativa eccezione.

La resistente deduce l’inammissibilità del motivo.

Rileva la Corte di merito, osservando che il B. aveva assunto a proprio carico esclusivo la figlia sia in sede di separazione personale dalla moglie che nel giudizio di divorzio, ove dichiarò di rinunciare ad esigere alcunchè dalla stessa e di non aver pretese a titolo di mantenimento della fanciulla, ancora all’epoca minorenne, che le relative statuizioni non avevano sancito alcun obbligo solutorio della madre in relazione; alle esigenze della figlia, nè di tale assetto il B. aveva in seguito chiesto la modifica ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 e dell’art. 710 c.p.c.. Stante la sua rinuncia al contributo del coniuge, pienamente valida in quanto relativa ad un diritto disponibile, la sequenza di comportamenti del B. attraverso i quali egli ha provveduto, nel tempo e continuamente, ai bisogni della figlia, tuttora non autosufficiente, rappresentano atti di liberalità non ripetibili. La domanda principale merita dunque il rigetto per inesistenza di una determinazione giudiziale che consenta di quantificare l’obbligo della madre anche in relazione alle sue capacità economiche; quella di utile gestione è parimenti infondata poichè l’attore ha adempiuto ad obbligazione, per sua stessa libera determinazione propria e non della convenuta; quella sussidiaria d’arricchimento senza causa infine è inammissibile per difetto di tale requisito, potendo il B. esperire azione d’accertamento che ripartisse tra lui e la C. gli oneri relativi alla figlia.

La denunciata deduzione del vizio di insufficiente motivazione di questo tessuto motivazionale, puntualmente ed esaustivamente argomentato, in relazione ai riferiti punti essenziali della controversia non è accompagnata, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., dal prescritto momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) contenente la chiara illustrazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume inidonea (Cass. S. U. 20603/2007).

Analogamente, la denuncia del vizio processuale rappresentato non si è tradotta nel quesito di diritto che, secondo quanto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., deve tendere all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dieta” giurisprudenziali sulla questione addotta che, sollecitando la funzione nomofilattica di questa Corte, individui la regula juris applicabile al caso concreto.

La riscontrata omissione determina l’inammissibilità del motivo.

Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme processuali, artt. 99, 101 e 112 c.p.c., deducendo che il giudice d’appello avrebbe fondato la sua decisione conclusiva sul preteso mancato accertamento della capacità economica della C. e del quantum del contributo per il mantenimento della figlia a lei addebitabile, in assenza di specifica eccezione di controparte.

Il conclusivo quesito di diritto chiede se può il giudice di merito addurre, quale elemento determinante la propria decisione, l’incertezza circa una situazione di fatto nella specie le possibilità economiche soggettive – la quale, riferita ad una delle parti, solo da essa possa essere eccepita, specie in tema di diritti disponibili.

La Corte territoriale avrebbe attribuito alle regolamentazioni di tipo economico scaturite dalle sentenze di separazione e divorzio valore di giudicato erroneamente interpretando l’art. 2909 c.c. e art. 710 c.p.c.. Il quesito di diritto chiede quindi se debbono considerarsi le statuizioni e regolamentazioni di tipo economico prese in sede di separazione personale tra i coniugi o di divorzio immodificabili ovvero vincolanti, anche indipendentemente da fatti successivi che abbiano mutato quella situazione di fatto.

La resistente deduce l’inammissibilità anche del motivo in esame.

I quesiti di diritto che concludono l’illustrazione delle censure espresse nel mezzo in esame sono entrambi astratti e peraltro correlati a passaggi logici estrapolati dal contesto del tessuto della motivazione che, letti in logica consecuzione, costituiscono piuttosto che una ratio decidendi, un mero argomento rafforzativo della decisione, privo di autonoma rilevanza.

Oltre che generico il motivo è peraltro infondato perchè, secondo quanto ineccepibilmente rilevato dalla Corte del merito, se la definizione delle condizioni patrimoniali della separazione non subisce adeguamenti sempre possibili nel giudizio di divorzio (Cass. n. 28990/2008), ovvero in seguito non venga attivato da parte del coniuge interessato il procedimento di modifica di quelle condizioni, confermate in sede di divorzio, a mente del combinato disposto dalla L. n. 898 del 1970, art. 9 e art. 710 c.p.c., quell’assetto resta definitivamente consacrato in quei termini, dunque immutato sino a che non ne venga richiesta la revisione.

Col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge ed osserva che la frammentazione della problematica di causa messa in atto dal giudice d’appello non consente di cogliere la visione d’insieme e si pone in contrasto col dettato normativo. Sostiene che:

1.- la decisione impugnata ha ammesso la rinuncia con effetti permanenti al concorso del coniuge al mantenimento della prole, in contrasto col disposto degli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost., artt. 147 e 148 cod. civ. e artt. 570 e 572 c.p.c.. Il quesito di diritto chiede quindi se il genitore che abbia adempiuto da solo e per intero al mantenimento della prole rinunciando al concorso dell’altro coniuge o omettendo o ritardando di chiederlo, per ciò solo abbia esentato quest’ultimo dall’osservanza dei suoi doveri.

2.- sono stati attribuiti alla rinuncia effetti permanenti e irretrattabili in violazione dell’art. 2909 c.c., art. 710 c.p.c., artt. 1325, 1346, 1418 e 1987 c.c.. Si chiede quindi se la rinuncia in questione assuma valore se manifestata implicitamente nel giudizio di divorzio, o se, guardata come promessa di non esigere sia annoverabile tra i casi ammessi dalla legge.

3.- la domanda fondata sull’utile gestione non postula che l’obbligazione adempiuta sia certa, liquida ed esigibile. Il quesito chiede se l’utile esperimento dell’azione richieda che sia determinato il quantum della quota di pertinenza dell’obbligato.

4.- la domanda di arricchimento senza causa è stata respinta sull’erroneo presupposto del preventivo accertamento delle possibilità economiche delle parti in contesa. Il quesito chiede appunto se esista tale presupposto.

Il motivo è privo di fondamento.

Inammissibile è la censura espressa in ordine alla rinuncia al contributo della moglie del ricorrente, in quanto fondata su argomenti che risultano esposti solo in questa sede, non rappresentati al giudice del merito, pertanto non ammissibili.

Analogamente inammissibile, perchè generica, è la critica indirizzata avverso il rigetto della domanda di arricchimento senza causa che la Corte territoriale ha correttamente disposto ponendo l’accento sulla natura sussidiaria dell’azione.

Infondata è invece la censura esposta in materia di negotiorum gestio. Tale figura negoziale trova sicuramente applicazione nel caso in cui il coniuge abbia integralmente adempiuto al mantenimento dei figli pure per la quota dell’altro coniuge (Cass. n. 9386/1999), e presuppone dunque un obbligo a carico di quest’ultimo, rimasto inadempiuto, da cui, come si è sinora rilevato, la C. era stata però esonerata. Orientata in questo sensi, la decisione impugnata è pertanto immune da critica.

Tutto ciò premesso il ricorso deve essere rigettato.

Si dispone la compensazione integrale delle spese del presente giudizio in considerazione della natura degli interessi sottostanti l’insorgere della controversia e dei rapporti tra le parti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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